Pianificazione dei trasporti
Le infrastrutture e i servizi di trasporto non solo permettono la mobilità di persone e merci, ma contribuiscono anche al benessere economico e alla qualità della vita. Essi, da una parte, influenzano la crescita economica e la dislocazione delle attività economiche sul territorio, in quanto ne determinano l’accessibilità, dall’altra risultano decisive per il successo delle politiche ambientali e sociali, per la riduzione delle emissioni inquinanti, per la qualità dell’aria, nonché per le politiche di coesione sociale, sviluppo urbano e sicurezza.
Se si riconosce il legame esistente tra il sistema dei trasporti e gli obiettivi strategici della sostenibilità (economica, sociale e ambientale) che costituiscono la principale sfida del 21° sec., appare chiaro che la pianificazione delle infrastrutture di trasporto si configura come un processo di gestione delle decisioni cui fa seguito un insieme di azioni articolate nel tempo, finalizzate alle trasformazioni del sistema trasporti-territorio verso un obiettivo ritenuto ottimale per la collettività. Tale obiettivo deriva da una visione condivisa del futuro, e può essere perseguito attraverso l’attuazione di strategie definite secondo valori che la comunità approva (per es., la solidarietà e la coesione sociale, il rispetto per l’ambiente). La scelta delle strategie è una decisione politica, e in quanto tale può dipendere da fattori variabili nel tempo (per es., la congiuntura economica) e da vincoli esterni (per es., gli accordi internazionali). Poiché non esiste una strategia universalmente trasferibile e perennemente valida, occorre che il processo di pianificazione sia adattabile ai vincoli esterni, duttile alle spinte di cambiamento che provengono dalla società ed eventualmente capace di prevederne le evoluzioni.
Nei paragrafi che seguono saranno presentate e discusse le problematiche attuali della pianificazione delle infrastrutture di trasporto, partendo dalla considerazione che la mobilità di persone e di merci comporta un costo, e che gli interventi infrastrutturali hanno come obiettivo, in sostanza, la sua riduzione. Il costo di trasporto è qui inteso non soltanto come quello affrontato da un individuo per effettuare uno spostamento, ma anche come costo che tale spostamento comporta per l’intera collettività in termini ambientali, economici e sociali. Accanto alla disamina dei costi di trasporto, si procederà anche a una breve analisi dei benefici conseguibili dalla realizzazione di infrastrutture di trasporto.
Successivamente sarà illustrata la struttura del processo di pianificazione e saranno descritti i passi da percorrere per l’elaborazione di un piano dei trasporti: dalla definizione degli obiettivi alla scelta delle strategie e delle azioni e, infine, all’individuazione delle priorità. Nel corso degli anni è mutato il contesto socio-economico in cui maturano le scelte strategiche: la scarsità di risorse finanziarie e la nascita di nuove sensibilità collettive (si pensi alla problematica ambientale e a quella della sicurezza) hanno profondamente modificato il ruolo e il concetto stesso di pianificazione delle infrastrutture. L’acclarata complessità di tali scelte e del relativo processo decisionale richiede, quindi, un approccio sistemico supportato da strumenti matematici di analisi. Saranno quindi descritti i più diffusi metodi quantitativi dell’ingegneria dei trasporti, per la valutazione ex ante degli effetti degli interventi infrastrutturali, partendo dalla descrizione delle componenti del sistema trasporti-territorio e delle relative interazioni. Infine, sulla base delle tendenze in atto, in particolare lo sviluppo di nuove tecnologie dell’informazione applicate ai trasporti, nonché l’affermazione di nuovi modelli economici e culturali (quali, per es., la trasformazione della nostra società in società dei servizi, la globalizzazione dei mercati, dell’informazione e della comunicazione), saranno presentati alcuni spunti di riflessione sulle sfide che attendono i pianificatori del 21° secolo.
I costi del trasporto
Ogni attività di trasporto comporta un costo perché implica un consumo di energia, necessaria a vincere l’attrito del terreno, dell’aria, dell’acqua. Ma per spostarsi si consuma anche tempo, ossia un’importante risorsa. Esistono poi altri fattori connessi allo spostamento che comportano anch’essi un costo, come, per es., l’incidentalità stradale o l’inquinamento dell’ambiente. In generale, i costi di trasporto sono classificabili in costi degli utenti, vale a dire direttamente a carico di chi si sposta (persona o merce); costi dei gestori, ovvero quelli sostenuti dalle aziende che producono il servizio; costi per la collettività, cioè quelli subiti dall’intera collettività per effetto degli spostamenti dei singoli individui e delle merci.
Costi per gli utenti
Per i passeggeri, i costi del trasporto sono quelli che l’utente sopporta materialmente o percepisce nelle fasi dello spostamento, in pratica sono riconducibili ai tempi e alle spese di viaggio: i tempi a bordo del veicolo, quelli d’accesso/egresso al sistema di trasporto e i tempi di attesa (nel caso dei sistemi di trasporto collettivo), o anche il costo del biglietto, del carburante, del parcheggio e così via. A volte il costo per i passeggeri è legato anche a fattori non materiali e difficilmente quantificabili, quali il comfort a bordo del veicolo o la sicurezza durante il viaggio.
Per le merci, il costo di trasporto è legato alla necessità di spostare i beni dal luogo di produzione a quello di consumo o di utilizzo (mercati o nodi intermedi della filiera produttiva). Così come per i passeggeri, esso include principalmente componenti legate ai tempi e alle spese di viaggio: dal tempo di preparazione dell’unità di carico (preparazione di un container o formazione di un treno-blocco), al tempo di spostamento vero e proprio, a quello di stoccaggio (per es., il tempo che la merce sosta nella aree portuali, in attesa di essere imbarcata), al tempo di consegna dei prodotti finiti ai dettaglianti (delivery time). Poiché si tratta di uno dei fattori di produzione di un bene, il costo di trasporto può influenzare significativamente tutte le fasi della catena logistica: dalle quantità prodotte, al luogo di produzione, a quello di distribuzione e così via. Per avere un’idea dell’ordine di grandezza, si consideri che, secondo il Piano per la logistica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2006), nei Paesi dell’Europa a 15 (quelli facenti parte dell’Unione Europea prima dell’allargamento a est del 2004) il costo dei trasporti incide in media per circa il 16% sul valore della produzione industriale, e in Italia per circa il 20%. È facile comprendere in tal modo quanto lo sviluppo dell’economia del Sud-Est asiatico sia stato favorito oltre che dal basso costo della manodopera locale anche dal basso costo unitario del trasporto marittimo containerizzato.
Costi di produzione dei servizi
I costi per i gestori, ossia quelli sostenuti dalle aziende che producono i servizi di trasporto (per es., le aziende ferroviarie o le compagnie aeree) possono essere distinti in costi d’investimento (per infrastrutture, tecnologie, materiale rotabile ecc.) e costi di esercizio (per il personale, il carburante dei mezzi ecc.). Tali costi dovrebbero essere coperti e rimunerati dalle entrate della vendita dei servizi, ma spesso questi introiti coprono soltanto un’aliquota del costo complessivo. Si pensi, per es., che uno dei target per le aziende di trasporto pubblico locale (raggiunto soltanto in alcuni casi d’eccellenza) è la copertura di almeno il 35% dei costi operativi mediante gli introiti derivanti dalla vendita del servizio. Ciò si verifica, da una parte, perché le tariffe applicate sono soggette a limitazioni stabilite dalla Pubblica amministrazione per ragioni di opportunità sociale e, dall’altra, perché le aziende produttrici del servizio devono sobbarcarsi l’onere di produrre servizi di trasporto anche in zone dove i livelli di domanda sono bassi e non giustificabili dal punto di vista economico e finanziario, ma necessari per ragioni di equità sociale (servizi minimi di trasporto collettivo). In tali casi, la collettività interviene finanziando in tutto o in parte i costi d’investimento e colmando i deficit derivanti dalla differenza tra i costi di esercizio e gli introiti tariffari.
Costi per la collettività
I costi per la collettività, generalmente noti come costi esterni del trasporto, sono costituiti dagli effetti negativi che l’uso di un’infrastruttura ha sull’ambiente e dai danni economici e sociali che derivano dall’incidentalità, in particolare quella stradale.
I costi ambientali riguardano il danneggiamento immediato delle risorse naturali e quello derivante dall’eventualità di non utilizzare tali risorse in futuro (fonti non rinnovabili). L’uso di un’infrastruttura di trasporto produce, infatti, inquinanti (per es., anidride carbonica, polveri sottili ecc.) e può modificare l’equilibrio ecologico della flora e della fauna, specialmente nel caso di nuove infrastrutture in aree scarsamente insediate. Per avere un ordine di grandezza dell’entità di tali costi, si consideri che il danno economico attribuito alle polveri sottili prodotte dai trasporti nelle aree urbane e metropolitane italiane è in media di circa un miliardo di euro all’anno, imputabile per circa il 40% ai veicoli a benzina e per il 60% a quelli a gasolio. Da tenere presente, inoltre, l’intrusione visiva che deriva dalla presenza dell’infrastruttura (e dei veicoli che la utilizzano) e dal suo contrasto con l’ambiente circostante. Per quanto concerne i costi derivanti dall’incidentalità, essi comprendono, da una parte, quelli economici dovuti ai danni materiali diretti e indiretti, alle spese amministrative generali (per giustizia e polizia) e a quelle per le assicurazioni e per le cure sanitarie ecc.; dall’altra, i costi sociali, più difficili da determinare, dovuti alla perdita di vite umane. Per quanto riguarda questi ultimi, un progetto di ricerca dell’Unione Europea, UNITE (UNIfication of accounts and marginal costs for Transport Efficiency), ha calcolato in 1,5 milioni di euro il costo medio della perdita di una vita (Deliverable 2. The accounts approach, 2000).
Gli interventi infrastrutturali
In generale, è possibile modificare le prestazioni di un sistema di trasporto attraverso le seguenti tipologie d’intervento: a) azioni sugli elementi fisici e organizzativi che producono le opportunità di trasporto (offerta di trasporto), quali interventi di tipo infrastrutturale (per es., nuove strade o ferrovie o potenziamento di quelle già esistenti), di tipo tecnologico (per es., sistemi di controllo della circolazione delle auto o dei treni), di tipo gestionale (volti a ridurre i costi di produzione dei servizi), di tipo normativo (per es., modifiche al Codice della strada); b) azioni finalizzate a modificare, tramite normativa, il comportamento degli utenti del sistema di trasporto (domanda di mobilità), quali l’orario degli spostamenti (per es., modificando gli orari di apertura delle scuole o dei negozi, o regolamentando gli orari di carico e scarico delle merci), il modo di trasporto utilizzato (per es., istituendo zone a traffico limitato, isole pedonali, road pricing, ecobonus per le ‘autostrade del mare’) e indirettamente la destinazione; c) azioni finalizzate a modificare la distribuzione sul territorio delle attività e, dunque, a modificare alla radice l’origine e la destinazione degli spostamenti (per es., la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali sul territorio).
In questa sede ci si soffermerà sugli interventi infrastrutturali, che a loro volta possono essere classificati innanzitutto per modalità di trasporto: stradale, ferroviaria, marittima e aerea. Per ciascuna modalità occorre poi distinguere gli interventi in funzione della tipologia di utenti a cui l’infrastruttura è destinata, considerato che vi può essere incompatibilità tra più tipologie, pena il cattivo funzionamento dell’infrastruttura. Le linee ferroviarie extraurbane, per es., possono essere classificate in: a) linee ad alta velocità, destinate a servizi ferroviari tra capoluoghi di regione (distanti generalmente alcune centinaia di chilometri) e caratterizzate da velocità dell’ordine di 250÷300 km/h e oltre, che richiedono materiale rotabile, sistemi di trazione, sistemi di controllo della circolazione specifici e scarsamente compatibili con i servizi viaggiatori più lenti o con i servizi merci; b) linee regionali, destinate ai servizi ferroviari che collegano i principali poli urbani di una regione o di più regioni limitrofe; c) linee ad alta capacità, con velocità massime di progetto di circa 200 km/h e con possibile uso promiscuo di treni veloci, treni regionali e treni merci.
La scelta di realizzare un tipo d’infrastruttura piuttosto che un altro può avere impatti completamente diversi sulle prestazioni del sistema di trasporto, e spesso il dibattito pubblico verte proprio sulla tipologia di opera più opportuna per risolvere i problemi di congestione o di accessibilità, come nel caso dell’attraversamento dello Stretto di Messina o della linea ad alta velocità Torino-Lione. In tali casi, la decisione deve basarsi su un’attenta analisi dei costi e dei benefici derivanti da ciascuna possibile alternativa.
Benefici
La realizzazione di un’infrastruttura di trasporto ha l’obiettivo di ridurre una o più componenti in termini di costo (tempi ed esborsi monetari, costi di produzione del servizio, impatti sull’ambiente, incidentalità), ma può avere impatti anche sul territorio in cui si inserisce, sull’economia e sulla società. La variazione del costo del trasporto modifica, infatti, l’accessibilità di alcune zone, mutando in tal modo le convenienze localizzative delle residenze e delle attività imprenditoriali. I residenti tenderanno a spostarsi e i posti di lavoro a collocarsi nelle zone con maggiore accessibilità, facendo così crescere la domanda d’uso del suolo e delle abitazioni di tali zone. Potranno aumentare, quindi, il numero di abitazioni e i metri quadri destinati a usi commerciali e produttivi (effetti territoriali), nonché i valori di mercato dei terreni e degli immobili (effetti economici).
Si pensi ai grandi centri commerciali che molto spesso sono localizzati in prossimità degli svincoli autostradali, ossia in zone ad alta accessibilità stradale; oppure al maggiore valore e/o costo d’affitto degli immobili che si trovano in prossimità delle fermate di una metropolitana in ambito urbano. Gli effetti economici, tuttavia, possono riguardare anche il mercato del lavoro. Una migliore accessibilità comporta, infatti, un allargamento del mercato potenziale di clienti e, di conseguenza, una maggiore produttività aziendale; ha come conseguenza, inoltre, quella di determinare costi unitari di produzione più bassi (derivanti dalla riduzione dei costi di approvvigionamento e di distribuzione) e questo può portare, quindi, a un aumento dei livelli di produzione e di profitto delle imprese, ma anche a un aumento occupazionale o delle paghe orarie medie dei lavoratori.
Infine, gli impatti sociali si configurano in termini di variazioni delle relazioni fra le persone e le istituzioni (famiglia, scuola, enti di governo ecc.) che si verificano per effetto degli interventi sul sistema di trasporto come, per es., nel caso di modifiche di accesso a luoghi in cui si svolgono le attività sociali (scuole, uffici pubblici, parchi ecc.).
Costi
A fronte dei benefici derivanti dall’uso di una nuova infrastruttura, occorre sopportare i costi (finanziari e ambientali) per la sua realizzazione che, nella maggior parte dei casi, sono sostenuti dalla collettività sotto forma di finanziamento totale o anche parziale, per es. quando una parte dei costi sono a carico dei concessionari che la realizzano e la gestiscono con incameramento degli introiti tariffari (finanza di progetto). Nella fase di cantiere, inoltre, occorre tenere conto dei costi ambientali riguardanti l’inquinamento atmosferico e acustico, dovuto alla movimentazione dei mezzi, all’utilizzo dei macchinari per gli scavi ecc., nonché di quelli derivanti dai danni che il cantiere può causare alle preesistenze (edifici, fiumi e laghi, falde ecc.), alla flora e alla fauna. L’infrastruttura, infine, una volta terminata è soggetta a usura: è quindi necessario tenere conto anche dei costi di manutenzione.
Il processo di pianificazione
Pianificare infrastrutture di trasporto significa scegliere quali interventi realizzare per il benessere economico e per la qualità della vita della collettività. Ciascuna tipologia d’intervento infrastrutturale può sia modificare le componenti del costo generalizzato del trasporto per i viaggiatori e le merci, per i gestori e per la collettività (effetti diretti), sia provocare cambiamenti nella società, nell’economia e sul territorio (effetti indiretti). La scelta, dunque, va fatta sulla base degli effetti che gli interventi infrastrutturali possono avere nell’area di studio, individuando quelli che meglio rispondono alle problematiche dell’area e agli obiettivi prioritari preposti.
L’articolazione del processo
La pianificazione si configura come un processo decisionale relativo alle azioni da intraprendere per il raggiungimento di determinati obiettivi, nel modo più efficace ed efficiente possibile. L’approccio più noto alle decisioni è quello razionale, che si articola in fasi successive, rigorosamente separate sul piano temporale, in cui si fissano gli obiettivi; si definiscono le possibili alternative di intervento; si valutano gli effetti delle alternative; si scelgono quelle soluzioni che presentano i valori massimi in termini di efficienza ed efficacia rispetto agli obiettivi inizialmente assunti; si stabiliscono le priorità temporali di realizzazione. L’approccio razionale si risolve pertanto in un processo che, almeno in teoria, porterebbe all’individuazione di interventi ritenuti oggettivamente ottimali.
Alla base del suo ampio impiego tra gli addetti ai lavori, vi sono alcune importanti ragioni. La prima risiede nella necessità di occupare uno spazio sottratto alla politica, lasciando a quest’ultima il compito di definire gli obiettivi, ma rimettendo alle scienze ingegneristiche ed economiche i giudizi tecnici e gli sviluppi successivi. I metodi di decisione razionale, inoltre, appaiono adatti a contrastare la tradizionale burocrazia, interessata più alla correttezza formale degli atti che non al conseguimento dei risultati. Infine, lo sviluppo dei sistemi avanzati di analisi e di simulazione, nonché la maggiore disponibilità e reperibilità di banche dati, rendono più realistiche e gestibili le tecniche di decisione che fino a qualche tempo fa potevano apparire troppo complesse per il numero di variabili coinvolte e la massa di dati da esplorare.
L’approccio razionale alle decisioni, tuttavia, presuppone una netta separazione tra l’individuazione degli obiettivi e la valutazione delle alternative d’intervento, vale a dire che prima fissa gli obiettivi e poi individua gli interventi da realizzare per il loro perseguimento (e non il contrario, come capita in alcuni casi). Presuppone inoltre l’analisi delle alternative disponibili e la valutazione ex ante delle conseguenze delle decisioni, le risorse e il tempo per effettuare queste analisi, nonché l’esistenza di un unico centro decisionale. Tali condizioni difficilmente si realizzano nella prassi degli attuali processi politico-amministrativi, ragion per cui, spesso, è difficile immaginare che le decisioni politiche possano portare al raggiungimento di un insieme di interventi ottimali in senso assoluto, mentre è più realistico ricercare soluzioni subottimali, che almeno soddisfino le esigenze della collettività senza sprechi di risorse e nel rispetto di certi standard minimi.
In altri termini, quello razionale può essere visto come un modello ideale verso cui tendere, ma nella realtà dei fatti è opportuno tenere presente che i processi di pianificazione seguono percorsi più semplici di quello razionale. In tali percorsi le decisioni prendono corpo dall’accordo tra più attori di parte (le cui scelte dipendono e si influenzano reciprocamente) attraverso successivi aggiustamenti (modello incrementale); d’altra parte, di fronte a una scelta complessa si valutano le alternative sequenzialmente, fino a trovarne una che soddisfa le proprie esigenze (modello cognitivo).
È possibile cioè concepire il processo decisionale come una successione di fasi durante le quali i diversi attori in gioco (i cosiddetti stakeholders) interagiscono per scambiarsi risorse (riconducibili a quattro tipi fondamentali: giuridiche, tecniche, finanziarie, politiche o di consenso), in modo tale che da questi scambi emergano le soluzioni ai problemi posti.
Le fasi in cui un processo di pianificazione può essere articolato mirano a definire gli obiettivi (linee guida del piano); individuare le strategie (piani direttori); scegliere le possibili azioni specifiche (piani attuativi); stabilire le relative priorità.
Gli obiettivi della pianificazione delle infrastrutture di trasporto derivano da quelli più generali ai quali tende la collettività (per es., la crescita economica, la tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, la sicurezza ecc.). In particolare, la sfida dello sviluppo sostenibile, che non compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello sviluppo preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali, si traduce nel settore della pianificazione dei trasporti nell’obiettivo strategico della mobilità sostenibile.
Come enunciato dalla Commissione europea, la mobilità sostenibile si prefigge di «garantire che i nostri sistemi di trasporto corrispondano ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, minimizzandone contemporaneamente le ripercussioni negative sull’economia, la società e l’ambiente» (Consiglio dell’Unione Europea, Nuova strategia dell’UE in materia di sviluppo sostenibile, 2006, p. 10). Tale obiettivo è stato fatto proprio dal Piano generale della mobilità del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (2007) che si prefigge di realizzare una mobilità efficace in termini di qualità e di quantità dei servizi offerti; efficiente nel consumo delle risorse finanziarie, energetiche e ambientali; sicura in termini di safety e di security, sia per gli utenti sia per gli addetti del settore; sostenibile in termini ambientali, sociali, economici e di partecipazione dei cittadini.
Per il raggiungimento di una mobilità sostenibile le strategie infrastrutturali mirano propriamente a: a) riequilibrare il sistema dei trasporti, ossia ad avere un utilizzo dei diversi sottosistemi di trasporto (rete stradale, rete delle metropolitane, rete degli autobus e degli altri sistemi di trasporto collettivo di superficie) proporzionale alle capacità offerte, al fine di evitare fenomeni di sovrasaturazione; b) favorire lo sviluppo di modi di trasporto con minore impatto ambientale e consumo di energia (modi di trasporto collettivo) e lo sviluppo di tipologie di trasporto che riducano i costi di produzione dei servizi (per es., sistemi a guida automatica); c) favorire l’uso di veicoli e carburanti (metano, idrogeno ecc.) poco inquinanti e che utilizzino fonti energetiche rinnovabili; il target dell’Unione Europea per il 2012, in tal senso, è quello di raggiungere un’emissione media per le autovetture di 130 g equivalenti di anidride carbonica per km, e una diffusione sul mercato dei carburanti biocombustibili del 7,4%.
Nel caso del trasporto passeggeri, tali strategie si traducono in azioni che mirano a incrementare l’utilizzo delle ferrovie (si parla in alcuni casi di cura del ferro) attraverso il miglioramento delle prestazioni rispetto ai modi in competizione: per gli spostamenti di media e lunga percorrenza si punta sulle linee ferroviarie ad alta velocità, per quelli di breve percorrenza alle metropolitane urbane e regionali. Nel caso del trasporto delle merci, si mira a ridurre il trasporto su strada, che ha un costo elevatissimo per la collettività, a favore del trasporto intermodale ferroviario (combinato ferro-gomma e ‘autostrada viaggiante’) e marittimo (le citate ‘autostrade del mare’). Le azioni, ossia i singoli interventi, vanno opportunamente definite sulla base degli effetti previsti (mediante valutazioni ex ante) attraverso gli studi di fattibilità tecnico-funzionale, economico-finanziaria e ambientale. Questi studi hanno l’obiettivo di verificare se gli interventi previsti rispondono efficacemente e nel miglior modo possibile alle esigenze richieste, se esiste un’adeguata copertura finanziaria e se sono rispettati gli obiettivi ambientali. A causa di un budget finanziario limitato, va, infine, stabilita una priorità tra gli interventi fattibili. La scelta della priorità è una fase molto delicata del processo di pianificazione, in quanto si scontra con interessi di parte e posizioni campanilistiche.
In generale, una nuova infrastruttura mira al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche in un’area; sono rari, tuttavia, i casi in cui tale miglioramento sia ugualmente e uniformemente distribuito nell’area stessa. Vi saranno individui o gruppi sociali che trarranno grandi benefici dalla realizzazione dell’infrastruttura (si pensi ai residenti in una città dove si realizza un nuovo aeroporto), altri che non ne avranno per nulla (gli individui residenti nelle città distanti) e altri ancora che invece subiranno un peggioramento per effetto della nuova realizzazione (le persone che vivono nelle immediate vicinanze dell’aeroporto, che subiranno l’inquinamento acustico dovuto al passaggio degli aerei). Il modello partecipativo della concertazione può in questi casi garantire l’efficacia del piano nella misura in cui a ciascun ente coinvolto nel processo decisionale viene restituita pari dignità (nessuno, soggetto sociale e istituzionale, subisce le scelte assunte da altri); si riduce il rischio di battaglie di competenze tra i diversi livelli della Pubblica amministrazione; si riduce il rischio di opposizione nella fase di realizzazione e di azioni non condivise perché non comprese attraverso il coinvolgimento delle collettività locali nei processi sottesi alla formazione delle scelte.
Inoltre, va tenuto presente che, come si è visto in precedenza, gli interventi infrastrutturali sono soltanto una delle tipologie di azioni a disposizione per agire sul funzionamento dei sistemi di trasporto; sono infatti possibili anche iniziative di tipo normativo, gestionale e tecnologico, che devono sempre accompagnare gli interventi infrastrutturali, permettendo spesso di ridurne i costi di realizzazione e di gestione.
I metodi di confronto delle alternative
I metodi di confronto degli interventi infrastrutturali sono riconducibili essenzialmente a due tipi: il metodo tradizionale benefici-costi e i metodi di analisi multicriterio.
L’analisi benefici-costi (B-C) valuta i progetti considerando i loro effetti monetari o monetizzabili come variazioni rispetto allo stato di non progetto, sommando algebricamente con il segno positivo le voci in entrata (benefici) e con il segno negativo quelle in uscita (costi). I diversi progetti alternativi sono confrontati sulla base del valore attuale netto (VAN) che riporta all’anno iniziale, mediante un opportuno tasso di attualizzazione, le differenze benefici-costi, calcolate anno per anno per un periodo complessivo pari alla vita utile dell’infrastruttura. La limitazione dell’analisi ai soli effetti monetari o monetizzabili, trascurando la serie di effetti non direttamente o significativamente monetizzabili, così come altre critiche strutturali quali la non sommabilità degli effetti per i soggetti o gruppi di soggetti interessati in modo diverso dal progetto, ha portato molti economisti ad assegnare all’analisi B-C un ruolo sostanzialmente normativo e convenzionale in cui i parametri dell’analisi (cioè gli effetti, i prezzi, il tasso di attualizzazione e altri ancora) vengono fissati dagli enti finanziatori di progetti pubblici (per es., la Commissione europea) in modo da poter ricevere dai soggetti proponenti richieste paragonabili e omogenee. L’analisi B-C non va considerata, quindi, come metodo di valutazione complessivo, ma piuttosto come metodo di valutazione dei soli impatti economici, che possono essere utilizzati insieme ad altri nell’ambito di una più ampia analisi. In tale ottica sono stati proposti i metodi multicriterio (M-C), i quali non richiedono che tutti gli impatti di un intervento siano espressi in termini monetari, bensì permettono di misurare ciascun effetto del progetto utilizzando la scala e l’unità di misura più appropriate allo stesso. Per es., l’impatto sull’incidentalità derivante dalla realizzazione di un’infrastruttura stradale potrà essere misurato in numero d’incidenti previsti; l’impatto sull’inquinamento atmosferico in tonnellate di anidride carbonica emesse dai veicoli; la variazione di tempo di percorrenza in minuti e così via.
L’analisi M-C fornisce un quadro sinottico (la matrice di decisione) in cui per ogni intervento esaminato si misura il raggiungimento di tutti gli obiettivi considerati (non soltanto economici, ma anche ambientali, sociali ecc.). In tal modo, a differenza dell’analisi B-C, si abbandona la velleità di individuare la soluzione ottima dal punto di vista del benessere sociale aggregato, ma ci si muove alla ricerca di una soluzione di compromesso tra i diversi obiettivi perseguiti, i cui impatti siano il più vicino possibile al loro valore ottimale.
La valutazione ex ante
Entrambi i metodi di confronto analizzati sopra richiedono la valutazione ex ante degli effetti rilevanti degli interventi da realizzare e la previsione, attraverso metodi quantitativi, delle configurazioni future di sviluppo del sistema trasporti-territorio.
Nella prima generazione di valutazione quantitativa, nata in relazione agli investimenti autostradali e successivamente estesasi ai piani di trasporto in senso lato, venivano considerati prevalentemente gli effetti (benefici e costi) monetari o monetizzabili per gli utenti della sola infrastruttura esaminata e per il suo gestore. Con l’evolversi della comprensione del funzionamento dei sistemi di trasporto e degli strumenti di analisi e simulazione, si è andata progressivamente estendendo la gamma degli effetti considerati, includendo dapprima quelli diretti per la collettività e, più recentemente, gli effetti indiretti sul territorio, sull’economia e sulla società.
La pianificazione integrata trasporti-territorio
Per le strette interdipendenze tra mobilità e territorio, la pianificazione delle infrastrutture di trasporto assume sempre più la connotazione di una pianificazione integrata con il territorio per il raggiungimento degli obiettivi strategici di coesione economica e sociale e conservazione del patrimonio naturale e culturale, e per una più bilanciata competitività delle diverse parti di una regione (per es., aree costiere e aree interne) o di uno Stato (per es., nord e sud). Ne è un esempio il transit oriented development (TOD), ovvero lo sviluppo di politiche dei trasporti e di governo delle trasformazioni territoriali indirizzate alla localizzazione nelle aree d’influenza delle stazioni ferroviarie, di nuovi insediamenti compatti polifunzionali, attrattori di spostamenti sul trasporto pubblico.
Esempi di pianificazione integrata trasporti-territorio sono, inoltre, quei piani in cui, a una scala territoriale ampia (area metropolitana o regionale), vengono definiti congiuntamente gli interventi sul sistema di trasporti e le politiche di governo del territorio, con l’obiettivo di mitigare le esternalità negative derivanti da alcuni fenomeni tipici delle città contemporanee, quali l’aumento dei tassi di motorizzazione, la crescita non regolata e dispersa delle città (urban sprawl), la polverizzazione spaziale degli spostamenti, la comparsa di poli a forte attrattività di domanda ma isolati dal contesto urbano (per es., i grandi centri commerciali).
L’approccio sistemico
La complessità del sistema trasporti e la sua stretta connessione con il territorio, l’ambiente, l’economia e la società richiede per la valutazione ex ante degli effetti un approccio sistemico che si basi sulla formalizzazione logico-matematica del funzionamento dei sistemi di trasporto, attraverso l’identificazione delle sue componenti interne (domanda e offerta di trasporto) e delle principali interazioni tra queste e l’ambiente esterno.
Ci si soffermerà quindi sulle diverse componenti e sulle interazioni tra trasporti e territorio.
Sistema dei trasporti e sistema territoriale
All’interno del sistema territoriale di una determinata area è possibile individuare diversi sottosistemi, fra i quali il sottosistema delle attività e quello dei trasporti (fig. 1).
Il sistema delle attività insediate sul territorio può essere a sua volta schematicamente scomposto in tre sottosistemi, ovvero: le famiglie residenti, articolate per categorie (definite da fascia di reddito, composizione ecc.); le attività economiche localizzate in ciascuna zona, suddivise per settore (i vari comparti dell’industria, dei servizi alle imprese, dei servizi alle famiglie ecc.), con i relativi indicatori economici (per es., il valore aggiunto) e fisici (per es., il numero di addetti); le superfici (o volumetrie) disponibili in ciascuna zona, articolate per tipologia (superfici industriali, uffici, appartamenti, negozi in aree edificabili e non ecc.) e per relativi prezzi di mercato.
Le diverse componenti del sistema delle attività interagiscono tra loro in funzione dell’accessibilità relativa fra le varie zone. L’accessibilità si configura come una misura delle resistenze (tempo, costo ecc.) al movimento di persone e cose e allo scambio di beni e servizi. Essa governa le scelte di localizzazione dei singoli attori economici che andranno a posizionarsi in prossimità di luoghi più vantaggiosi per la rispettiva attività: per le imprese, i luoghi di acquisizione di materie prime, o in generale di input e output (mercati) per la propria produzione; per i residenti, i luoghi di lavoro oppure quelli che godono di specifica attrattività (bellezze naturali, luoghi di scambio e ambiti di interrelazione sociale ecc.).
Tali scelte localizzative danno luogo a loro volta alla struttura dello spazio urbano, ossia alla distribuzione delle residenze, dei luoghi di lavoro e di svago sul territorio. Ciò costituisce il fondamento della domanda di trasporto che deriva dalla necessità di utilizzare le diverse funzioni urbane in luoghi diversi, per differenti motivi, in diverse ore della giornata, utilizzando varie modalità di trasporto; i residenti sono gli utenti del sistema della mobilità ed effettuano scelte di viaggio (frequenza, orario, destinazione, modo, percorso, sequenza degli spostamenti) per svolgere attività (lavorare, studiare, fare acquisti e così via).
Tutte le componenti dello spostamento sono influenzate, in varia misura, dalle caratteristiche (tempo, costo, affidabilità, comfort ecc.) offerte dalle diverse modalità di trasporto. Così, per es., la scelta della destinazione è influenzata, oltre che dalle attività insediate nella zona, dal costo generalizzato di trasporto da affrontare per raggiungerla; quella dell’ora di inizio dello spostamento dipende dal tempo che si prevede necessario per raggiungere la propria destinazione; infine, la scelta del modo di trasporto è influenzata, oltre che dalle caratteristiche socioeconomiche dell’individuo e della famiglia (possesso di patente, di auto ecc.), da tempi, costi, affidabilità dei modi alternativi e così via.
Le caratteristiche dei servizi dipendono, a loro volta, dall’offerta di trasporto, ossia dall’insieme delle infrastrutture (strade, parcheggi, rete ferroviaria) e degli elementi organizzativi (regole della circolazione stradale e della sosta, linee, orari e tariffe del trasporto pubblico) che consentono di spostarsi nell’area urbana. Il sistema di offerta di trasporto ha una sua capacità limitata, in quanto i diversi elementi che lo compongono sono in grado di consentire lo spostamento di un numero limitato di utenti in un dato periodo di tempo. La domanda di trasporto, distribuendosi in base alle caratteristiche dell’offerta fra i diversi modi (ripartizione modale) e tra i diversi percorsi (ripartizione fra i percorsi), produce i flussi di utenti che utilizzano i differenti elementi del sistema di offerta nell’unità di tempo; si avranno così i flussi di autovetture sui tronchi stradali, i passeggeri sulle linee del trasporto pubblico e così via. Quando i flussi sono prossimi alla capacità dei diversi elementi (o la superano per periodi limitati), si innesca il fenomeno della congestione che, insieme ad altri non secondari effetti negativi (quali l’inquinamento acustico e atmosferico, o l’intrusione visiva nel caso del traffico stradale), può modificare in modo significativo i tempi di viaggio, l’affidabilità, i consumi di carburante o, in altri termini, le prestazioni e le caratteristiche dei servizi di trasporto.
La simulazione del sistema trasporto-territorio
L’approccio sistemico si basa su modelli matematici di simulazione delle interazioni tra le componenti del sistema di trasporto e quelle del sistema territoriale. A tale scopo, vengono utilizzate strutture modellistiche più o meno complesse, che simulano una particolare interrelazione di causa-effetto del mondo reale, attraverso sistemi di equazioni matematiche tra variabili che ne rappresentano gli elementi costitutivi, per es. nel caso dei trasporti, le strade, le ferrovie ma anche le persone che si spostano e le merci trasportate.
Le strutture modellistiche più articolate simulano in maniera disaggregata (per es., per zona interna all’area di studio, per settore economico, per classe di utente ecc.) l’impatto che gli interventi sul sistema di trasporti hanno su una o più componenti del sistema analizzato, vale a dire: sulla popolazione (per es., sul numero di residenti nell’area di studio o sulla localizzazione di tali residenti all’interno dell’area esaminata); sul mercato della produzione di beni e servizi (per es., sul livello di produttività delle imprese o sulla localizzazione delle attività economiche); sul mercato immobiliare (per es., sulla dimensione degli immobili e sui prezzi delle abitazioni); sul mercato del lavoro (per es., sul livello di occupazione, sulla dimensione e la tipologia della forza lavoro, sulle paghe orarie degli occupati).
In particolare, per quanto riguarda la previsione dei flussi di domanda e delle prestazioni delle infrastrutture (che dipendono dai carichi sulle reti) si ricorre a un modello di localizzazione delle attività socioeconomiche; a un modello di domanda di viaggio; a un modello di carico della rete (fig. 2).
I modelli di localizzazione delle attività sono modelli che ‘spazializzano’ la popolazione e le attività economiche sul territorio, vale a dire distribuiscono un totale noto di residenti o addetti in un certo settore tra le zone in cui è suddivisa l’area di studio. Si tratta nello specifico di modelli comportamentali in cui in base al tipo di decisore (l’occupato che deve localizzare la propria residenza, o l’imprenditore che deve localizzare la sede della propria attività) si calcola per ogni zona la probabilità di essere scelta, in funzione dei fattori che condizionano questa decisione.
La scelta della zona di residenza dipende dalla distanza dal luogo di lavoro (o più in generale dal costo complessivo dello spostamento casa-lavoro); dall’accessibilità ai servizi pubblici (scuole, sanità ecc.) e privati (negozi, banche ecc.), dalla disponibilità e dal prezzo degli immobili. Le scelte localizzative di un’impresa dipendono, invece, da fattori legati alla posizione, che impattano sui costi di produzione aziendale, quali la distanza o l’accessibilità ai mercati o ai luoghi di vendita del bene o servizio prodotto; la distanza o l’accessibilità ai luoghi di acquisizione di beni e servizi necessari alla produzione; il prezzo e la dimensione degli immobili.
I modelli di domanda simulano le scelte di viaggio (per es., la scelta del percorso utilizzato per raggiungere una certa destinazione) degli utenti del sistema di trasporto. In tal modo, consentono di prevedere i flussi di persone (domanda di mobilità) che si sposteranno tra le diverse zone dell’area di studio, e le relative caratteristiche (modo, motivo dello spostamento, percorso e così via). Tali modelli si caratterizzano in base alle dimensioni di scelta che considerano. Il modello a quattro stadi, con riferimento a un determinato intervallo temporale, simula, per es., se effettuare o meno lo spostamento per un generico motivo, s; la destinazione, d; il modo, m, di trasporto (auto, treno, bus ecc.); il percorso, k, da seguire. Quattro sottomodelli permettono di prevedere nell’ordine (fig. 3): il numero medio di individui che si spostano da ciascuna zona di origine o per il motivo s, cioè do[s] (modello di emissione o generazione); la percentuale di utenti che, spostandosi da una zona o per il motivo s si recano nella zona di destinazione d, cioè p[d/os] (modello di distribuzione degli spostamenti); la percentuale di utenti che, spostandosi fra le zone o e d per il motivo s utilizzano il modo di trasporto m, cioè p[m/osd] (modello di scelta modale); la percentuale di utenti che, spostandosi fra o e d per il motivo s con il modo m, utilizzano il percorso k, cioè p[k/osdm] (modello di scelta del percorso). Il risultato sono le matrici origine-destinazione (OD) degli spostamenti per modo e i flussi sui percorsi della rete di trasporto.
I modelli di carico delle reti, a partire dai flussi di percorso, consentono di ottenere i flussi sui singoli elementi (archi) della rete. Esistono modelli dinamici che forniscono il flusso sugli archi per ciascun istante del periodo di simulazione considerato, attraverso la propagazione dei veicoli o dei viaggiatori sulla rete, e modelli statici che assumono una propagazione istantanea e forniscono il flusso medio nel periodo di riferimento (per es., l’ora di punta).
Dai flussi d’arco è possibile risalire ai costi sugli archi e sui percorsi. D’altra parte, i costi di percorso rientrano tra i fattori che influenzano le scelte degli utenti e che determinano i flussi di domanda sui percorsi e sugli archi della rete. Esiste, quindi, una reciproca dipendenza tra costi e flussi che si traduce in un problema di equilibrio, formalizzato e risolto dai modelli di assegnazione.
Un elemento di classificazione dei modelli di assegnazione è relativo alle ipotesi sui comportamenti di scelta degli utenti: nei modelli di scelta deterministici si assume che tutti gli utenti hanno un’esatta conoscenza dei costi dei percorsi alternativi e quindi scelgono il percorso di costo minimo, mentre nei modelli di scelta probabilistici o stocastici il costo del percorso è considerato una variabile aleatoria e quindi gli utenti si distribuiscono tra i vari percorsi secondo le relative probabilità di scelta.
Gli strumenti di supporto alle decisioni
Sono sempre più diffusi nella pratica professionale i sistemi di supporto alle decisioni (DSS, Decision Support Systems), che integrano in un unico pacchetto software i modelli di simulazione descritti in precedenza e gli strumenti di gestione elettronica dei dati. Le componenti di un DSS sono tre: un data-base in cui sono raccolti e aggiornati i dati e le variabili che caratterizzano il sistema in esame, con annesso un GIS (Geographic Information System) che consente di realizzare rappresentazioni cartografiche e georeferenziate dei risultati, tali da consentire un’immediata lettura e analisi ai decisori (tipicamente politici o non tecnici addetti ai lavori) e anche alla collettività; il sistema di modelli matematici che rappresenta le relazioni tra le variabili del sistema e simula il comportamento degli individui o le relazioni tra le variabili; un’interfaccia grafica utente (GUI, Graphic User Interface) attraverso la quale l’operatore ha accesso al data-base, può lanciare le simulazioni e può analizzarne i risultati attraverso grafici e tabelle.
Tali pacchetti offrono la possibilità di rappresentare in termini quantitativi uno scenario del sistema trasporti-territorio (attuale o futuro), attraverso variabili quantitative (indicatori) o carte tematiche, e consentono di effettuare simulazioni modificando opportunamente i parametri e i dati di input dei modelli. Essi stanno diffondendosi rapidamente. In Italia, uno dei DSS più complessi è quello in dotazione al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: il SIMPT (Sistema Informativo per il Monitoraggio e la Pianificazione dei Trasporti). Come risulta dalla figura 4, partendo dalla configurazione di uno scenario futuro di rete infrastrutturale e dei servizi di trasporto (scenario d’offerta) e utilizzando uno scenario di previsione macroeconomica e demografica, è possibile ricavare in output gli elementi che consentono di effettuare una valutazione ex ante del quadro dei trasporti: costi di realizzazione e costi operativi, proventi da traffico, impatti sugli utenti e sulla collettività (impatti ambientali, sicurezza, congestione e così via).
Prospettive di evoluzione
Nel prospettare l’evoluzione dei processi di pianificazione dei trasporti è opportuno tenere conto delle tendenze che ormai stanno caratterizzando lo sviluppo delle società postindustriali e che potranno condizionare le tipologie d’intervento (cosa pianificare) e il processo decisionale nel suo complesso (come pianificare).
Evoluzione delle tipologie d’intervento
Un primo fenomeno che occorre considerare è l’incremento dei costi medi del trasporto, sia quelli per gli utenti e i gestori sia quelli per la collettività: i primi sono dovuti all’aumento del prezzo del petrolio, nonché alla globalizzazione dei mercati e della produzione, fattori che hanno comportato un aumento della distanza media degli spostamenti; i secondi, al persistente uso di combustibili fossili che producono inquinamento ambientale e surriscaldamento del globo (effetto serra). Sebbene siano state proposte fonti energetiche rinnovabili (energia eolica, solare), nell’immediato futuro è difficile immaginare che tali fonti di energia alternative possano trovare grande spazio nel contesto economico internazionale. D’altra parte, però, l’utilizzo di combustibili fossili ai livelli di crescita attuali comporterebbe un insostenibile aggravio per le già critiche condizioni della Terra, con effetti ancora più evidenti sul clima. Sulla scia di una nuova sensibilità nei confronti dell’ambiente, c’è da aspettarsi quindi un irrigidimento delle politiche ambientali globali (anche nei confronti degli emergenti Paesi asiatici), i cui effetti ricadranno anche sulle politiche dei trasporti. Un esempio è il piano strategico per l’energia lanciato dalla Commissione europea per ridurre la dipendenza dal petrolio e favorire la sostenibilità ambientale, il cui primo passo è stato nel 2007 l’adozione del green paper intitolato Towards a new culture for urban mobility, nel quale, per affrontare la sfida energetica posta, s’individuano le strategie da perseguire in ambito urbano, laddove si concentra il 40% delle emissioni di gas serra per spostamenti su strada.
Per contenere i costi nel trasporto passeggeri su medie e lunghe distanze, è prevedibile un ridimensionamento delle tendenze di crescita del trasporto aereo (soprattutto di quello low cost) e uno sviluppo del trasporto ferroviario ad alta velocità. Analogamente, sulle brevi distanze si può prevedere uno sviluppo dei sistemi di metropolitane urbane e regionali. Un’ulteriore riduzione del costo unitario di spostamento si potrà ottenere adottando veicoli con capacità maggiore, per es., treni ad alta frequentazione (TAF), autobus regionali a doppio piano e aerei tipo Airbus 380 (in grado di trasportare fino a 850 persone). D’altra parte, per le merci è prevedibile uno sviluppo ulteriore del trasporto su container integrato ferro-nave per spostamenti di lunga percorrenza, e il raggiungimento di una migliore efficienza della distribuzione della merce in aree urbane e metropolitane, non più affidata agli autoveicoli tradizionali, bensì organizzata attraverso la canalizzazione delle spedizioni su arterie ferroviarie, fino a centri di raccolta periferici dai quali far partire poi la distribuzione capillare utilizzando mezzi a basso impatto ambientale.
Un secondo aspetto che va tenuto in conto è che la realizzazione di nuove infrastrutture diventa sempre più difficile, in primo luogo per scarsità di risorse finanziarie, ma anche per la diffusione crescente della cosiddetta sindrome NIMBY (Not-In-My-Back-Yard), ossia il fenomeno di opposizione alla realizzazione di nuove infrastrutture espressa dalle comunità locali nei territori su cui esse vengono realizzate.
Da una parte, dunque, l’aumento dei costi, dall’altra le maggiori difficoltà realizzative faranno sì che pianificare significherà anche ottimizzare e potenziare infrastrutture esistenti e non soltanto realizzare opere nuove. Ciò si potrà attuare, da una parte attraverso un utilizzo sempre più diffuso dei sistemi intelligenti di trasporto (ITS, Intelligent Transport Systems), ossia della tecnologia informatica e della comunicazione (ICT, Information and Communication Technology) applicata al settore dei trasporti, che consentiranno di migliorare le prestazioni dei sistemi di trasporto tradizionali, per es. attraverso il monitoraggio in tempo reale dei veicoli (telecontrollo) o fornendo informazione all’utenza, e di realizzare servizi più efficienti, per es. servizi di trasporto collettivo a chiamata. D’altra parte, si potranno rendere interoperabili le infrastrutture esistenti, in modo che siano utilizzabili da veicoli di tecnologie diverse, per es. ferrovie per rotabili con differenti caratteristiche (lunga, media e corta percorrenza).
Vi è infine da considerare un terzo aspetto riguardante lo sviluppo demografico delle società industrializzate, caratterizzato da un numero sempre crescente di anziani e da una sempre maggiore attenzione a temi sociali legati alla sicurezza. La nuova caratterizzazione demografica avrà un impatto anche sul settore dei trasporti, in quanto spingerà a progettare infrastrutture in grado di fornire servizi con prestazioni specifiche, per es. l’assistenza individuale durante lo spostamento, maggiore comfort alle fermate/stazioni e a bordo dei veicoli. La maggiore sensibilità per la sicurezza porterà a infrastrutture dotate di sistemi di prevenzione e/o di riduzione del rischio di incidenti stradali (si pensi al ‘sistema tutor’ utilizzato sulle autostrade) e ferroviari, ma anche di incidenti legati a fenomeni di delinquenza sociale e di vandalismo.
In sintesi, la pianificazione sarà dunque sempre più orientata verso le seguenti classi d’intervento: sviluppo di modi di trasporto a basso impatto ambientale, in particolare quelli ferroviari; sviluppo di modi di trasporto a ridotto costo unitario di esercizio, e quindi modi di trasporto collettivo a elevata capacità e possibilmente a guida automatizzata; potenziamento della sicurezza a bordo dei veicoli e ai terminali; potenziamento delle infrastrutture attraverso l’applicazione di tecnologie per un utilizzo ottimale (sistemi intelligenti di trasporto) e lo sviluppo dell’interoperabilità; offerta di servizi specifici per tipologie di utenti (per es., anziani, diversamente abili).
Evoluzione dei processi di decisione
Un ulteriore aspetto riguarda le possibili evoluzioni dei processi decisionali nella pianificazione delle infrastrutture di trasporto. Si è visto, infatti, che l’approccio razionale è basato su assunti che difficilmente si possono realizzare nella prassi degli attuali processi politico-amministrativi, caratterizzati da diversi decisori (stakeholders) e da un contesto istituzionale sempre più decentralizzato e condizionati da una burocrazia macchinosa e lenta, da un’opinione pubblica influente e da condizioni di emergenza sempre più frequenti. In siffatti processi non sempre è possibile relegare i politici ai soli compiti d’indirizzo strategico, evitando che essi abbiano anche ingerenza diretta nelle soluzioni per il raggiungimento degli obiettivi, né tanto meno individuare un unico centro decisionale, responsabile delle decisioni da prendere. Inoltre, sempre più spesso manca il tempo necessario per analizzare in maniera esaustiva il problema e per maturare le scelte evitando situazioni di emergenza.
È necessario dunque chiedersi se, viste le intrinseche difficoltà attuative del modello razionale, esso debba evolvere verso modelli più aderenti alla realtà. In tal senso, il riferimento ad altri modelli decisionali che tengano conto della complessità dei problemi e della pluralità di soggetti decisori può suggerire strumenti d’intervento più flessibili in grado di trasformare tali complessità e pluralità in opportunità, favorendo l’introduzione di meccanismi che consentano la cooperazione tra gli stakeholders e, inoltre, l’integrazione delle competenze diverse, accrescendo in questo modo il consenso intorno alle scelte.
Bibliografia
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