PARAVIA, Pier Alessandro
– Nacque a Zara il 15 luglio 1797 da Giovanni, colonnello della Repubblica veneta, e da Anna Zech-Missevich, originaria di Corfù.
Ancora fanciullo, si trasferì con la famiglia a Venezia e nel 1807, rimasto orfano di padre, fu iscritto al liceo-convitto di Santa Caterina, dove rimase otto anni. Tra il 1813 e il 1815, dato il suo spiccato interesse per i libri, svolse l’incarico affidatogli di riordinare e catalogare i numerosi volumi dell’istituto, confluiti prevalentemente dalle biblioteche conventuali, dismesse in seguito alla soppressione degli ordini religiosi.
Poco più che decenne, villeggiando a Postioma (Treviso), conobbe Giuseppe Monico, erudito arciprete divenuto suo mentore e amico, che lo guidò negli studi determinandone in gran parte la formazione. Paravia, studioso infaticabile e appassionato, sottopose fin da giovanissimo i suoi numerosi scritti a Monico, grazie al quale entrò anche in relazione con Angelo Dalmistro, Giuseppe Bianchetti, Lorenzo Crico e altri letterati facenti capo all’Ateneo trevigiano.
Intenzionato ad assicurarsi una solida carriera, nel 1815 si trasferì a Padova per studiare giurisprudenza all’Università, dove conobbe Antonio Rosmini e Niccolò Tommaseo, con i quali strinse una duratura amicizia.
Nel periodo padovano non cessò di dedicarsi alle lettere, come attesta l’aggregazione alle accademie degli Invulnerabili di Venezia e dei Granelleschi di Postioma (1815), nonché l’esordio da pubblicista con la collaborazione al Giornale dell’italiana letteratura di Padova. Oltre a incrementare la sua produzione saggistica, si cimentò nella poesia, riportando mediocri risultati. Esordì con A Dio. Sonetti sei (Treviso 1817), cui fecero seguito, oltre a componimenti apparsi in antologie e raccolte, Dodici sonetti di sacro argomento (Rovereto 1820).
Fermo assertore del classicismo, in linea con la temperie culturale del tempo, redasse diverse traduzioni, fra cui Alcone, ossia Del governo dei cani da caccia, poemetto latino di Gerolamo Fracastoro, recato in versi italiani (in Versione di un’egloga latina di Girolamo Fracastoro, Venezia 1817), Tre vite di Cornelio Nepote (in Giornale dell’italiana letteratura di Padova, XXI (1822), 57, pp. 255-272) e Le lettere di Plinio il giovane tradotte e illustrate (Venezia 1830-32) che, ripubblicate a Venezia nel 1837 nonché a Torino nel 1934 e nel 1956, ne consacrarono la fama di linguista. Nel 1819, associandosi a un’iniziativa dell’Ateneo di Treviso, intraprese anche la versione del primo libro dell’Eneide, di cui rimangono solo due ottave (in Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete, II (1822), 2, p. 19).
Appassionatosi precocemente alla questione della lingua, fu seguace di Antonio Cesari, pur apprezzando le posizioni di Vincenzo Monti, come attestano, fra i vari scritti in materia, Delle cause per le quali a’ nostri giorni da pochi dirittamente si adopera la bellissima italiana favella. Lettera ad Antonio Rosmini (in Giornale dell’italiana letteratura di Padova, XVIII (1819), 50, pp. 162 ss.), Di alcune osservazioni di lingua fatte sopra le ultime poesie di Lorenzo de’ Medici […]. Lettera a Giovan Jacopo Trivulzio (in Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete, IV (1824), 7, pp. 123-134), che gli valse i consensi di Cesari e Monti, e Di alcune osservazioni di lingua fatte singolarmente sopra l’ultima edizione della vita di Dante scritta dal Boccaccio. Lettera a Vincenzo Monti (n. 9, pp. 57-68, 113-118). Per gli ultimi due lavori ricevette le congratulazioni dell’Accademia della Crusca, della quale nel 1850 divenne socio.
Conseguì la laurea nel 1818 e, per provvedere al proprio sostentamento, fece ritorno a Venezia, dove, assunto dapprima negli uffici della Delegazione e successivamente in quelli del governo, rimase per quattordici anni. Contemporaneamente alle mansioni burocratiche, cui attese malvolentieri, continuò a pubblicare studi e versi, consolidando una notorietà attestata anche dalla fitta corrispondenza con letterati e scrittori quali Vincenzo Monti, Ippolito Pindemonte, Andrea Mustoxidi, Gino Capponi, Gian Pietro Vieusseux, Gian Francesco Galeani-Napione, Pietro Giordani.
Dal 1821 collaborò al Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete (noto come Giornale di Treviso), periodico letterario fondato in quell’anno da Giuseppe Monico. Dopo essersi adoperato presso gli uffici del governo per ottenere la licenza di pubblicazione, raccomandò invano a Monico, fin dal primo fascicolo, di non dedicare attenzione alla letteratura d’occasione, esortandolo a recensire opere più dotte al fine di sprovincializzare il periodico. Con il ritiro di Marco Mandruzzato e Antonio Cesari dalla direzione del Giornale (1822), cui seguì la cessazione della collaborazione di Niccolò Tommaseo (1824), Paravia aspirò a entrare in società con Monico e Giuseppe Bianchetti, anche se la sua condirezione non fu mai annunciata. Tuttavia si prodigò per ottenere un sussidio governativo che sopperisse alle difficoltà economiche del periodico. Benché nel 1825 Monico, nel programma editoriale per l’anno successivo, si dichiarasse disposto a presentare libri di maggior respiro, le prospettive locali del Giornale non variarono e nel 1828 Paravia interruppe la sua collaborazione.
Ben inserito nell’ambiente culturale veneziano, fu assiduo frequentatore dei salotti di Giustina Renier Michiel, Teresa Albrizzi Marcello, Antonietta Sofia Pola Albrizzi. Divenne anche socio di varie accademie: nel 1819 di quelle di Padova, degli Agiati di Rovereto, degli Unanimi di Torino, nonché degli atenei di Treviso e di Venezia; successivamente dell’Accademia dei Filoglotti di Castelfranco (1821) e dell’Accademia delle scienze di Torino (1826).
Dedito a studi biografici ed elogi, raccolse diversi materiali che, parzialmente destinati al suo progetto di una raccolta di vite di poeti contemporanei, mai pienamente concretizzatosi, furono pubblicati singolarmente. Ne fanno parte Memorie intorno alla vita e alle opere di Giuseppe Bartoli (in Sonetti di Giuseppe Bartoli, Padova 1818), Vita di Alfonso Varano (in Visioni di Alfonso Varano, Venezia 1820), nonché Notizie intorno alla vita di Antonio Canova (Venezia 1822), prima biografia apparsa dopo la morte dell’artista, modello di classicismo particolarmente caro all’ambiente veneto. Paravia, suo grande estimatore, se ne era già occupato nella relazione Viaggetto a Possagno. Lettera a Carlo de’ Rosmini (in Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete, II (1822), 2, pp. 11-25). Nonostante il riscontro delle Notizie canoviane, dimostrato dalla presenza di tre edizioni (due veneziane del 1822 e una romana del 1823), l’opera causò a Paravia il dissenso del dedicatario, Leopoldo Cicognara, che non lo citò nella sua Biografia di Antonio Canova (Venezia 1823).
Fra gli elogi figura l’orazione, recitata il 26 dicembre 1830, Per la inaugurazione del monumento eretto nell’atrio interno del gran teatro della Fenice in onore di Carlo Goldoni (Venezia 1831), in cui Paravia, oltre allo spiccato interesse per l’autore, prese a manifestare, nononostante l’estraneità all’attività politica, il proprio orientamento patriottico, tanto che dalla versione stampata dell’orazione furono censurati alcuni brani, poi riapparsi in Opuscoli vari (Torino 1837), dove confluì.
Stimato per la sua erudizione, nel 1832, a seguito della segnalazione di Gian Francesco Galeani-Napione, con il quale era in corrispondenza dal 1820, fu nominato alla cattedra di eloquenza italiana dell’Università di Torino dal re Carlo Alberto, incarico che mantenne per venticinque anni.
A fronte dell’influsso della retorica francese e delle tradizioni regionali sulle classi colte piemontesi, si prefisse di preparare i giovani a parlare e scrivere secondo lo stile italiano dei maggiori autori degli ultimi secoli. Benvoluto in ambito accademico per i meriti culturali e per l’indole equilibrata, si inserì appieno nell’ambiente torinese, stringendo amicizia con le famiglie Sclopis, Balbo, Lamarmora e con personaggi quali Cesare Saluzzo, Silvio Pellico, Giovanni Prati. Nel 1834 fu insignito della croce dell’Ordine mauriziano.
Con l’attività universitaria, resa più intensa dalle ulteriori nomine a professore di mitologia e storia all’Accademia di belle arti (1840) e di storia patria all’Università di Torino (1845), incrementò notevolmente la sua produzione, prevalentemente conservatrice date le sue posizioni classiciste e un innato senso della misura che lo tenne lontano da stravaganze ed eccessi. Fra le prolusioni accademiche figura Del sentimento patrio nelle sue relazioni con la letteratura (Torino 1839) che, unitamente alla successiva Orazione in occasione dei solenni funerali celebrati a onore e suffragio dei morti nella battaglia di Novara (Torino 1849), attesta come i suoi sentimenti patriottici, sempre congiunti ai principi cristiani, fossero progressivamente più presenti nella sua produzione, tanto da renderlo oggetto del controllo delle autorità austroungariche, benché ormai residente a Torino.
Oltre a trattati quali Del sistema mitologico di Dante (s.l. 1837) e Dell’epigrafia volgare (Torino 1850), pubblicò varie raccolte, fra cui: Discorsi accademici e altre prose (Torino 1843), dove appare il saggio Sopra il Torrismondo del Tasso, spunto di un bonario giudizio sul suo conto da parte di Giosuè Carducci (Il “Torrismondo” di T. Tasso, in Nuova antologia, gennaio 1894, pp. 5-34); Antologia italiana (Torino 1847) e Canzoniere nazionale (Torino 1849), antologie poetiche; Memorie veneziane di letteratura e di storia (Torino 1850), studi di critica storica e letteraria non appartenenti all’attività universitaria; Lezioni accademiche e altre prose (Zara 1851); Lezioni di storia subalpina (Torino 1851-54); Carlo Alberto e il suo regno (Voghera 1852), orazioni inaugurali degli anni accademici in lode di re Carlo Alberto; Lezioni di varia letteratura (Torino 1852-56); Memorie piemontesi di letteratura e storia (Torino 1853), brani e conclusioni di lezioni.
Tornato a Zara nel 1850, ricevette una calorosa accoglienza e avviò il progetto di istituzione di una biblioteca con la donazione dei propri volumi e ulteriori elargizioni da lui stesso sollecitate ad altri studiosi. Di lì a poco sorse a Zara la Biblioteca comunale Paravia, inaugurata nell’estate del 1857.
Paravia morì a Torino il 18 marzo 1857.
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