PICCA (fr. pique; sp. pica; ted. Pike, Spiess; ingl. pike)
Arma d'asta, costituita da una lunga e robusta asta di legno terminata da un ferro a punta aguzzo; assomigliava perciò alla lancia, ma ne differiva per l'uso, poiché la lancia era propria della cavalleria, la picca della fanteria.
Secondo alcuni autori, la picca fu usata ab antico in Italia (Guglielmotti); anzi, fino dall'epoca romana. Il De Chesnel scrive che adoperavano la picca gli Egizî, gli Ebrei e i Persiani; ma sono da attribuire meglio tali armi, quali appaiono nei monumenti figurati, alla categoria della lancia. E per quanto si riferisce ai Romani, essi usarono bensì una specie di picca, ma fu arma da getto e prese il nome più appropriato di pilo (v.).
Altri autori, dicono invece che essa sia stata portata in Italia soltanto dagli Svizzeri, i quali, poveri di cavalli, per poter resistere agli uomini d'arme tedeschi a cavallo, rimisero in uso un'ordinanza analoga alla falange macedonica e la sarissa e con quest'ordinanza e con quest'arma tennero intrepidi ogni campo opponendosi a ogni più numerosa e forte massa di cavalli.
Certo è che già nel Medioevo e nel Rinascimento la picca era ritenuta arma nobilissima, atta a combattere la cavalleria da vicino, e solo alla fine del sec. XVII non venne più adoperata, quando cioè divenne generale l'uso della baionetta. Secondo il Machiavelli la lunghezza della picca doveva essere di 9 braccia (m. 5,247) e secondo Montecuccoli 15 piedi (m. 7,845) e oltre. L'asta era per lo più di frassino. Oltre a essere arma da battaglia, la picca fu anche arma da parata, di distinzione di grado, d'uso per guardia d'onore e simili. E così per il Settecento e anche fino ai primi anni dell'Ottocento si trova alla corte dei principi di Savoia: ce ne rimangono molti esemplari nell'Armeria e nel Museo d'artiglieria di Torino. In Francia, durante la Rivoluzione, i volontarî che facevano servizio di guardia civica in Parigi erano armati di picca, e per un certo numero di anni, anche sotto l'impero, l'ebbero i sottufficiali incaricati della guardia della bandiera. Tali picche erano terminate da un ferro di lancia e da uno spuntone a becco di corvo (v. figura, n. 3).
Finalmente ebbero picca i sergenti bombardieri dell'esercito sardo (v. figura, n. 4), ma essa serviva anche come buttafuoco, per attaccarvi cioè la miccia e dare fuoco ai pezzi d'artiglieria.
La picca si piantava nell'attesa del combattimento, si teneva cioè dritta col calciolo appoggiato a terra, presso il piede destro; si alzava per porsi in atto di offendere o di difendersi, il che si diceva anche inalberare la picca; si portava di sbieco quasi traverso al petto ed era segno d'onore; si portava piana, cioè sulla spalla, camminando in fazione; si presentava avanti o indietro, cioè se ne abbassava la punta al petto dell'avversario, così nel caricare come nel ritirarsi; si abbassava, quando si poneva in atto di dare la carica e si fermava la punta addosso all'avversario o al cavallo; si strascinava impugnandone la punta e tirando il resto dietro di sé ed era segno di grave lutto, di ambascia e di disfatta. Ma nella marcia per lutto, accompagnamento di feretri e simili funzioni, si portava la picca con la punta verso terra.
Infine, alzare la picca sopra il capo era segno di resa.
Passare per le picche era frase imperativa del comandante, esecutiva della compagnia, passiva del condannato, e valeva ordinare l'uccisione, eseguirla, e soffrirla, passando tra due file di picchieri ciascuno dei quali feriva per uccidere chi fosse condotto a tal passo (Guglielmotti).
Picca a fuoco fu chiamata un'arma complessa di transizione, consistente in una mezza picca che si aggiungeva all'estremità anteriore della canna dei fucili e vi si fissava con un dispositivo a molla, per usare l'arma da fuoco come arma da asta; e talvolta invece della mezza picca si adoperava una sciabola o una spada. Fu il primo passo verso la baionetta o fucile a baionetta.