PIEDE
. Metrica. - Termine della metrica quantitativa. Noi intendiamo per piede l'elemento metrico più piccolo raggiungibile all'analisi: l'individuo o l'atomo ritmico. Il termine originario significava evidentemente battuta. Ogni battuta deve avere un'arsi e una tesi. La tradizione metrica più antica chiama piedi (oltre a serie indecomponibili come il gliconeo e il docmio, che noi chiameremo più facilmente versi) il dattilo, lo ionico (a minori e a maiori), il coriambo, il cretico, il peone, il baccheo, lo spondeo, ma sotto il nome di anapesto, trocheo (o coreo), giambo, intende ciò che noi ora diciamo dipodia o meglio metro, perché membri anapestici, trocaici, giambici, sono sempre in numero pari; e che la dipodia formi un'unità è mostrato per trocaici e giambici anche dal trattamento diverso delle sedi pari e dispari (qui la metrica latina innova, uguagliando le due metà). Ma noi sogliamo (e già molti degliantichi solevano chiamare piedi anche figure metriche derivate dai veri piedi per soluzioni, allungamento irrazionale, catalessi, sincope, anaclasi, insomma qualunque breve serie ritmica abbia un valore fra i tre e gli otto tempi primi, anche se essa non abbia esistenza per sé, o sia anzi, considerata in sé, un'assurdità ritmica come la serie di due brevi, pirrichio, che non può avere né arsi né tesi. Tali piedi (in senso improprio) sono di due sillabe: lo spondeo --, il pirrichio ⌣⌣, il trocheo -⌣; di tre: l'anfibrachi ⌣-⌣, il palimbaccheo --⌣, il tribrachi ⌣⌣⌣, il molosso ---; di quattro sillabe: il proceleusmatico ⌣⌣⌣⌣, l'anti-spasto ⌣--⌣, l'epitrito -⌣--.
Bibl.: O. Schröder, Nomenclatore metricus, Heidelberg 1929, p. 38; Westphal-Rossbach, Griech. Metrik, 2ª ed., Lipsia 1868, II, p. 111 segg. (molto costruttivo).