PIATTI, Piattino
Umanista-soldato milanese, nacque di famiglia patrizia intorno al 1442 e fu istruito da dotti maestri nelle lettere classiche. Entrato come paggio nella corte sforzesca, vi stette ben quindici anni; ma, caduto in disgrazia del duca Galeazzo Maria e imprigionato nel castello di Monza, non ne uscì che dopo lunghe sofferenze, che ritrasse efficacemente nel suo Libellus de carcere, la più fortunata delle sue opere, costituita di poesie latine in gran parte religiose. Liberato, fu prima alla corte di Ferrara e a Firenze; poi entrò come soldato al servizio del duca di Urbino e, poco dopo, a quello di Gian Giacomo Trivulzio, partecipando a più spedizioni militari. Morto intanto Galeazzo Maria (1476), poté t0rnare in Lombardia e vivere tra Milano e Garlasco (Pavia), sede abituale del Trivulzio, dove riprese a coltivare le Muse scrivendo con singolare facilità numerosi epigrammi ed elegie occasionali in latino. Rientrò anche nella corte sforzesca, ma non pare che Ludovico il Moro, così largo di protezione con gli artisti e con gli eruditi del tempo, vedesse di buon occhio il P. Dopo il 1500 questi, deluso nelle sue speranze, si ritirò definitivamente a Garlasco, dove aprì una scuola pubblica di eloquenza e visse gli ultimi anni della sua vita, fra i diletti della campagna e le cure editoriali dei suoi scritti. Morì poco dopo il 1508: figura simpatica di umanista, ma non molto diversa, moralmente, da quelle di tanti poeti cortigiani della fine del Quattrocento.
Ediz.: Libellus de carcere, Milano 1483, 1484 e altre due edizioni del sec. XV, s. a.; Straburgo 1513; Epigrammatum et elegiarum libri duo, Milano s. a. e 1502, 1508, 1568; Epistolarum libri duo, ivi 1506, 1521; Epistolae ad magnum Trivultium cum tribus orationibus et uno Dialogo, ivi 1506.
Bibl.: A. Simioni, Un umanista milanese: P. P., in Arch. stor. lombardo, 1904, pp. 5-50, 226-301.