piede (piè; pè)
È vocabolo ricorrente con varia frequenza in tutte le opere del D. canonico; non ricorre mai nel Fiore e nel Detto.
La variante grafica appiè, adottata dal Moore per If VII 130, XX 62, Pg V 94, VIII 57, XII 34, Pd IV 131, non è mai stata accolta né dalla '21 né dal Petrocchi, che le hanno preferito le grafie al piè o a piè; viceversa, in Cv III III 4 l'edizione di Oxford leggeva a piè de monti, mentre la '21, il Busnelli e la Simonelli hanno dappiè monti; infine, in luogo della lezione quindi fermammo i piedi a randa a randa, accettata dall'Aldina, Crusca, Foscolo e '37 per If XIV 12, la '21 e il Petrocchi hanno restituito quella firmammo i passi.
In prosa, su quella tronca prevale la forma piena ‛ piede ' o ‛ piedi ', presente in Vn XIV 8 e in quasi tutti gli esempi del Convivio; unico caso di troncamento è lo piè di IV XVIII 5, dove il vocabolo ha il senso estensivo di " base del fusto " aereo di un albero.
In poesia è abbastanza frequente la forma ‛ piede ', anche in rima. Unico caso di troncamento, in rima, è Pg XXXIII 8 l'altre vergini dier loco / a lei di dir, levata dritta in pè (in piè nella '21); la forma ‛ pè ' è documentata anche in altri testi toscani del tempo: Ristoro d'Arezzo " tale a pe e tale a cavallo " (in Monaci, Crestomazia 416, r. 192); R. Canigiani " se con alcun di loro il pè t'annodi " (in Tommaseo, Dizionario); e si veda anche Rohlfs, Grammatica § 82.
Fuori di rima prevale il troncamento. Al singolare ‛ piè ' è l'unica forma attestata per la locuzione prepositiva ‛ al piè di ' e quando la parola seguente inizia per consonante; per eufonia esterna è preferito ‛ piede ' avanti a parola che comincia per vocale (If XIV 110, Pg V 99, XXVIII 54 [due volte]). Meno netta è la distinzione per il plurale: ‛ piè ' ricorre sempre nella locuzione a piè di ' ed è la prevalente avanti a consonante; si ha ‛ piedi ' in tutti i casi in cui segue una parola che inizia per vocale e, in alcuni esempi, anche avanti a consonante.
La frequenza più alta si ha dunque nell'Inferno (60 volte, contro le 38 del Purgatorio e le 17 del Paradiso). Questa differenza è ovviamente dovuta al fatto che dannati, diavoli e spiriti penitenti hanno aspetto corporeo; nel suo valore più immediato il vocabolo è anzi avvertito come tipicamente ‛ comico ', e quindi adoperato in più larga misura nei canti orientati in quel senso: If XIX 23 Fuor de la bocca a ciascun soperchiava / d'un peccator li piedi; XXI 33 quanto [il diavolo] mi parea ne l'atto acerbo / con l'ali aperte e sovra i piè leggero!; e così in XII 82 e 125, XIX 64, 79 e 81, XXI 36, XXIII 52, XXXII 78, Pg XII 124, XXI 11 (ma negli ultimi tre esempi nel vocabolo, riferito ai p. di D., ogni intenzione ‛ comica ' è evidentemente assente).
La stessa prevalenza si ha quando è usato a proposito di animali: If XVII 50 non altrimenti fan di state i cani / or col ceffo or col piè, quando son morsi / o da pulci o da mosche o da tafani, e XXII 27; o anche per le zampe dei serpenti nella bolgia dei ladri: XXV 50 un serpente con sei piè (altri esempi ai vv. 52, 113 e 115). Estensivamente, anche qui con intonazione non comica, è applicato agli artigli degli uccelli predatori: Pg XIX 64 'l falcon.... prima a' piè si mira; e piè con artigli (lf XIII 14) hanno le Arpie. Per Pg IX 27 forse [l'aquila] d'altro loco / disdegna di portarne suso in piede, l'interpretazione corrente (" di portare la sua preda in cielo con gli artigli ") si fonda sull'analogia con la locuzione ‛ in mano ', cioè " con la mano "; ma è stato anche supposto (Chimenz, che riporta l'ipotesi ma senza accettarla) che ‛ in p. ' valga " ‛ in piedi, come siamo ', cioè, dritti ".
Il Veglio di Creta è tutto ferro eletto, / salvo che 'l destro piede è terra cotta (If XIV 110); in questo caso la derivazione biblica (Dan. 2, 33 " pedum quaedam pars erat ferrea, quaedam... fictilis ") esclude qualsiasi consonanza con il linguaggio comico. Ad altre componenti culturali del linguaggio dantesco si riallacciano i tre esempi del Purgatorio, nei quali il vocabolo ricorre a proposito di entità astratte personificate: XIX 8 la femmina balba, simbolo dell'avarizia, della gola e della lussuria, è sovra i piè distorta; anche qui la fonte è biblica (Prov. 7, 10-11 " occurrit... mulier ornatu meretricio / … quietis impatiens / nec valens in domo consistere pedibus suis "). S'ispirano invece alle tradizionali figurazioni delle costellazioni astronomiche o dei fenomeni celesti gli esempi di IV 139 cuopre la notte già col piè Morrocco, e VIII 135. Ma ancor più significativo, per cogliere il diverso tono poetico e linguistico delle tre cantiche, è l'esempio di Pd IV 44 la Scrittura condescende / a vostra facultate, e piedi e mano / attribuisce a Dio e altro intende, ampiamente chiarito da Agostino (In Genes. XVII " Omnes qui spiritualiter intelligunt Scripturas, non membra corporea per ista nomina, sed spirituales potentias accipere didicerunt "; e si veda anche Tomm. Sum. theol. I I 9, I III 1).
Qui può essere posto il caso di Pd XX 105: Rifeo e Traiano morirono Cristiani, in ferma fede / quel d'i passuri e quel d'i passi piedi; la sineddoche i piedi trafitti per indicare tutta la persona di Cristo si riallaccia agli analoghi traslati di IX 122-123 e XIII 40-42, dove la passione è rappresentata dalle ferite inferte nelle mani e nel costato di Gesù crocifisso.
Alcune volte è posto in relazione con altre parti del corpo: uno fra i traditori confitti nel ghiaccio di Cocito com'arco, il volto a' piè rinverte (If XXXIV 15); il sentiero che porta al primo balzo del Purgatorio è così ripido che e piedi e man volea il suol di sotto (Pg IV 33); analoghi esempi in If VII 113, XXVI 18, XXIX 75 (dove la locuzione dal capo al piè vale " per tutto il corpo "), Pg XIX 124. Non diversamente, il nuotatore subacqueo, riaffiorando alla superficie, 'n sù si stende e da piè [cioè nella parte inferiore del corpo] si rattrappa (If XVI 136).
Molto più frequentemente il termine ha riferimento preciso all'atto del camminare. Non è occasionale che anche in quest'accezione gli esempi più numerosi appartengano all'Inferno e al Purgatorio, là dove il viaggio di D., più concretamente che non in Paradiso, pur nella fictio poetica, si configura come uno spostamento reale attraverso uno spazio fornito di una sua consistente fisicità naturale.
Questa concretezza, attenta a cogliere con immediatezza le modalità del cammino compiuto, appare con più viva pregnanza espressiva negli esempi seguenti: If X 133 Appresso mosse a man sinistra il piede; XXIII 77 un... / di retro a noi gridò: " Tenete i piedi, / voi che correte sì per l'aura fosca!… "; XXV 89 Lo trafitto... / co' piè fermati, sbadigliava (ma in Pd XXII 51 li frati miei... dentro ai chiostri / fermar li piedi, vale " rimasero nel chiostro ", " non se ne allontanarono mai "); Pg III 59 anime, che movieno i piè ver' noi, e non pareva, sì venïan lente; XVII 61 Or accordiamo a tanto invito il piede, " assecondiamo, muovendoci celermente, il cortese invito dell'angelo "; XXVIII 34 Coi piè ristetti e con gli occhi passai / di là dal fiumicello; XXVIII 54 donna che balli / … piede innanzi piede a pena mette, " fa passi brevissimi ". E così pure in Rime LXXXIII 51, CXVI 40; If IX 104, XIV 74 e 75, XVI 27 e 32, XVIII 43, XXVIII 61, Pg III 10, IV 27, X 28 e 70, XIII 144, XV 136, XVII 84, Pd XXIV 126.
Un'esauriente storia di tutte le proposte esegetiche formulate su If I 30 (sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso) è stata compiuta da F. Mazzoni (Saggio, pp. 91-99); da parte sua il Petrocchi (ad l.) ha definitivamente confermato la validità della lezione tradizionale, dimostrando l'infondatezza della lettura sempre era più basso, anch'essa nota alla tradizione. Delle numerosissime interpretazioni (per le quali si veda anche Scartazzini, Enciclopedia I 772 ss.) sarà qui sufficiente riferire sinteticamente quelle che hanno ottenuto maggior credito, rinviando al lavoro del Mazzoni per un esame più particolareggiato come pure per la bibliografia. Un primo gruppo d'interpreti intende il verso in senso meramente letterale; fra questi, i più fra i critici moderni (Venturi, Lombardi, Tommaseo, Casini-Barbi, Del Lungo, Vandelli, Sapegno, Mattalia, Chimenz) aderiscono alla chiosa del Boccaccio, unico tra i commentatori trecenteschi a non dare un'interpretazione allegorica del passo (" Mostra l'usato costume di coloro che salgono, che sempre si ferman più in su quel piè che più basso rimane "). Altri, invece (Andreoli), ritenne che il piè fermo rimanga sempre il più basso solo quando si cammina in piano e non quando si sale; né mancò chi (A. Buscaino-Campo; L. Filomusi Guelfi) dette a fermo il valore del latino firmus, cioè di " destro ", deducendone che, se il p. destro era il più basso, D. camminava per costa, tagliando il pendio da sinistra a destra. Un secondo gruppo d'interpreti chiosa il verso in chiave psicologica, vedendovi l'espressione dello stato d'animo di D.; per questi esegeti D. si muoverebbe in piano, ma con poca vigoria (Andreoli) o in salita, ma con paura e lentezza (Fraticelli, D'Ovidio, Porena, Sapegno) o, al contrario, correndo (Torraca). Tutti i commentatori antichi, con la sola esclusione del Boccaccio, ritennero invece che il verso, più che descrivere la via seguita da D., ne esprimesse la condizione morale e spirituale. La dichiarazione più perspicua di questo gruppo d'interpreti risulta dalla chiosa di Pietro. Questo, dopo aver avvertito che il verso è allegorico, si richiama a un passo di s. Agostino (Enarr. in Ps. IX 15 [Migne XXXVI 124] " Pes animae recte intelligitur amor; qui cum pravus est, vocatur cupiditas aut libido; cum autem rectus, dilectio vel charitas "), per dedurne che, se il piè fermo sul quale D. più si fermava, era il più basso, ciò vuol dire che, delle due inclinazioni naturali, amor e cupiditas, presenti nell'animo del poeta, quella alla quale egli maggiormente aderiva era, appunto, la più bassa, la peggiore (" Igitur ad propositum, pes auctoris, idest affectio, in quo magis adhuc firmabatur, erat infirmior, quod adhuc ad infima terra relicta aliquantulum magis inclinabatur... et sicut claudus ibat "). Secondo questa interpretazione, accolta, fra gli altri, dal Grabher e dallo steso F. Mazzoni, D., nel suo avviarsi verso il colle della beatitudine, è ancora impacciato dal peso degli appetiti terreni. Per completezza espositiva si può infine aggiungere che il Mazzoni, accogliendo l'ipotesi formulata da F. Freccero, identifica il piè fermo nel sinistro, sull'autorità di un passo di Alberto Magno (Anim. II 13 " Omne animal... naturaliter habet praeponere pedem dextrum... pes autem sinister stabilior et firmior est ").
Altre volte è prevalente l'idea che i p. sono a immediato contatto con il terreno su cui posano: l'arena della Libia fu da' piè di Caton già soppressa (If XIV 15; cfr. pure XXXIV 116). Questo valore espressivo appare anche più evidente quando ricorre la locuzione ‛ sotto i p. ': lf XXXII 23 vidimi davante / e sotto i piedi un lago che per gelo / avea di vetro... sembiante; XII 30, Pg IV 51. La stessa locuzione ha invece significato diverso in lf XXXII 17 noi fummo giù nel pozzo scuro / sotto i piè del gigante assai più bassi; qui essa indica che D. e Virgilio vengono a trovarsi a un livello più basso di quello su cui posano i p. di Anteo, o per effetto dell'inclinazione di Cocito verso il centro (Scartazzini-Vandelli) o perché il gigante sta con i p. piantati su un alto gradino o sulla sommità di una scarpata (Sapegno). Può indicare anche che l'osservatore si trova a grande distanza da un corpo celeste, ma in posizione eminente rispetto a questo: Pd XXII 129 rimira in giù, e vedi quanto mondo / sotto li piedi già esser ti fei; lf XXIX 10, Pd XXVII 87.
Con chiaro valore metaforico: Cv IV XXIV 15 naturalmente vedemo ciascun figlio più mirare a le vestigie de li paterni piedi che a l'altre, " seguire più l'esempio del padre che non quello di altri "; e così pure in Pd XII 116.
Preceduto da preposizioni, entra in locuzioni che talvolta hanno valore avverbiale.
‛ Ai p. ' può valere " sul terreno " o, secondo il contesto, " verso il terreno ", là dove i p. poggiano: lf XXI 86 e' si lasciò cascar l'uncino a' piedi; XXXII 41 volsimi a' piedi, e vidi due dannati confitti nel ghiaccio; e così III 68. Altre volte si dice di persona seduta in basso rispetto ad altra: Cv IV XVII 10 Maria... a' piedi di Cristo sedendo, nulla cura del ministerio de la casa mostrava; Cv I I 10 e 13, Pd XXXII 5; ‛ gettarsi ai p. di uno ' è anzi atto di omaggio, di sottomissione (Pg IX 109 Divoto mi gettai a' santi piedi, e 129; in Rime LXIII 3 e LXXXIV 13 l'espressione è in un contesto figurato) o anche di disperazione e di supplica (If XXXIII 68 Gaddo mi si gettò disteso a' piedi). Anche Stazio, in segno di reverenza massima nei confronti di Virgilio, s'inchinava ad abbracciar li piedi a lui (Pg XXI 130); la fonte è Act. Ap. 10, 25 " obvius venit Petro Cornelius et procidens ad pedes eius adoravit ", ma la parola indica per estensione le caviglie o la parte inferiore delle gambe (e si veda anche Pg VII 15 umilmente ritornò ver' lui / e abbracciòl là 've 'l minor s'appiglia). Il gusto fiorito delle artes dictandi suggerì l'uso metaforico di analoghe locuzioni: Cv II VII 5 questo pensiero... se ne gia spesse volte a' piedi del sire di costoro... ch'è Iddio; Pg XXXII 106 io... tutto ai piedi / d'i suoi comandamenti era divoto, ero del tutto disposto a ubbidir umilmente ai comandi di Beatrice; e così in Rime LIX 11 e LXXXVI 8, Cv II Voi che 'ntendendo 16.
‛ A piede ' vale " camminando ", senza usare cavallo o altro mezzo di trasporto: Pg V 99 arriva' io forato ne la gola / fuggendo a piede e sanguinando il piano; l'uso del singolare, in luogo del plurale ora consueto, è largamente attestato nella lingua del tempo, ad esempio da Novellino LXXVI (in Segre-Marti, Prosa 863-864).
Con il significato di " dritto ", " in posizione eretta ", si ha il singolare in rima (lf XXXIV 94 " Levati sù ", disse 'l maestro, " in piede... "; Pg XXXIII 8 levata dritta in pè; e si veda anche IX 27, già citato), il plurale nel corpo del verso: If XVIII 132 or s'accoscia e ora è in piedi stante.
I p. lasciano nel terreno le tracce che indicano la via da seguire; di qui il significato di " orma " che il vocabolo assume in Pg V 62 quella pace / che, dietro a' piedi di sì fatta guida, / di mondo in mondo cercar mi si face.
Il termine entra anche in locuzioni figurate tratte dal linguaggio familiare: Pd XIII 112 E questo ti sia sempre piombo a' piedi, " t'insegni a procedere con cautela e circospezione "; è qui ripreso, sotto altra forma, l'ammonimento svolto da G. Guinizzelli nel sonetto Omo ch'è saggio non corre leggero, e da Pd V 73 Siate, Cristiani, a muovervi più gravi; che il piombo ai p. sia, metaforicamente, sinonimo di ponderazione, risulta tra l'altro da Pataffio 3 " E co' calzar del piombo sta in cagnesco ", e G. Morelli Cronica 239 " Se ti curasse bene e tu vegga di poterlo servire, fallo, ma vavvi su co' calzari del piombo " (in Tommaseo, Dizionario, sub v. ‛ piombo '). Per Cv IV II 5 qui non è da trapassare con piede secco ciò che si dice in ‛ tempo aspettare ', il Busnelli interpreta " quasi saltando sopra un fossato, senza affondarsi un pochino nella dichiarazione di ciò che è tempo aspettare " (Le dolci rime 9): per un'esatta definizione dell'uso interessa ricordare che la locuzione fu usata in forma quasi identica dall'Ottimo (a lf IV 51): " Ora passeremo con piede asciutto perché ella [la filosofia] si dipigne in forma di femmina ". Appartengono ugualmente al linguaggio familiare, con esempi anche nel Boccaccio, le locuzioni di Pg XVIII 121 tale ha già l'un piè dentro la fossa, e quelle analoghe di Vn XIV 8, Cv IV XII 11 (per l'attribuzione a Seneca del passo, cfr. la nota di Busnelli-Vandelli), che valgono " essere prossimi alla morte ".
Molto più frequentemente la metafora del p. è applicata ai moti o alle attività dell'anima, secondo un uso di sicura origine biblica (Ps. 72, 2 " Mei autem paene moti sunt pedes, / paene effusi sunt gressus mei "), né è privo di significato che questo traslato ricorra solo nel Paradiso e in un luogo del Purgatorio di chiara intonazione dottrinale: Pd III 27 il tuo püeril coto / ... sopra 'l vero ancor lo piè non fida, ma te rivolve, come suole, a vòto; Pg XVIII 44 s'amore è di fuori a noi offerto / e l'anima non va con altro piede, / se dritta o torta va, non è suo merto; e così pure in Pd III 33, V 6, VI 22, XXI 99, XXII 74.
Negli usi analogici non si differenzia da quelli tuttora consueti. Indica la base del fusto aereo di un albero o di un cespo d'erba: If XIII 142 raccogliete... [le mie fronde] al piè del tristo cesto; Cv IV XVIII 5, Pg XXXII 50, Pd I 25. Anche in senso figurato: Pd IV 131 Nasce... a guisa di rampollo, / a piè del vero il dubbio, ben chiarito dal Mattalia: " il dubbio è un elemento vitale, come è la giovane pianta che rampolla ai piedi della vecchia "; analogamente; Cv IV VII 3 pericolosissima negligenza è lasciare la mala oppinione prendere piede, cioè " attecchire come una mala pianta ".
È riferito alla radice di un monte o al punto del terreno in cui ha inizio un pendio ripido: Pg XXI 36 'l monte... tutto ad una / parve gridare infimo a' suoi piè molli; If XII 55 tra 'l piè de la ripa ed essa [la riviera di Flegetonte], in traccia / corrien centauri; XVIII 8, Pg X 23. In quest'accezione compare prevalentemente nelle locuzioni prepositive ‛ a piè di ' o ‛ al piè di ': cfr. If I 13, VII 108, XVII 134 (ripetuta: al piè al piè de la stagliata rocca), XX 62, XXIV 21, Pg III 46, VIII 57. A qualche incertezza ha dato luogo l'interpretazione di Pg V 94 a piè del Casentino / traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano: il Porena osserva che " oggi la denominazione di Casentino si estende fino ad Arezzo; allora giungeva fino a Bibbiena, onde Buonconte può dire a piè del Casentino ".
Ricorre sempre nelle locuzioni ‛ a piè ' o ‛ al piè ' anche quando indica la base di una struttura architettonica (torre, castello, ponte) a sviluppo prevalentemente verticale: Rime CXVII 5, If IV 106, VII 130, VIII 2, X 40, XXVIII 127, XXIX 25, Pg XII 34; e vada qui anche Pd XV 20 a piè di quella croce corse un astro.
Due volte indica l'unità di misura di lunghezza: Cv IV VIII 7 a la più gente lo sole pare di larghezza, nel diametro, d'un piede; altro esempio nello stesso paragrafo.
Nel De vulg. Eloq. D. parla di ‛ pedes ' quando nella prima frase musicale delle due della stanza della canzone, distinte dalla diesis, si ha ripetizione. Per la struttura dei p. nella stanza della canzone dantesca, v. CANZONE; STANZA.
Bibl. - Per If I 30, ampia bibl. in F. Mazzoni, Saggio di un nuovo commento alla D.C.-Inferno, Canti I-III, Firenze 1967, 7-8, 91 ss.; in particolare, saranno da vedere: F. D'Ovidio, Il piè fermo, in Nuovi studi danteschi, in Opere, II II, Napoli 1932, 129-151; A. Buscaino Campo, Sul piè fermo, in Studi danteschi, Trapani 1894, 7 ss., 235-237; L. Filomusi Guelfi, L'allegoria fondamentale del poema di D., in Nuovi studi su D., Città di Castello 1911, 30-31; J. Freccero, Dante's Firm Foot and the Journey without a Guide, in " Harvard Theological Review, " LII (1959) 245-281.
Per Pg V 94 si vedano Bassermann, Orme 75-79, 93-100, 102; F. Vivaldi, Fantasie di un lettore soligno, in " L'Alighieri " I 2 (1960) 49-56 (rist. col titolo Bonconte e Fonte Branda, in Qualche segreto della D.C., Firenze 1968, 7-17).