Pier da Medicina
Personaggio dell'Inferno, dannato fra i seminatori di scandali e di scismi nella nona bolgia (If XXVIII 73), non è stato ancora identificato con assoluta sicurezza, nonostante le indicazioni degli antichi commentatori e le ricerche dei più recenti studiosi. Contemporaneo di D., che dichiara di aver visto in su terra latina, nonostante un prudente dubbio retorico (se troppa simiglianza non m'inganna, vv. 71-72), viene caratterizzato fin dai primi commenti come istigatore subdolo e ingannevole di discordie: suo campo preferito dev'essere stata la Romagna messa contro Bologna (precisamente i tiranni e gentiluomini del contado romagnolo contro quelli della città: tale campo di azione di P. è confermato dagli accenni concordanti delle Chiose anonime edite dal Selmi, di Iacopo e del Buti).
Dal canto suo Benvenuto è molto diffuso e racconta sulla zizzania che P. riuscì a seminare, ricavando ricchi doni, fra Guido da Polenta, signore di Ravenna, e Malatesta da Verucchio, signore di Rimini, di volta in volta messi in guardia l'uno contro l'altro. Ancora secondo Benvenuto (Il 363-366) D. sarebbe stato ospite onorato della famiglia dei ‛ cattani ' (o signori) di Medicina, " villa grossa et pinguis inter Bononiam et Imolam " che avrebbe apprezzato come la più bella di Romagna, solo che vi fosse regnato un po' d'ordine.
Nel 1900 C. Pace propose d'identificare questo personaggio con Pier da Medicina dei Biancucci i quali, col titolo di cattani, tennero, nel sec. XIII, la signoria di Medicina; di lui si sa che nel1235 era giudice generale della Marca, nel 1250 podestà a Castelficardo (oggi Castelfidardo), e che fu spogliato dei suoi beni da Federico II. Ma questo Piero viene escluso, con processo indipendente, dal Brognoligo che, basandosi su un'indicazione del Gozzadini, propende per l'identificazione con l'altro Piero da Medicina, cioè Piero di Piero da Medicina; e da G. Zaccagnini, che, trovando quel Pier da Medicina già defunto in un documento del 1271 riferito a ‛ Petrus quondam Ayni de Medicina, nepos quondam domini Petri de Medicina ' (con vari documenti: 1271 due, 1272 due, 1277 uno), giunge alla conclusione che è proprio " Pier di Aino di Pier da Medicina l'odioso seminatore di discordie che un demonio ferisce di spada nella nona bolgia dell'Inferno ". Infine G. Livi propone d'identificarlo con un terzo Pietro, il cui figlio Fazio (cioè Bonifazio) fu qualificato come " forensis " a Bologna nel 1303.
Fra i quattro personaggi che si staccano nello scempiato carnaio della nona bolgia (insieme con Maometto, Mosca e Bertram dal Bornio), P. è dunque quello più distaccato da una radice storica solida a cui riferirlo per misurare le connotazioni che D. ha voluto imprimere al personaggio: parrebbe dar ragione, nella sua terrena imprendibilità, a quella linea esegetica che va dal De Sanctis al Fubini, secondo la quale " più che individui i personaggi di questo canto sono nomi, esempi ". P., al pari di Maometto che dedica due terzine a una profezia per fra Dolcino, dedica cinque terzine a una profezia per i due nobili di Fano, Guido del Cassero e Angiolello da Carignano, secondo la quale alla Cattolica saranno gettati fuori dalla nave, e mazzerati, chiusi in un sacco legato con una grande pietra, per tradimento d'un tiranno fello (vv. 80-81).
Sarà proprio Malatestino Malatesta a invitare i due nobili di Fano a venire a parlamentare con lui e poi a farli ‛ mazzerare ', tanto che non avranno bisogno di far voti e preghiere per scongiurare le conseguenze del fortunale suscitato dal vento di Focara, tra Rimini e Fano.
La Romagna, suscitatrice, sede, teatro di discordie passate, presenti e future, che non è, e non fu mai, / sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni (If XXVII 37-38), trova ín questo canto il coronamento di tutti gli accenni sparsi nella descrizione dell'ottava bolgia, a proposito di Guido da Montefeltro: con la figura di Curione, che spinse Cesare a varcare il Rubicone con il detto memorabile che D. assume da Lucano (XXVIII 98-99 'l fornito / sempre con danno l'attender sofferse; " semper nocuit differre paratis ", Phars. I 281), scatenando la guerra civile. Forse la retorica, l'artificio che pure esiste nelle varie transizioni degli argomenti toccati da P., è molto meno ingente di quanto sostengono vari lettori, come il Fubini, magari per una giusta pregiudiziale antipsicologistica.
Bibl. - C. Pace, P.: nota storica, in " Rivista Abruzzese " XV (1900) 364 ss.; G. Brognoligo, Un nuovo testo poetico volgare del Dugento, in " Biblioteca delle Scuole Ital. " IX (1902); V. Crescini, Il canto XXVIII dell'Inferno, Firenze 1907 (ora in Lett. Dant. 549-564); N. Zingarelli, Bertram de Born e la sua bolgia, in " Rivista d'Italia " XI (1908) II 689-714; G. Zaccagnini, Pernaggi danteschi in Bologna: P. da M., in " Giorn. stor. " LXIV (1914) 8-14; G. Ferretti, Il canto XXVIII dell'Inferno, Firenze 1917 (rist. in Saggi danteschi, ibid. 1950, 151-187); V. Rossi, Maometto, P. da M. e compagni nell'Inferno dantesco (1918), in Scritti di critica letteraria, I, Saggi e discorsi su D., ibid. 1930, 157-175; C. Ricci, Ore ed ombre dantesche, ibid. 1921, 28-29, 153-154; G. Livi, D. e Bologna, Bologna 1921, 196-203; C. Grabher, Su alcune interpretazioni del canto XXVIII dell'Inferno, in Studi letterari... in onore di E. Santini, Palermo 1956, 129-158; e le ‛ lecturae ' del c. XXVIII dell'Inferno di E. Soprano, Firenze 1959; M. Fubini, in Lect. Scaligera I 999-1021; F. Montanari, in Nuove lett. III 39-50.