PIENE (fr. crues; sp. avenidas; ted. Hochwässer; ingl. floods)
Lo studio statistico delle osservazioni giornaliere dei livelli o delle portate dei corsi d'acqua ha permesso di definirne i tre stati caratteristici: di magra (assoluta e ordinaria), di morbida e di piena (ordinaria e assoluta). Lo stato di piena ordinaria si ha quando il livello (o la portata) raggiunge o supera in una sezione quel valore che nell'anno medio ha la durata di dieci giorni; la piena assoluta o eccezionale è il più alto livello (o la maggiore portata) che in quella sezione è stato raggiunto in un lungo periodo di tempo.
Molte volte le piene, quando il livello delle acque supera le sponde degli alvei o le creste degli argini, producono l'inondazione delle terre circostanti che, tranne rare eccezioni (Nilo), ha effetti rovinosi.
Sono note in Italia le piene del Tevere, specialmente quelle avvenute prima della costruzione delle opere di protezione progettate dopo l'inondazione del 1870 e il cui ricordo ci è stato tramandato dalle lapidi, tuttora esistenti sulla facciata della chiesa della Minerva e in altri luoghi di Roma; quelle del Po che pur con le opere di contenimento hanno anche di recente posto in serio pericolo tutta l'ubertosa pianura lombarda; quelle dell'Adige; quelle dell'Arno che fanno talvolta temere per le bellezze artistiche di Firenze e di Pisa.
Fuori d'Italia sono da ricordare le inondazioni prodotte in Cina dalle piene del Fiume Giallo che nel 1931 fece migliaia di vittime nella regione di Han-k'ow: la piena del Mississippi dell'aprile 1927 che inondò diecine di migliaia di kmq. facendo diverse centinaia di vittime; quella dell'Ohio del marzo 1913 che distrusse oltre 400 ponti e fece più di 500 vittime. Nel marzo 1930 il S. e il SO. della Francia furono inondati dalle piene della Garonna e dei suoi affluenti che distrussero oltre 3000 case con varie centinaia di vittime umane.
Per il Tevere a Roma dalle osservazioni giornaliere del settantennio 1822-1891 la piena ordinaria sarebbe definita dall'altezza idrometrica, a Ripetta, di m. 13,50 mentre la piena eccezionale sarebbe stata quella celebre del 28 dicembre 1870 che raggiunse il livello di m. 17,22 e inondò la città.
Le piene eccezionali non hanno nessuna periodicità e si possono seguire a brevi intervalli o ricorrere a distanze secolari; la piena ordinaria ricorre generalmente ogni anno.
Una piena è sempre un fatto idrologico abbastanza complesso sia nella sua genesi sia nel suo sviluppo. Nella grandissima maggioranza dei casi è prodotta o da piogge eccezionali cadute nel bacino imbrifero o da scioglimento rapido di nevi o da ambedue le cause insieme. Nelle regioni dove i corsi d'acqua gelano, le formazioni di ghiaccio possono occludere anche completamente gli alvei (embâcle) impedendo il deflusso delle acque che a monte possono salire a livelli talvolta più elevati di quelli raggiunti dalle piene eccezionali; lo scioglimento rapido dei ghiacci (débâcle) può produrre, a valle, piene catastrofiche.
Le piene dovute alle piogge si hanno principalmente nei corsi d'acqua delle regioni a clima tropicale o temperato i cui bacini non abbiano estese zone ad altitudini elevate; esse avvengono generalmente nella stagione piovosa, ma possono ricorrere anche in altre stagioni e in estate se la regione è attraversata da cicloni. Le piene per scioglimento di nevi si hanno specialmente nelle regioni a clima continentale o dove i bacini sono ad altitudine molto elevata, e avvengono generalmente in primavera-estate quando cioè la temperatura dell'aria aumenta; queste piene si producono con maggiore regolarità, essendo più regolare il fenomeno climatologico predominante che le origina. Piene dovute ad ambedue le cause si hanno invece nei corsi d'acqua il cui bacino si estende in regioni a clima diverso o di cui una parte importante è ad altitudine elevata.
Nel bacino del Po gli affluenti del versante sinistro hanno piene dovute principalmente a scioglimento di neve, mentre in quelli del versante destro sono prodotte quasi esclusivamente da piogge; il Po ha quindi piene autunnali-invernali e piene primaverili-estive.
Sulla formazione delle piene influiscono principalmente: la natura dei terreni che costituiscono il bacino imbrifero e la vegetazione; le condizioni orografiche e l'idrografia del bacino; lo stato del suolo al momento in cui cadono le precipitazioni che dànno origine alla piena (condizioni preparatorie); la distribuzione delle piogge nel'bacino e nel tempo; le condizioni del tempo durante lo svolgersi del fenomeno.
I terreni d'un bacino imbrifèro si comportano rispetto alle piogge o come impermeabili o come permeabili; l'acqua che cade sui primi scorre interamente (salvo piccole perdite per assorbimento e per evaporazione) sulla loro superficie, pervenendo dopo brevissimo tempo agli alvei; nei secondi, a meno che i versanti non abbiano forte pendenza, penetra in gran parte attraverso interstizî o spaccature nel loro intermo, immagazzinandovisi. A parità d' ogni altra condizione, le piene dei corsi d'acqua a bacino impermeabile saranno più brevi e più elevate in confronto a quelle d'un bacino permeabile e, mentre le prime riprodurranno quasi fedelmente l'andamento delle precipitazioni che le hanno prodotte, nelle seconde si avrà sempre un certo sfasamento fra i due fenomeni.
Circa la vegetazione, è ormai assodato che il bosco, quando occupa una parte sufficientemente estesa del bacino, può influire con un'azione moderatrice a ridurre le altezze di piena, prolungandone la durata; ma se le precipitazioni sono molto intense questa azione è molto ridotta e talvolta nulla.
Le condizioni orografiche influiscono sia per l'azione che il rilievo ha sulla formazione delle precipitazioni, sia perché le forti pendenze degli alvei e dei versanti facilitano il defluire dell'acqua negli alvei favorendo la formazione della piena. Ancora più importante è l'influenza della conformazione idrografica, in quanto in un bacino a forma, p. es., circolare, con affluenti della stessa importanza che convergano pressoché in uno stesso punto, si avrà, nell'ipotesi d'una distribuzione uniforme delle precipitazioni, una piena pressoché contemporanea in ognuno di essi e, nel collettore, una piena che sarà all'incirca uguale alla somma di quella degli affluenti; viceversa se il bacino è di forma allungata e le confluenze sono convenientemente distanziate lungo il collettore, sempre nell'ipotesi suddetta, si avranno ancora piene contemporanee nei singoli affluenti ma che, pervenendo al collettore in tempi diversi, non potranno sommarsi.
Se al sopraggiungere di piogge, anche eccezionali, il terreno è asciutto per prolungata siccità o per il persistere di temperature elevate o anche se il terreno è arato, non si avranno in genere piene di grande importanza; ma se le dette piogge seguono invece a un periodo di forte e prolungata piovosità per cui il terreno è completamente imbibito si avranno, anche con piogge d'intensità non rilevante, piene eccezionali.
Queste condizioni, dette preparatorie, hanno avuto una grandissima importanza sulla genesi delle piene che nel marzo 1930 causarono le ricordate disastrose inondazioni nel S. della Franeia.
La distribuzione delle precipitazioni, sia sulla superficie del bacino imbrifero sia nel tempo, ha pure una grandissima influenza. Nei torrenti con piccolo bacino imbrifero basta una pioggia breve e violenta concentrata in un punto qualsiasi per produrre piene disastrose; nei bacini di maggiore estensione dove in genere è necessaria una precipitazione più estesa, essa potrà distribuirsi in varî modi e avere una maggiore concentrazione sia nelle parti più a monte sia in quelle a valle del bacino; si potrà inoltre verificare che il centro di maggior piovosità si sposti durante la piena da monte a valle o viceversa. La condizione più pericolosa si ha quando il centro di maggior piovosità si sposta da monte a valle seguendo nel tempo la propagazione della piena. Possono infine influire le condizioni climatologiche, nel senso che, mentre un aumento repentino della temperatura dell'aria può anticipare lo scioglimento di nevi e aumentare così il deflusso, un abbassamento può invece provocare precipitazioni nevose influendo allora beneficamente sulla piena; un forte vento in direzione contraria al moto dell'acqua può, specie nei tronchi inferiori dei grandi corsi d'acqua a debole pendenza, ostacolare il moto delle acque producendo, a monte, rigurgiti dannosi.
Se si riportano in un piano cartesiano in ascisse i tempi e in ordinate i livelli (o le portate) osservati di ora in ora o di giorno in giorno in una sezione d'un corso d'acqua, e si uniscono i punti individuati con un tratto continuo si ha il diagramma di piena che, anche per una stessa sezione, risulterà diverso da piena a piena; vi si potranno però distinguere sempre tre fasi caratteristiche: la fase ascendente, cioè il periodo durante il quale i livelli dallo stato normale salgono, più o meno rapidamente e più o meno regolarmente, al valore più elevato detto colmo; la stanca, ossia il periodo durante il quale il livello si mantiene nel colmo o in prossimità di esso; e infine la fase decrescente, durante la quale i livelli vanno decrescendo per ritornare alle condizioni normali; il tempo T che intercorre fra l'inizio dell'ascesa e il ritorno al livello di partenza rappresenta la durata della piena. Nella fase ascendente i livelli aumentano più rapidamente che non diminuiscano in quella decrescente e, se il diagramma della piena si divide in due parti con una verticale passante per il colmo, anche la durata viene divisa in una parte t1 precedente il colmo e in una t2 che lo segue, che è sempre maggiore della prima. Si chiama tempo di corrivazione il tempo che intercede fra il momento della massima intensità di pioggia e quello del colmo; se la precipitazione è uniforme nel bacino, e di durata uguale a quella occorrente a una particella d'acqua per andare dal punto idraulicamente più lontano del bacino alla sezione del corso d'acqua che si considera, il tempo di corrivazione è uguale a t1. Se si esaminano i diagrammi delle piene dei corsi d'acqua più disparati, si vede che possono sempre ricondursi alle forme tipiche della fig.1; il tipo A è caratteristico dei corsi d'acqua a bacino impermeabile di superficie limitata e di piene formate da piogge brevi e molto intense; il B di corsi d'acqua più importanti con bacini prevalentemente permeabili e piene formate da piogge prolungate o prodotte da scioglimento di nevi. Nei corsi d'acqua con una rete idrografica più complessa, anche i diagrammi di piena sono più complessi con più colmi separati da brevi periodi di decrescenza (tipo C) dovuti o alla non contemporaneità delle piene negli affluenti o alla non uniformità delle precipitazioni.
Gli alvei, specie dei grandi fiumi, costituiscono invasi talvolta grandiosi che regolarizzano gli andamenti delle piene, diminuendone anche la portata nelle sezioni vallive. Lungo un corso d'acqua il colmo di piena si propaga nel tempo da monte a valle (fig. 2) con una velocità che è sempre inferiore a quella della corrente media nell'alveo ordinario. In questa propagazione l'altezza del colmo va abbassandosi aumentando però la durata della piena e, se nel tratto di propagazione non vi sono apporti di affluenti importanti, anche la portata del colmo va diminuendo; il tempo che intercorre fra il raggiungimento del colmo in una sezione e quello in una sezione più a valle si chiama tempo di traslazione dell'onda di piena il quale, ove non intervengano fatti locali, è pressoché costante per ogni piena di uguale livello. Questa constatazione ha fatto sorgere la possibilità della previsione delle piene, cioè prevedere, con un certo anticipo, quale sarà il livello (o la portata) che potrà essere raggiunto in una sezione del corso d'acqua, in base a quello osservato in una sezione a monte.
La portata di massima piena di un corso d'acqua interessa particolarmente i tecnici, ma la sua determinazione non è sempre facile e nella maggior parte dei casi occorre contentarsi di valori più o meno approssimati dedotti da formule empiriche. La misura diretta con strumenti idrometrici è il più delle volte impossibile per la rapidità con cui sopravvengono le piene e più specialmente per l'impetuosità della corrente; se è possibile trovare un tronco d'alveo nel quale si possa ammettere l'esistenza del moto uniforme e vi si possano misurare con una certa approssimazione le pendenze del pelo d'acqua, si può ricorrere anche alle formule dell'idraulica che, se applicate con criterio, dànno sempre risultati sufficientemente attendibili.
C'è un'infinità di formule empiriche per il calcolo della portata di massima piena, valevoli per determinati corsi o gruppi di corsi d'acqua o per particolari regioni; una, che ha avuto maggiore diffusione, è quella di Yszkowski:
dove H è l'altezza, in metri, della precipitazione annua media nel bacino; m un coefficiente che varia con la superficie del bacino, diminuendo col crescere di questo; k altro coefficiente che tiene conto delle condizioni morfologiche, dell'altitudine, della vegetazione e della natura dei terreni del bacino imbrifero; Ω la superficie del bacino in kmq.
Per i corsi d'acqua italiani il Giandotti dà la seguente formula:
dove H è l'altezza in metri della precipitazione media sul bacino nel periodo della piena; ψ la superficie del bacino in kmq.; h l'altitudine media in m.; V un coefficiente variabile da o,20 a 0,30 e crescente col diminuire di Ω; L la lunghezza del corso d'acqua.
Il Forti dà ancora per i corsi d'acqua italiani la seguente formula:
la quale fornisce il valore della massima piena riferita a un kmq. di bacino imbrifero (portata specifica o unitaria); pone a = 3,25 e b = 1 per i bacini con precipitazione giornaliera massima superiore a 400 mm., a = 2,35 e b = 0,25 per quelli con precipitazione giornaliera non inferiore a 200 mm.
Questa formula è stata ricavata elaborando i valori delle portate specifiche di molti corsi d'acqua italiani con bacini da pochi kmq. a parecchie migliaia; tali portate vanno diminuendo col crescere della detta superficie. Analoga indagine è stata compiuta dal Sirchia per i corsi d'acqua della Sardegna.
In base a misure dirette il Servizio idrografico italiano dà, nella tabella a p. 198, le portate di massima piena verificatesi nei periodi segnati a fianco d'ogni corso d'acqua; da queste, con procedimenti di interpolazione è facile risalire alle portate delle massime piene assolute.
Fra le portate di massima piena di corsi d'acqua non italiani ricorderemo quella del Rodano alla confluenza con la Durance, di 13.000 mc./sec.; del Danubio a Vienna, 13.850 mc./sec.; del Reno a Colonia, 11.000 mc./sec.; del Volga a Samara, 61.000 mc./sec.; dell'Ohio, 40.000 mc./sec.; del Mississippi a Wicksburg, 70.000 mc./sec.; infine dell'Amazzoni che, in grande piena, può raggiungere quasi 200.000 mc./sec.
Nelle bonifiche interessa in modo particolare il calcolo della portata di massima piena dei tributarî dei collettori delle acque alte dovendo in base a questa assegnare le dimensioni dei canali; il problema è stato particolarmente studiato in Italia e sono stati proposti metodi e formule che hanno origine da quella ben nota del Turazza (v. bonifica).
Per eliminare o almeno per ridurre i dannosi effetti delle piene, sono stati escogitati varî mezzi di protezione fra cui i più importanti e più diffusi sono le arginature e i serbatoi artificiali. Con le arginature, che si costruiscono lungo il corso d'acqua, ad opportuna distanza dall'alveo ordinario, si viene a costituire un alveo di esondazione ben limitato, nel quale le acque possono espandersi liberamente senza però superare mai la cresta dell'arginatura (arginature insommergibili). Questo sistema presenta però varî inconvenienti e il suo uso è tuttora discusso dai tecnici. Infatti, per la riduzione dell'invaso e della sezione di deflusso che ne consegue, si producono rialzamenti dei livelli di piena nel tratto arginato, rialzamenti del fondo per maggiore deposito di materie trasportate dall'acqua che costringe a continui sovraelevamenti delle creste arginali; inoltre, data la difficoltà di stabilire la portata di massima piena, è oltremodo difficile assegnare l'altezza degli argini e la distanza a cui debbono porsi.
Una rottura d'argine produce danni sempre maggiori in confronto a quelli prodotti da una piena non arginata: è celebre, a questo proposito, la rottura degli argini del Tibisco che nel 1879 devastò la città di Szeged in Ungheria.
Nelle arginature longitudinali s'inseriscono talvolta tratti sommergibili opportunamente rinforzati attraverso i quali le acque possono tracimare per versarsi in zone predisposte per essere sommerse (zone di espansione).
Le arginature longitudinali insommergibili sono state usate in Italia per difendere la pianura lombarda dalle piene del Po; sono stati costruiti km. 2374 di argini che difendono un comprensorio a coltivazione intensa, abitato da oltre un milione di persone e dell'estensione di 6930, kmq. Gli argini sono alti da 6 a 9 m. e posti a distanza variabile da 500 a 4500 m. Il Tibisco è anch'esso protetto da argini che nel 1908 avevano una lunghezza complessiva di km. 3299 e difendevano kmq. 2600 di pianura fertilissima. Il Mississippi è arginato dalla confluenza con l'Ohio fino al mare con una lunghezza complessiva di argini di km. 2400 (1908).
Con i serbatoi artificiali vengono costituite, sbarrando le valli, grandi capacità d'invaso, mediante le quali si possono ridurre le altezze di piena a valle. Questi serbatoi si collocano generalmente negli affluenti dove è più facile trovare località adatte, ma non devono essere troppo lontani dal punto che si vuole difendere, perché il ritardo che producono nell'onda di piena può talvolta essere dannoso. L'uso di tale sistema di protezione, che ha dato anche risultati brillanti, è legato alla possibilità di poter realizzare tali invasi ciò che non è sempre facile. Esso è stato particolarmente applicato in America; nel bacino del Miami (Ohio) sono stati costruiti cinque serbatoi per una capacità di oltre un miliardo di metri cubi ed altri ne sono stati studiati per abbassare le piene del Mississippi.
Si sono volute attribuire al diboscamento molte delle piene eccezionali o una maggior frequenza di esse negli ultimi anni; ma sebbene non vi sia dubbio che il diboscamento, compiuto talvolta in modo vandalico, abbia contribuito a rendere più irruenti i corsi d'acqua, non è detto che il rimboschimento possa impedire le piene; anzitutto allo stato attuale sarebbe impossibile rimboschire completamente i bacini imbriferi e inoltre, quando le piene sono prodotte da rovesci d'acqua d'eccezionale intensità, l'azione del bosco è pressoché nulla.
L'abbassamento delle piene si può anche ottenere con gli accorciamenti d'alveo (drizzagni) e con i diversivi; l'uso di questi ultimi è però ora meno consigliato.