PIANETI (πλανητὰ [ἄστρα], πλανώμενοι [ἀστέρες], πλάνητες, πλανῆται, planetae, errantes stellae, ecc.)
Sono corpi celesti che nel loro aspetto esterno sono simili alle stelle fisse e come queste partecipano del moto apparente del cielo, ma si distinguono grazie a movimenti, particolarmente soste e regressioni che si attuano nella zona dello Zodiaco.
Queste stelle "viaggianti" o "errabonde" furono osservate e notate assai per tempo come avvenne senza dubbio nel caso della stella del mattino o della sera (in Omero ricorre l'appellativo di Heòsphoros e Hèsperos) ed anche nel caso del P. più tardi e fino ad oggi chiamato Giove; al II millennio si riconducono le tavole di Venere di Ammisadugga (XVI sec. a. C.) e i cosiddetti kudurru, cippi di confine che dal XIV sec. hanno la raffigurazione della Triade Sole, Luna, Venere. Anche in Egitto si conoscevano rappresentazioni dei P., individuati tra le stelle già dal Nuovo Regno. L'identificazione dei P. con determinate divinità ha origine in Oriente. Essa viene ripresa dai Greci, dai quali viene rielaborata sulla base di una antropomorfica iconografia.
Il concetto di Pianeta era noto ai Greci al più tardi dal VI-V sec. a. C., anche se il termine ha riscontro per la prima volta in Democrito intorno al 400 a. C. In questo stesso periodo si affermano particolari denominazioni per i singoli P. che in parte avrebbero soppiantato o sostituito nomi più antichi come è dimostrato per Heòsphoros = Venere. Inoltre si affermava al più tardi nel IV sec. a. C., la sequenza dei P. incominciando da quelli più lontani dalla Terra: Stella di Kronos, Zeus, Ares, Aphrodite, Hermes; nomi che, ad esempio, impiega Aristotele, e il cui uso è rintracciabile sino alla più tarda antichità. Accanto a questa si affermava circa dalla fine del I sec. a. C. una seconda serie, che presto divenne la più usata, cioè quella dalle forme abbreviate: Kronos, Zeus, Ares, Aphrodite, Hermes.
Le due serie di denominazioni sono state tradotte nella lingua latina, assimilate alle corrispondenti divinità romane. Oltre a ciò dal III sec. a. C. si sviluppano con un uso prevalente per il solo linguaggio astronomico, altri cosiddetti "appellativi" che venivano adoperati accanto alle forme succitate: Phainon-Phaenon, Phaeton, Pyroeis, Phosphoros, Stilbon. Riassumendo si dà qui un prospetto delle singole denominazioni usate nell'antichità per i Pianeti:
Tabella
Nella maggior parte dei testi astronomici e filosofici vengono enumerati questi cinque P., tuttavia assai frequentemente viene dato come numero complessivo anche il sette, comprendendo nella serie oltre ai P. veri e proprî, il Sole e la Luna "due lumi" (δύο ϕῶτα, duo lumina); i loro movimenti hanno luogo infatti nella stessa zona celeste dei P. senza tuttavia presentare le loro posizioni e regressioni. Se già almeno dal V sec. a. C. la Luna è stata riconosciuta come il P. più vicino alla terra, non si conosceva la sua vera caratteristica di satellite della Terra. Sole e Luna non si differenziano dai P. soltanto a causa della loro apparente (ed effettiva) grandezza, ma anche a causa delle loro traiettorie e per questo i P. vengono indicati anche come le cinque stelle (οἱ πέντε ἀστέρες, quinque stellae). Sappiamo che i P. sono stati osservati da contadim e naviganti presso i Greci e tutti gli altri popoli già nei tempi più antichi. Intorno al 500 a. C., i Greci hanno riconosciuto l'identità della stella del mattino e della sera e al più tardi Democrito ha definitivamente incluso tutti i P. nella ricerca scientifica. Queste sollecitazioni hanno portato in seguito a diverse chiarificazioni e alla creazione di teorie. Da ricordare sarebbero le concezioni pitagoriche del IV sec. a. C., il sistema già grandioso di Eudoxos di Cnido, la visione del mondo di Aristotele, l'ipotesi eliocentrica di Aristarco di Samo (III sec.) e la teoria di Ipparco (II sec. a. C.) e infine la concezione geocentrica di Tolomeo (II sec. d. C.). Nessuna di queste teorie tuttavia, riuscì a chiarire veramente il fenomeno del ciclo dei P. (σῴζειν τὰ ϕαινόμενα). Senza entrare nei dettagli di queste teorie, va detto solamente che si formò nel corso dei tempi una communis opinio, secondo la quale i P. avevano la seguente successione nella distanza dalla Terra: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. La teoria opposta che riconosceva Saturno come il P. più vicino alla Terra e, viceversa, la Luna come il più lontano, veniva chiamata dai Greci Heptazonos. Non va dimenticato inoltre il fatto che soprattutto in contesti religiosi e astrologici i nomi dei P. hanno portato ad una sempre maggiore identificazione delle rappresentazioni di divinità greche e latine, coi P. stessi, anche se ciò, in base a punti di vista personali, ha potuto portare a notevoli variazioni iconografiche.
L'impiego dei P. per designare i giorni della settimana, riscontrabile per noi dalla fine del I sec. a. C., è un punto fermo nella rappresentazione figurata dei Pianeti. È innanzitutto da notare che i nomi dei giorni della settimana corrispondenti ai P. non seguono la successione dei P. sopraindicata (Heptazonos). Ciò dovrebbe essere collegato con la generale interpretazione dei P. come Chronocratares, secondo cui sono state riferite ai singoli P. anche le ore del giorno in una successione continuamente svolgentesi dall'Heptazonos. Forse già nella vulgata astrologica dell'ellenismo si considerava la divinità riferita al P. della prima ora del giorno. Così risultava dalla successione delle ore dei P. quella dei giorni dei P.; questo svolgimento, e con ciò la successione dei giorni dei P., a prima vista sorprendente è comprensibile nel modo più semplice su un pentagramma (cfr. anche Cass. Dio, 37, 18).
Schema
Forse originariamente la settimana dei P. è iniziata con il giorno di Mercurio. In seguito dovette iniziare con Saturno forse tenendo presente la successione dell'Heptazonos e il suo inizio. Non a caso inoltre rappresentazioni figurate iniziano proprio con Saturno. Dall'inizio del IV sec. d. C., si dovette dare la preferenza, nell'ambito delle rappresentazioni di Helios-Sol, al giorno del Signore come inizio dell'Hebdomas. Il Cristianesimo ha sancito, se non fondato, questa successione e ha iniziato la settimana dei P. col "giorno del Signore"; mentre la chiesa occidentale malgrado tutti i tentativi di riforma ha mantenuto invariati i nomi degli antichi giorni dei P., essi sono stati completamente soppiantati e sostituiti da cifre nella chiesa ortodossa.
La comparsa delle rappresentazioni di divinità germaniche (Ziu per Marte, Donar per Giove, Freia per Venere) e lo sviluppo delle designazioni moderne dei giorni della settimana, sottolineano solo il fatto che oggi - in sostanza - vengono impiegate anche le antiche designazioni dei giorni.
Il significato storico culturale dei P. nella tarda antichità non si esaurisce nel campo astronomico o nel processo della loro identificazione con divinità olimpiche. In questo periodo il ruolo dei P. si presenta come Fluidum essenziale della astrologia. Questo ruolo è già indicato - almeno in parte - nel significato di signori del tempo assunto dai P. (ore, giorni, settimane, anni, età, thema mundi = oroscopo del mondo). Si attribuivano a P. non solo funzioni più o meno chiare nell'ambito della metereologia astrale, della geografia e dell'etnografia ma, nell'astrologia erudita e soprattutto in quella determinata dallo Zodiaco e dai P., un'influenza decisiva sui singoli uomini. Questa influenza incominciava con la differenziata oroscopia della nascita e continuava nella melotesia planetaria (attribuzione delle singole parti del corpo a P. determinati), sino alla oroscopia delle iniziative (καταρχαί-electiones) secondo la quale si traevano auspici - con l'aiuto dei P. - per azioni da iniziare.
Si attribuiva ai P. anche la possibilità d'influire sulla natura animata e inanimata. I loro effetti si estendevano infatti ai metalli, pietre, piante, mondo animale, ma anche - ad esempio - all'alfabeto. Così si vedevano nei P. forze che potevano avere effetto su tutta la natura, dal macrocosmo al microcosmo, e inoltre su tutti gli aspetti della vita. Il Cristianesimo ha - come è noto - definitivamente abolito tutte le teorie di religione astrale ed astrologica. Ma anche dopo il IV sec. d. C. queste rappresentazioni non scomparvero subito e completamente. Esempio notevole sono a questo proposito i mosaici palestinesi del VI sec. d. C. come quelli della sinagoga di Bēt Alpha, con riecheggiamenti iconografici d'altronde assai indeboliti.
Rappresentazioni figurate. - i. - La rappresentazione dei P. mediante stelle o figure simili è testimoniata dal II millennio a. C. e si può seguire continuamente attraverso tutta l'antichità. Le stelle possono avere cinque, sei, sette, otto, dodici o sedici raggi, ma possono essere anche piene, oppure a cerchi, rosette, fiori, forme appuntite, due barre incrociantesi, ecc. Riconoscere determinate raffigurazioni dei P. da questi simboli di stelle è possibile naturalmente solo dopo singole analisi approfondite e spesso con risultati parziali. Proprio le più recenti ricerche del Conte du Mesnil du Buisson (Les tessères et les monnaies de Palmyre, 1962, p. 45 ss.), provano che tali interpretazioni, almeno per determinati settori, necessitano di un approfondimento in campi culturali più vasti.
Sui cippi di confine cassiti-assiro-babilonesi, dal XIV sec. a. C., la triade canonica Sole-Luna e Venere, è rappresentata con una mezza luna e due spicchi di stelle, mentre la sola Venere (Ishtar) in generale si presenta come una stella di 4 o di 8, a volte di 16 raggi (cfr. vol. iv, p. 1072, fig. 1268; vol. ii, p. 750, fig. 999). Su graffiti di età seleucidica, Giove (Vat., 7847) e Mercurio (AO 6448) sono resi con una stella di otto raggi. Anche in Egitto determinate immagini di Horus sono caratterizzate da stelle a 5 raggi identificabili con P., come ad esempio la terra di Senmut intorno al 1500 a. C.
Su alcune tessere siriache i P. sono indicati con cerchi, doppi cerchi od anelli.
L'identificazione di tali stelle è univoca là dove esse sono accompagnate da iscrizioni, come è il caso del rilievo con l'oroscopo del re Antioco di Commagene del I sec. a. C. (cfr. vol. i, p. 430 ss.) sul Nemrud Dagh (cfr. vol. v, p. 409 ss.): sopra al leone col corpo coperto di stelle ed una mezzaluna sotto al collo vi sono tre stelle, ciascuna formata da 16 raggi indicate come Marte (Πυρόεις ῾Ηρακλέους), Mercurio (Στίλβων ᾿Απόλλωνος) e Giove (Φαέϑων Διός). Alcune raffigurazioni su monete si potrebbero spiegare non tanto come oroscopo, quanto come insieme di Pianeti. Il denario di M. Aquilio (circa 109 a. C.) mostra sul recto il Sole con una corona a nove raggi, sul rovescio la Luna su biga (con falce di luna) e 4 stelle, motivo che ricorre simile già sulla cosiddetta serie del Sole di Gubbio (III sec. a. C.) in cui si possono riconoscere i P. (eccetto Saturno?). Naturalmente è difficile stabilire, ad esempio sul denario di A. Manlio (intorno al 100 a. C., Sydenham, n. 543, tav. 18), sul quale sono raffigurate il Sole (quadriga), la falce di luna e due stelle, in quali di queste stelle potrebbero essere identificati determinati P. (forse Giove e Marte).
Tutti i P. però sono identificati su monete: come m quella di P. Clodio (circa 41 a. C.) che sul recto rappresenta il Sole e sul verso ha la mezzaluna con 5 stelle; o sulla moneta d'oro di Domiziano (83 d. C.) per il figlio morto, sulla quale sono rappresentate sette stelle distribuite intorno a un globo, oppure sul dupondio di Faustina I (intorno al 140),che mostra sul rovescio la falce di luna e sette stelle.
Sicuramente la stella raffigurata sulle monete di Cesare, va messa in collegamento con Venere, cioè col pianeta corrispondente (cfr. vol. vi, p. 812, fig. 930). È lecito anche supporre che i sette P. siano rappresentati da 5 stelle, falce di luna e Zodiaco (al posto del Sole) sulla sfera celeste che regge Aion alato sui rilievo della base della Colonna di Antonino Pio a Roma (Vaticano, Cortile della Pigna).
Composizioni simili si trovano su gemme. Singolare la rappresentazione di un uomo barbato (Ipparco ?) che siede davanti ad un globo contrassegnato da una croce; regge un compasso e rivolge lo sguardo al Sole, alla falce di luna e a 5 stelle poste fra essi (Dict. Ant., i, fig. 587); su una lampada (Sole, Luna e 7 stelle, cfr. Dict. de l'ant. chr., i, 1924, fig. 104); ma anche su un rilievo. Fra il materiale esistente va in particolare ricordato il rilievo di Argo ora a Londra, che nella cornice dello zodiaco mostra la divinità lunare con una falce di luna e una stella sopra il capo, circondata da 6 stelle di 8 raggi, cioè a dire dal resto dei Pianeti.
Anche nel culto di Mithra i P. potevano venire indicati da stelle, in particolare sul mantello di Mithra (ad esempio nel Mitreo di Marino: 6 stelle, cfr. vol. v, tav. a p. 116) o sopra ad esso.
Tuttavia di frequente si trovano anche rappresentazioni simboliche dei P., ad esempio sette altari come sulla statua di culto di Mithra da Apulum in Dacia; questi altari potrebbero ricordare i sacrifici che si facevano ai P.; inoltre troviamo 7 alberi, 7 spade o 7 vasi.
Basti solo accennare al fatto che le Stelle aggiunte alla rappresentazione antropomorfica dei P. servivano ad una maggiore comprensione. Così sulla statuetta in bronzo di Iuppiter Heliopolitanus sulla quale sono rappresentati i busti di 7 P. (statuetta Sursock), accanto a Marte, Mercurio e Saturno, vi è una stella a 4 raggi. Fra i numerosi esempî citabili a questo proposito, si può segnalare ancora una Venere dorata trovata recentemente a Pompei, che mostra una grande stella sull'ombelico.
Iconografia dei Pianeti. - ii. -A) Testimonianze letterarie. - La più antica testimonianza si trova in Petronio (Sat., 30), dove viene ricordato un quadro applicato ai battenti della porta della sala da pranzo, sul quale si poteva vedere il percorso della Luna e le rappresentazioni di 7 P. (stellarum septem imagines pictas). Secondo Filostrato (Vita Apollon., iii, 41, p. 60) Apollonio di Tyana possedeva 20 anelli, ciascuno con la raffigurazione di una divinità planetaria che egli cambiava ogni giorno.
Assai breve e da respingere è la testimonianza di Tertulliano (De Idol., 10). Questi testi stabiliscono ampiamente una completa identità tra la iconografia dei P. e le divinità corrispondenti. Così si spiegano anche i passi di Eusebio (Praep. ev., iii, 11, 114) e la descrizione di alcune divinità planetarie in Marziano Capella (i, 72 ss.) e diversi riferimenti in Fulgenzio (VI sec. d. C.).
Testi posteriori noti anche perché propongono il collegamento fra teorie e raffigurazioni magiche, sono documentati nel trattato De imaginibus septem planetarum (Cod. Vat. lat. 4085, fol. 99 5 ed. W. Gundei, Mélanges Cumont, 238 ss.) o Cat. codd. astrol. Gr., x, 76; essi confermano quanto ha già notato F. Saxl sulla persistenza di tali rappresentazioni in manoscritti medievali ed anche "sulla estrema tenacia della tradizione concettuale e sulla mancanza della corrispondente tradizione figurata". Anche se i Greci nella loro concezione antropomorfica dei P. potrebbero aver tratto alcune sollecitazioni dalla concezione egiziana di Horus come P. (antropomorfo ma quasi sempre teriocefalo), tuttavia va sottolineato che la tipologia delle antiche rappresentazioni dei P. si è sviluppata indipendentemente da quella egiziana, nel senso che è stata equiparata a quella delle divinità corrispondenti.
Alcune iscrizioni e testimonianze monumentali fanno presupporre che ai P. si sono dedicate anche statue. Così ci documentavano alcune iscrizioni di basi di statue dal territorio a N di Trento (C.I.L., v, 1, 5051-5o56): Saturno, Lunae, Marti, Mercur(io), Iovi, Veneri. Sette nicchie nella parete semicircolare del teatro di Mileto erano forse destinate a statue di P. (cfr. vol. v, p. 18, fig. 23; p. 22). Tale interpretazione è proponibile per il Septizodium in Roma (cfr. vol. vi, p. 808) e per le 7 nicchie del Pantheon a Roma (cfr. vol. vi, p. 855 ss. e figg. 993; 1068).
A simili statue di P. dovrebbe far riferimento il passo nelle Laudes Veronensis civitatis (Mon. Germ. Xist., Poetae aev. Carolini, 1, 119, ed. Dümmler). Va dato per sicuro che tali statue abbiano ripetuto l'iconografia corrente delle divinità corrispondenti e se ne siano distinti solo determinati attributi, probabilmente stelle. Forse resti di tali statue di P. non sono più riconoscibili per noi (per Venere cfr. sopra, parte i; fine) oppure sono tutte scomparse.
B) Rappresentazioni superstiti di Pianeti. - Non vi è alcun dubbio che le rappresentazioni di P. a noi conservate siano completamente casuali. Tuttavia il fatto che i P. nel loro significato di divinità corrispondenti ai giorni della settimana siano più numerosi, potrebbe rispecchiare proprio la realtà.
Le più antiche rappresentazioni figurate di tutti e sette i P. provengono da Pompei (datate intorno al 50 d. C.) e sono oggi conservate nel Museo Nazionale di Napoli. Si tratta di una pittura parietale con i busti delle divinità dei P. in medaglioni; secondo l'inv. del museo n. 9519, essi sono nella successione corrente delle divinità corrispondenti ai giorni della settimana, Saturno, Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere, nell'inv. n. 9521, in altra successione.
L'esame sintetico del materiale a noi conservato che facciamo seguire, potrebbe, nella sua articolazione secondo gruppi di oggetti, essere considerato molto soggettivo. Peraltro i criterî per una precisa datazione dei singoli pezzi sono troppo scarsi, cosicché una sequenza che volesse rispecchiare la cronologia incontrerebbe troppe difficoltà. Va tuttavia sottolineato il fatto che le rappresentazioni figurate dei P. conservateci sono di età romana imperiale; prescindendo dalla tradizione manoscritta esse cessano nel V sec. d. C.
1. Calendarî astrologici (Parapegmi). - Forse la rappresentazione più notevole dei P. era quella del calendario graffito - oggi scomparso - rinvenuto nel 1812 nell'oratorio di S. Felicita, costruito nelle sostruzioni delle Terme di Traiano a Roma. Vi erano rappresentati busti delle divinità dei giorni della settimana in successione - uno accanto all'altro - da Saturno sino a Venere e sotto ogni divinità c'era un buco nel quale si poteva introdurre uno stilo per contrassegnare i giorni relativi.
Esistono anche altri esemplari di calendarî di tal fatta: così ci sono conservati piccoli frammenti di un piatto di sigillata con raffigurazioni simili a Rottweil; un altro esemplare frammentario proviene da Treviri (Altbachtal). In Treviri si sono rinvenute anche le matrici per un tipo più semplice di calendario: esso mostra nella fila superiore i busti dei P., nella inferiore le 4 Stagioni con una Vittoria (?) seduta nel mezzo.
Quasi uno scherzo sembra il graffito rinvenuto a Dura Europos (Mesopotamia) nel mezzo del quale sono visibili alcuni busti dei Pianeti. Lungo il bordo di una ruota proveniente da Alesia, che qui ci permettiamo di citare grazie ad A. Rehm, sono raffigurati sette di tali busti.
2. Divinità della settimana, raffigurazioni in pietra. - Si tratta di singole rappresentazioni delle 7 divinità della settimana prevalentemente a figura intera e in singole nicchie (ad esempio a Magonza, Metz), più raramente in busti (ad esempio il nuovo ritrovamento da Hausen sullo Zaker a Stoccarda). Esse ricorrono soprattutto su basi di otto lati e derivavano probabilmente da basi a 4 lati (pietra delle 4 divinità) e dalle cosiddette Iuppiter-Gigantensäulen (cfr. vol. ii, p. 767). Gli oltre 20 esemplari di gruppi di divinità della settimana, in pietra, provengono probabilmente dal territorio gallo-renano. Spesso come ottava divinità viene aggiunta una Vittoria o Fortuna o un genio, alla cui sinistra inizia la serie con Saturno e termina, alla sua destra, con Venere. Vanno ricordati inoltre i cosiddetti Vasi dei Pianeti provenienti dalla Belgica (zona Bavay-Tournai, II sec. d. C.), sui quali sono rappresentati i soliti tipi di divinità della settimana a forma di busto variati, in parte, secondo modelli gallici o di altra provenienza. I P. come divinità della settimana oltre che su Parapegma e sulle pietre delle divinità settimanali, appaiono anche in altri monumenti che sono qui raccolti in diversi gruppi per chiarire meglio i varî contesti in cui venivano rappresentati.
3. In contesto religioso. - Mentre le raffigurazioni in pietra delle divinità della settimana sono ambientate nella parte nord-occidentale dell'Impero Romano, altre raffigurazioni si riferiscono chiaramente alla Siria. Ad esse appartiene innanzitutto l'immagine di Iuppiter Heliopolitanus. Sulla parte anteriore del suo abito (ependỳtes) si trovano, frequentemente ripartite in zone, le raffigurazioni dei sette P. a forma di busto. Vi sono tuttavia molte variazioni, come, fra gli altri, ha dimostrato H. Thiersch; esse riguardano non solo la sostituzione della figura intera al mezzo busto, ma comprendono anche una diminuzione del numero dei P. rappresentati accanto al Sole e alla Luna. Le diverse linee di sviluppo presenti in queste raffigurazioni, che non solo hanno ellenizzato il dio del cielo Hadad, ma dovrebbero aver realizzato il concetto del "mantello del mondo" come abito del dio, si riferiscono a contesti astrologici, senza i quali alcuni fenomeni culturali dell'Impero Romano non possono essere apprezzati nella loro estensione.
I sette P. a figura intera e uniti a una dea siriaca si trovano anche su un cippo di Fiki (Antilibanon). Qui troviamo un interessante mescolanza di motivi greco-romani (Luna, Sole, Saturno, Marte) e siriani (per Venere, Giove, Mercurio). Queste particolarità, secondo una suggestiva supposizione di H. Stern, possono dipendere dal fatto che la settimana dei P. solo a poco a poco ha preso piede in Siria. Dalla Siria proviene anche un bracciale d'oro con la raffigurazione dei P. nella successione dei giorni della settimana e di una Tyche; essi recano sopra la testa l'iscrizione greca; secondo de Witte si possono datare intorno al 300 d. C.
A Palmira sulla vòlta di una nicchia del tempio di Bēl (cfr. vol. v, p. 904) di età imperiale e verosimilmente di età tiberiana, si hanno bassorilievi di sette P. in forma di busti. Queste immagini molto rovinate sono disposte intorno ad un esagono centrale, nel quale è visibile Giove = Bēl-Zeus. Essi pure sono immaginati in un esagono che presenta però il lato esterno arrotondato dall'alveo di chiusura formato dallo Zodiaco (cfr. vol. vii, p. 1280). In alto a destra di Zeus: Sole = Yarhibēl, a sinistra la Luna = Aglibōl, al centro Marte = Arsoû, in basso a sinistra Venere = Astarte-Atargatis, al centro Saturno = Malakbēl, a destra Mercurio = Hermes (questo è l'ordine dopo gli studî recenti di H. Seyrig).
Simili rappresentazioni si sarebbero dovute trovare anche sui soffitti di ambienti collegati a rappresentazioni cosmiche (cfr. vol. vii, p. 1278). Per gli esempî provenienti dall'Egitto v. il paragrafo seguente.
Il culto di Mithra ha attribuito ai P. un significato tutto particolare, come del resto documentano i monumenti provenienti dal centro e dalla parte occidentale dell'Impero Romano (cfr. sopra; vol. v, p. 115 ss.). Su immagini di culto ma anche su altri oggetti i P. erano rappresentati spesso non soltanto a forma di busto (ad esempio rilievo di Bologna, piatto in bronzo di Budapest, frammenti da Besigheim e Dieburg), ma anche a figura intera (rilievo in marmo Veles, piattino in bronzo di Ostia dove è conservato solo Marte, mosaico in Ostia, resti di dipinti a Spoleto).
Molto frequentemente erano rappresentati coi simboli, ad esempio 7 altari (rilievo da Apulum e molti altri esempî) o altari ed alberi (su un altro rilievo proveniente da Apulum in Karlsburg), da alberi ed anche vasi. A volte si trovano anche accanto agli altari singoli P. e, soprattutto nell'ambito di rappresentazioni mitriache, il Sole e la Luna per esprimere l'apparato cosmico. È stato già detto sopra, in altro contesto, che sul mantello di Mithra o sopra ad esso i P. in molti casi erano rappresentati come stelle o con la falce di luna.
Questi brevi cenni sono sufficienti a stabilire che segnatamente nel culto di Mithra, va tenuta presente l'iconografia dei Pianeti. Anche in altre scene i P. sono rappresentati come divinità della settimana in certo senso come ϑεοὶ ἐπόψιοι; questo è il caso delle raffigurazioni di Minerva, Vulcano e Mercurio sopra ai quali essi compaiono a mezzo busto su una linea superiore di chiusura.
4. In contesto magico e astrologico. - Nella progredita astrologia ellenistica, cioè dalla metà circa del II sec. a. C., i P. sono stati attribuiti ai 36 decani come Prosopa. In questa funzione essi sono raffigurati sul Planisfero Bianchini, dall'Aventino (Parigi, Louvre, v. vol. iv, p. 1040, fig. 1231), dove appaiono sul bordo più esterno, sotto forma di busto con nimbo, sopra al decano corrispondente.
La successione adottata, che si svolge rispettivamente sopra a tutti i 36 decani, corrisponde al periodo di rivoluzione dei P.; incomincia con Marte come Prosopon sopra al 1° decano dell'ariete e scorre sopra al Sole (2° decano), Venere (3° decano), Mercurio (1° decano del Toro), Luna (2° decano) Saturno (3° decano del Toro) ecc. e prosegue sopra tutti i 36 decani.
Una appropriata integrazione a tavole del genere, che probablimente sono state adoperate anche come scacchiera, ci è offerta dal cosiddetto frammento Peiresc (con i busti di Venere, Mercurio, Luna, Saturno). Mentre i decani rivelano una provenienza egiziana, i P. seguono chiaramente un'iconografia greco-romana.
Si accenna qui ad altri due monumenti la cui raffigurazione tien conto di altri rapporti astronomico-astrologici. Sul cosiddetto Zodiaco quadrangolare nel pronao del tempio di Ḥatḥor a Denderah (cfr. sopra vol. iii, p. 77 ss.; vol. vii, p. 1279) i P. sono determinati dal sistema della dimora delle stelle con differenze minime per Marte e Giove, cosicché, fatta eccezione per il Sole e la Luna, ogni pianeta compare due volte.
Sul quadro circolare della stanza di Osiride dello stesso tempio di Denderah (ora al Louvre), i P. sono rappresentati nella loro esaltazione: Saturno con la testa di bue, Giove e Marte con testa di sparviero, Venere bicefala (con testa umana), Mercurio è rappresentato con testa umana e ogni P. regge nella mano uno scettro come attributo.
Ancora differenti sono le rappresentazioni dei P. nel tempio di Edfu. Ma non è qui il caso di addentrarci nella tipologia egiziana di queste rappresentazioni tarde (I sec. d. C.). E sufficiente aver posto l'accento per l'Egitto, come per la Belgica e la Siria sull'esistenza di particolari modi di rappresentare i Pianeti.
Tabella
Alle rappresentazioni astrologiche prevalenti appartengono anche le monete coniate in Alessandria all'epoca di Antonino Pio, su ciascuna delle quali è rappresentato un P. in una delle sue due dimore; ad esempio il busto di Saturno e l'Acquario, il busto di Venere con la Bilancia.
Busti di P. di tal genere, sono riuniti su un'altra moneta di Antonino Pio; essi vi sono disposti in un anello intorno alla rappresentazione centrale di Serapide e, a loro volta, sono circondati da un anello con le rappresentazioni dello Zodiaco.
Queste monete che, coniate nell'ottavo anno di regno di Antonino Pio (144-5) dovevano contemporaneamente ricordare il nuovo inizio del periodo di Sothis, mostrano efficacemente come si era imposta in quel periodo, in Egitto, l'iconografia greca. Questi P. in linea generale dovrebbero essere intesi in primo luogo come divinità dei giorni della settimana. Anche su gemme si trovano composizioni del tutto simili: lo zodiaco in un anello esterno, quindi un anello coi busti dei P. e nel mezzo un busto di Serapide. Non si può assolutamente stabilire se queste gemme sono più recenti - come sembra - delle monete di Antonino Pio e se furono tagliate su modello di esse, oppure se, entrambe, si rifanno a un comune dipinto esistente originariamente ed ora scomparso.
Un'altra bella gemma è disposta in maniera del tutto simile: all'interno dell'anello dello zodiaco, v'è un anello con i 7 P. su carro; ogni singolo quadro è diviso dall'altro da un listello e nel mezzo è raffigurato uno Zeus in trono. Ad ognuno di questi P. in movimento, ordinati non secondo l'Heptazonos, è assegnata una stella ad eccezione di Selene. L'origine antica di questa gemma riprodotta nel frontespizio del Bouché-Leclercq, non sembra d'altra parte del tutto sicura. Questi esempî comunque sono sufficienti ad indicare come una combinazione di P. e Zodiaco potesse avere varî significati: epoche basate sul calendario astronomico, contesti astrologici nel senso più ampio del termine ed infine quesiti riguardanti la cosmocratoria.
Per il ruolo dei P. nella magia, assai ben conosciuto dalle fonti letterarie, è stata ora pubblicata da J. Keil una graziosa raffigurazione di un amuleto, a Vienna; esso presenta sulla parte anteriore, di rame massiccio, iscritto in greco, le immagini incise delle divinità dei P.; da sinistra a destra: Kronos, Zeus (entrambi in trono), Ares, Helios (con diadema raggiato sulla quadriga), Afrodite (col piccolo Eros), Hermes (con borsa e caduceo), Selene (con quarto di luna, scettro e fiaccola); la successione corrisponde all'Heptazonos in base al tempo di rivoluzione.
5. Rappresentazioni di P. su mosaici. - Tali raffigurazioni che dovrebbero essere state più frequenti di quanto non lasciano supporre i resti a noi pervenuti, si estendono in una striscia che va da S a N attraverso il centro dell'Impero Romano. Il mosaico di Bir-Chana-Zaghouan (Tunisi, Museo del Bardo) è indubbiamente, nella sua complessiva composizione esagonale, come già aveva notato L. Curtius, un termine di paragone del tutto simile alla ripartizione del soffitto in Palmira (cfr. sopra, 3), cioè a dire in certo modo una riproduzione o una composizione speculare del cielo di solito impiegata per i soffitti. Soltanto la successione dei P. è di poco variata rispetto a Palmira: nell'esagono centrale è rappresentato Saturno, sotto ad esso Sole e quindi in senso contrario a quello orario, è la successione delle divinità dei giorni della settimana, dalla Luna a Venere, ciascuna in una cornice esagonale.
Intorno a questi busti sono disposte, in un quadrato, le rappresentazioni degli animali dei P. e, al di là di questi ultimi, un anello esterno con le rappresentazioni dello Zodiaco in una cornice esagonale (cfr. vol. vii, p. 1287). Simile nella composizione, però molto diverso nei particolari, è il mosaico di Boscéaz presso Orbe (Cantone di Vaud, Svizzera): i singoli P. sono rappresentati ciascuno in una cornice ottagonale, nel mezzo è raffigurata Venere, a sinistra, al di fuori di essa, Saturno a cui seguono in senso orario il Sole, la Luna, Marte, Mercurio e Giove. Sole e Luna viaggiano rispettivamente su una quadriga e su una biga, degli altri P.: Saturno viene trasportato, su un cuscino, da due genî alati; Marte siede su una sedia fiancheggiata da due genî; Mercurio cavalca un ariete; Giove siede su un'aquila in volo (secondo l'iconografia conosciuta dai manoscritti di Arato), mentre Venere sta al centro ed è accompaguata da due amorini alati. Un altro mosaico, oggi peraltro disperso con la rappresentazione dei P. come divinità della settimana, è stato trovato a Vienna, un altro a S.te Colombe; su di esso i P. sono rappresentati seduti.
Nel mitreo delle Sette Sfere di Ostia, i P. sono rappresentati a figura intera e collegati nel significato con le sette sfere disegnate sul pavimento come porte del cielo: sulla fronte dei podia, a sinistra la Luna (Diana), Mercurio, Giove, a destra Saturno, Venere, Marte. In modo simile erano dipinti anche i P. a figura intera su podio del mitreo di Spoleto; sono conservati solo resti di Saturno e Mercurio.
6. Su diversi strumenti e oggetti ornamentali. - I singoli ritrovamenti che in questo contesto vengono nominati, giustificano la constatazione che rappresentazioni di P. devono essere state presenti in gran numero anche nella vita quotidiana. Già si è detto di anelli digitali, gemme, amuleti o del braccialetto dalla Siria. L'intera serie dei P. a forma di busto si trova inoltre su un boccale a Magonza, su una brocca a due manici a Colonia, così come su brocche (vasi dei P. dalla Belgica e da Treviri, cfr. vol. vii, p. 1152, fig. 1286) in parte graffiti e in parte a rilievo. Sul copercitio di un recipiente in bronzo esagonale e slanciato proveniente da Gap presso Lione sono graffiti sei busti di P., mentre Venere, ora perduta, occupava probabilmente il centro della composizione. I P. a figura intera con attributi, erano rappresentati su un attingitoio d'argento da Wettingen, purtroppo fuso poco dopo il suo ritrovamento. In modo simile sono rappresentati su un bacile in bronzo a Basilea. Su altri oggetti i busti dei P. erano applicati; ad esempio una tenaglia in bronzo dal Themse (Londra) ha busti di P. di tal fatta sulla parte esterna. La statuetta in argento di Tyche (?) proveniente da Mâcon (oggi al British Museum) reca i busti delle sette divinità della settimana (da sinistra a destra Saturno sino a Venere) su una falce, aggiunta sul capo, e potrebbe riferirsi a un contesto astrologico, come ha supposto il Cumont. Questo dovrebbe essere anche il caso di una navicella in bronzo a Montpellier coi busti degli dèi della settimana.
Chiudiamo la lista degli strumenti sui quali erano rappresentati i P., con l'accenno ad una lampada in terracotta sulla quale i busti dei sette P. sono disposti intorno ad un busto di Tyche, un motivo accolto anche dai cristiani, almeno dopo la trasformazione dei P. in stelle.
7. Su calendarî e manoscritti. - Dall'antichità non ci sono pervenute rappresentazioni che appartengano a questo contesto così come illustrazioni relative a un contesto astrologico soprattutto su orologi e strumenti che per noi sono andati perduti. La tradizione che riguarda il Calendario dell'anno 354 d. C., mostra d'altronde chiaramente che su di esso i P. erano rappresentati accanto al giorno corrispondente a figura intera (mancano le mustrazioni di Giove e Venere; cfr. Filocalus, vol. iii, p. 679).
Nel Codice Germanicus di Leida (Cod. Voss., 79, fol. 8o v.) si trovano i busti dei P. rappresentati in un quincunx, mentre il Sole e la Luna erano rappresentati in riquadri particolari, il Sole su una quadriga in visione frontale e la Luna su un carro tirato da buoi in moto verso destra in basso (la Luna è visibile anche su altri codici).
Poiché lo sviluppo delle rappresentazioni dei P. sui codici medievali esula dai limiti cronologici di questa Enciclopedia si segnala a questo proposito che i P. nel Germanicus Cod. Matritens. A 16 sono rappresentati a mezza figura. L'iconografia sopra indicata, figure intere, mezze figure, busti, dovrebbe essenzialmente corrispondere anche alle possibilità dell'antica illustrazione libraria.
8. Singoli Pianeti. - Nelle rappresentazioni sin qui trattate i P. sono raffigurati nel loro insieme come divinità della settimana o perlomeno a gruppi e sono in certo qual modo riconoscibili.
Ciò diventa più difficile quando si analizzano rappresentazioni di un singolo P.; anche nei caso del Sole e della Luna non è sempre dei tutto sicuro se essi vadano interpretati come P. in senso stretto, quali rappresentazioni del corpo celeste o unicamente come rappresentazioni di divinità.
L'interpretazione è relativamente semplice quando, ad esempio, su monete e gemme viene aggiunta una stella, oppure quando, tramite combinazione con raffigurazioni dello zodiaco (monete di Antonino Pio da Alessandria), viene fatto riferimento al carattere astrale dei motivo. Nel caso manchino attributi che servano ad indicare unicamente un solo P., nella maggior parte dei casi diventa assai difficile, quand'anche impossibile, riconoscere in una raffigurazione il riferimento ad un P. vero e proprio e non soltanto il semplice riferimento alla divinità.
C) Tipologia. Poiché in epoca romana si portò sempre più avanti l'ipotesi che i P. fossero gli dèi visibili, non c'era per la loro iconografia alcun problema serio: si seguiva l'iconografia tradizionale delle divinità greco-romane; era quindi perciò stesso irrilevante che si trattasse solamente di rappresentazioni delle teste o dei busti, della mezza o dell'intera figura. Numerose variazioni erano possibili nei particolari, soprattutto per quanto riguardava gli attributi.
I Greci avevano, a dire il vero, già anticamente sviluppato per Helios, Selene e Aphrodite, occasionalmente anche per Hesperos e Phosphoros, delle iconografie specifiche; non così, per quanto ne sappiamo, per gli altri Pianeti. Soltanto con l'ellenismo, l'approfondirsi degli studî astronomici e astrologici sui P., determinò la rappresentazione iconografica dei restanti P. a imitazione delle iconografie già esistenti.
Le raffigurazioni di P. a noi conservate hanno origine comunque in età imperiale romana. Questo sviluppo ci permette di dare ovviamente alcuni accenni puramente indicativi sulla tipologia delle rappresentazioni dei Pianeti. Per altri particolari più ampî si fa riferimento ai singoli articoli di questa Enciclopedia dedicati alle singole divinità e in particolare alla bibliografia specialistica già esistente (vedi Strzygowski, Haug, Thiele, Maas, Roscher, Hauber, Stern).
La successione addottata dei P. come divinità della settimana vuol significare che essi in questa funzione loro attribuita sono stati più popolari.
1. Saturno (Kronos): vecchio, in prevalenza barbato con la testa coperta (berretto, sfera, mantello tirato sopra la testa). La hàrpe è l'attributo più importante (cioè una spada a volte con un doppio uncino); talvolta si trova anche una falce, uno scettro, un ramo o un vaso.
2. Sole (Helios): nudo o con un lungo chitone, su una testa, perlopiù barbata, una corona raggiata; prevalentemente di tipo giovanile. Attributi: frusta, fiaccola, scettro, globo, globo terrestre, bastone o coppa sacrificale. Occasionalmente è rappresentato su una quadriga tirata da cavalli. È anche assimilato ad Apollo.
3. Luna (Selene): perlopiù vestita, a volte sul capo porta un velo svolazzante e sopra quasi sempre una falce di luna. Attributi: fiaccola, scettro, frusta, coppa sacrificale. In raffigurazioni a figura intera essa è perlopiù rappresentata su un carro tirato da due buoi (più raramente cavalli). Anche qui sono evidenti assimilazioni con Diana.
4. Marte (Ares): in genere armato, raramente nudo, porta quasi sempre l'elmo. Attributi: prevalentemente scudo e lancia, anche occasionalmente un'oca (cigno).
5. Mercurio (Hermes): giovanile, in genere nudo, a volte con clamide su una spalla, meno frequentemente vestito. Sulla testa porta o un berretto alato, un cappello a tese e ali o soltanto ali. Attributi: caduceo e borsa (nella maggior parte dei casi nella mano destra).
6. Giove (Zeus): quasi sempre con himàtion, testa perlopiù barbata, capelli a volte ornati con una corona e un aspetto dignitoso. Attributi: fulmine e scettro, più raramente una lancia, occasionalmente rappresentato con un'aquila.
7. Venere (Afrodite): perlopiù nuda, sporadicamente semivestita o con vestito e manto. Sulla testa a volte diadema e modius o spesso un velo fluttuante. Attributi: specchio, meno frequentemente scettro, penna di pavone o anche pomo, a volte Eros e colombe. Qualche volta viene identificata con Hera.
Il materiale conservatoci non ci permette di stabilire uno sviluppo nell'ambito di questa iconografia.
Si deve dunque ammettere che nell'ambito complessivo della cultura antica si sono conosciute, cioè a dire sono esistite rappresentazioni di P.; certe differenze delle raffigurazioni dalla tipologia generale, si sono potute osservare in particolarità regionali. Una certa tradizione delle antiche rappresentazioni di P. sarebbe sopravvissuta innanzi tutto in manoscritti delle Aratea. Del resto nel Medioevo è documentata, accanto al medesimo valore contenutistico delle antiche rappresentazioni di P., nella maggior parte dei casi un iconografia completamente nuova.
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