PIATTABANDA (fr. arc droit, o en platebande; sp. dintel plano; ted. gerader Bogen; ingl. straight arch)
L'apparenza di un sistema trilitico (elementi verticali sostenenti, elemento orizzontale sostenuto) si raggiunge in architettura, oltre che con la disposizione dell'architrave (v. architrave), con una disposizione costruttiva che, mentre raggiunge la stessa forma architravata di chiusura di un'apertura, si basa su un altro principio statico, quello dell'arco.
Consideriamo un solido omogeneo con asse orizzontale, appoggiato, anziché su due piani orizzontali, come nel caso dell'architrave, su due piani obliqui: su questi piani si determinano, in reazione al peso del solido, due forze Q: le componenti orizzontali di queste, q, q1, eguali e opposte, indicano che il solido in esame viene ad essere sollecitato da sforzi di compressione. Si determina quindi una condizione favorevole al trattamento dei materiali petrosi da costruzione, per loro natura più opportunamente assoggettabili alle azioni di compressione.
Le stesse considerazioni si ripetono se il solido viene suddiviso in una serie di prismi che abbiano due facce convergenti verso un punto dell'asse di simmetria, i conci delle strutture di pietra: ciascuno di questi trasmette l'azione del suo peso al concio adiacente, e la somma di queste azioni si annulla nel piedritto. Si ha, insomma, un comportamento uguale a quello di un arco, applicato a quello che può dirsi un arco in piano, avente per intradosso una retta orizzontale, cioè la piattabanda.
Le prime applicazioni di questo principio si trovano nelle architetture che hanno appunto adottato le strutture ad arco: quindi le etrusche e le romane: le prime di pietra e queste di pietra e laterizio. L'architettura romana ha dato il maggiore sviluppo alla piattabanda sia nelle costruzioni di pietra, sia in quelle di laterizio, ovunque occorresse chiudere aperture di porte, di finestre o incassi di nicchie ricavate negli spessori delle mura: ha inoltre utilizzato il principio della piattabanda negli ordini.
Esempî di ampie aperture piattabandate si hanno nel Colosseo: specialmente nelle gallerie di servizio dei sotterranei, dove si hanno strutture imponenti. Il recinto del foro di Augusto, nel suo apparecchio di pietra, mostra una serie di piattabande di travertino che si disegnano in chiaro sul ricorso grigio del paramento di peperino.
Le linee dei giunti sono portate a convergere tutte in un unico punto della mezzeria del vano che, secondo una regola praticata in architettura, è scelto in modo da formare un triangolo equilatero con i due punti estremi all'apertura del vano. Ad assicurare i possibili scorrimenti dei giunti si hanno, nell'architettura romana, conci foggiati a martello, come si vede, ad esempio, nel teatro d'Orange.
Questa particolarità si verifica frequentemente nella forma dei conci estremi della piattabanda.
Un'eccessiva inclinazione dei giunti determina spigoli troppo acuti: per ovviare a questa difficoltà esecutiva, si è in qualche caso proceduto a smussare gli angoli stessi. I Romani hanno costruito con il sistema della piattabanda anche gli architravi di ordini a colonne o a pilastri, adattando così le possibilità di resistenza dei loro materiali alla costruzione di ampî intercolunnî: se ne ha un esempio a Pompei e un altro alla Villa Adriana, a Tivoli, nel cosiddetto teatro marittimo. In questo caso ad ogni colonna sovrasta un concio a facce inclinate, che forma pulvino, e l'elemento intermedio a cuneo s'incastra tra i successivi pulvini: varî dispositivi a incastro assicurano i blocchi da possibili spostamenti.
Anche negli ordini classici, quando colonne a trabeazione inquadrano decorativamente l'arco, l'architrave è costruito in più blocchi formanti piattabanda: esempî se ne hanno nell'ordine del Tabularium, nel tempio della Fortuna Virile, nella porta Nigra a Treviri.
Il concetto costruttivo della piattabanda fu talvolta dai Romani utilizzato per scaricare l'architrave di un ordine: la cornice grava sulla piattabanda; mediante i due pulvini ne trasmette il peso sulle colonne, scaricando l'architrave da ogni peso (soluzione della trabeazione del tempio dei Castori). Il concetto passò in altre forme dell'architettura medievale romana.
La piattabanda apparisce, analogamente, in unione con l'arco, il quale compie questo lavoro di alleggerimento dei carichi destinati a essere sopportati dalla piattabanda (anfiteatro di Verona, teatro di Ferento, ecc.). Ciò avviene nelle strutture di laterizio come in quelle di pietra e questo dispositivo, strutturale e decorativo insieme, si continua in varie forme in tutte le architetture, dalle romane alle romanico-gotiche e a quelle del Rinascimento.
In queste specialmente, nei varî sistemi dei bugnati, le piattabande che chiudono superiormente vani di porte, di portici, hanno soluzioni decorative variate: tali nei palazzi cinquecenteschi romani, di carattere bramantesco e raffaellesco (palazzo Vidoni, palazzo Costa, palazzo Niccolini, palazzo Cicciaporci).
L'architettura moderna, nella sua tendenza ad aumentare gli interassi dei sostegni, e nella necessità di alleggerire spessori e sezioni strutturali, associando materiali diversi, e non potendo d'altra parte rinunziare a riferirsi alle forme classiche nell'interpretazione di nuovi temi architettonici, ha costruito piattabande di grande ampiezza: ma non ha potuto attuare la forma a piattabanda col semplice principio primordiale che si è sopra indicato, e ha dovuto provvedere ad associare i conci di pietra disegnanti la forma a piattabanda con strutture sussidiarie di ferro, disposte a collegare e a sostenere i varî blocchi della piattabanda (esempî tra i più notevoli si hanno nel colonnato del Louvre del Perrault e nel Palazzo di giustizia di Bruxelles del Poelaert).