piazza televisiva
loc. s.le f. La televisione come luogo di incontro e scambio attraverso il quale si contribuisce a formare l’opinione pubblica e a ottenerne il consenso.
• Ci sarebbe però anche da domandarsi, e [Fabrizio] Tonello non lo fa, se anche la sinistra, con la sua «piazza» televisiva non abbia alterato il discorso pubblico, creando nuovi conformismi e forme di leadership non dissimili da quelle alimentate dal berlusconismo. (Guido Moltedo, Europa, 22 maggio 2012, p. 8, Cultura) • I candidati hanno seguito tutti un copione noto e sono stati in questo molto bravi tutti, compreso l’escluso [Gianni] Pittella. [Matteo] Renzi doveva dosare un discorso da piazza televisiva con l’esigenza di conquistare la platea dei funzionari e l’ha fatto con maestria: la convenzione (o la circonvenzione) del Pd gli è riuscita benissimo. Gianni Cuperlo si è confermato per quello che è, la versione più nobile e intelligente della declinante sinistra europea, dunque può promettere al popolo suo soltanto una sconfitta bella. (Curzio Maltese, Repubblica, 25 novembre 2013, p. 1, Prima pagina) • E allora, ammette, personalizzare il referendum «è stato un errore, io partivo dal presupposto di dare un messaggio di serietà e responsabilità. La mia carriera politica è meno importante della riforma istituzionale». Fatto il mea culpa sulla pubblica piazza televisiva, però, Renzi torna alla carica: «La riforma costituzionale porta 500 milioni di euro di risparmi. Noi stiamo togliendo il giochino dei rimborsi ai partiti, dal Pd ai Cinque stelle. Chi vota Sì toglie questo meccanismo. Qui chi vota No, vota la Casta», dice. (Roberta D’Angelo, Avvenire, 23 settembre 2016, p. 8, Attualità).
- Composto dal s. f. piazza e dall’agg. televisivo.
- Già attestato nella Stampa del 15 marzo 1986, p. 21, Spettacolo, Cultura e Varietà (S. R.).