PIER FRANCESCO di Bartolomeo di Donato di Filippo
PIER FRANCESCO di Bartolomeo di Donato di Filippo (Pier Francesco Fiorentino). – Attivo in Valdelsa e Valdarno, nacque a Firenze intorno al 1440 da Bartolomeo di Donato di Filippo.
Apprese il mestiere di pittore presso la bottega del padre, decoratore specializzato nella produzione di ceri, residente nel 1442 a Firenze in piazza S. Giovanni. Bartolomeo, nato nel 1390, abitava nel 1457/8 nel quartiere di Santa Croce, nel popolo di San Simone, dove si era trasferito, ed era ancora vivente nel 1469, come risulta dalla portata al Catasto di quell’anno, da cui apprendiamo anche che suo figlio Pier Francesco, che a quel tempo viveva con lui in famiglia a Ricorboli, nei pressi di Firenze, aveva venticinque anni ed era già sacerdote (Poggi, 1909, p. 67 nota 1; Colnaghi, 1928, p. 35). Sulla base di quanto dichiarato in quest’ultimo documento, fino ad oggi si è ritenuto di conseguenza che Pier Francesco fosse nato circa nel 1444. Le portate al Catasto del padre Bartolomeo trascritte da Jacobsen (2001) consentono invece di fissare la sua data di nascita intorno al 1440, essendo egli già registrato nella dichiarazione del 1442 insieme ai suoi fratelli.
Pier Francesco svolse la sua attività principalmente in Valdelsa, fra San Gimignano, Colle e Certaldo, città dove è probabile abbia esercitato anche la sua professione ecclesiastica, sebbene finora nessun documento sia emerso in proposito.
Cresciuto a contatto con le botteghe artistiche e artigiane attive in città, guardando alle opere di maestri come Neri di Bicci e Alessio Baldovinetti, Pier Francesco perfezionò la sua formazione artistica con Benozzo Gozzoli a San Gimignano (1464-67), negli affreschi della cappella maggiore della chiesa di S. Agostino dei frati eremitani, affiancando i discepoli documentati di Benozzo, attivi come lui negli stessi anni anche nel Tabernacolo dei Giustiziati di Certaldo: Giovanni della Cecca di Mugello, nipote del Beato Angelico, e Giusto di Andrea, che rimase con Benozzo fino al 1465.
Si può tentare di circoscrivere l’intervento di Pier Francesco negli affreschi di S. Agostino nel riquadro con la Scuola di Tagaste (Padoa Rizzo, 1973, p. 155), mentre nel Tabernacolo dei Giustiziati forse si può individuare la sua mano nella figura del Cristo risorto (A. Bernacchioni, in Padoa Rizzo,1997a, p. 93). Alla fine di quel decennio risale probabilmente l’intensa Crocifissione dipinta autonomamente dall’artista nei pressi di San Gimignano, nella chiesa di S. Lucia a Barbiano, suggestionata dalle opere contemporanee di Benozzo (L. Venturini, in Padoa Rizzo, 1997b, pp. 81 s.).
All’aprirsi degli anni Settanta si colloca la tavola con la Madonna e il Bambino fra i ss. Giovanni Battista, Lorenzo, Marco e Niccolò, nella chiesa di S. Maria in Canonica a Colle Valdelsa, dove si conserva anche un frammentario affresco con il Padre Eterno fra angeli, dipinti che mostrano come il pittore avesse assimilato elementi stilistici di maestri senesi come il Vecchietta (Santi, 1999; Cappelli, 2002).
Il 14 febbraio del 1475 è documentata la presenza di Pier Francesco al fianco di Domenico Ghirlandaio nella Collegiata di S. Gimignano, «per dipintura d’una volta della nave di mezzo co’ marmi da lato» (L. Venturini, in Padoa Rizzo, 1997b, pp. 77 s.).
L’intervento viene meglio precisato nel documento del 20 febbraio del 1477, dove risulta che Pier Francesco si era occupato di realizzare gli affreschi di carattere decorativo sopra le arcate della navata centrale e la parete interna della navatella a sinistra con volte stellate, finti paramenti marmorei intorno ad oculi, un fregio con putti e una serie di dodici Apostoli, due perduti, inseriti nei pennacchi delle arcate entro clipei a valva di conchiglia (ibid.).
Il suo primo dipinto su tavola databile è custodito nel Museo della Collegiata di Empoli, chiesa dalla quale proviene. Fu eseguito per la cappella di S. Guglielmo e raffigura la Vergine in trono col Figlio fra i ss. Matteo apostolo, Guglielmo eremita, Barbara e Sebastiano. Fu richiesto a “ser Piero Francisci pictor” da Antonio di Matteo de’ Ricci, come documenta il testamento di quest’ultimo del 27 luglio 1474 (Poggi, 1909; Paolucci, 1985).
Al 1477 risalgono la Madonna in trono fra Tobia e l’Angelo, s. Antonio Abate, s. Agostino e la donatrice (Anversa, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten) e la Madonna fra i ss. Giusto e Tommaso per la soppressa chiesa di S. Giusto a San Gimignano, richiesta dal domenicano Tommaso Cortesi, per il quale ne dipinse un’altra nel 1490 destinata alla cappella rurale di Monti, entrambe nel Museo civico di San Gimignano (L. Venturini in Padoa Rizzo, 1997b, p. 66). Nell’ottavo decennio del secolo si collocano anche la decurtata Madonna col Bambino fra i ss. Antonio Abate, Onofrio, Bernardino, Stefano, Caterina e Maddalena del Museo civico di arte sacra di Colle Valdelsa, proveniente dalla Arciconfraternita della Misericordia (Cappelli, 2002), e forse l’affresco con la Madonna in trono fra i ss Sebastiano e Lorenzo per la chiesa dell’antico Borgo San Lorenzo nelle vicinanze di Colle.
Nel 1483 Pier Francesco iniziò la sua attività di frescante per il palazzo pretorio di Certaldo, sede dal 1415 del vicariato della Valdelsa, carica imposta dalla Repubblica fiorentina che veniva rinnovata ogni sei mesi con il compito di controllare il territorio amministrando la giustizia. La prima opera, la lunetta con la Pietà fra s. Giovanni Evangelista e la Maddalena, risale al 1484, anno riportato sull’affresco ordinato dal vicario Alberto di Antonio di Niccolò degli Alberti. Alla volontà dello stesso vicario si può forse ricondurre anche l’affresco con Due Angeli che aprono un padiglione nella parte post-tergale dell’annessa chiesa di S. Tommaso. Questa composizione dai colori nitidi e luminosi, danneggiata nella parte centrale dall’inserimento di un tabernacolo, è un omaggio alla Madonna del Parto del cimitero di Monterchi di Piero della Francesca. Altrettanto rovinata e manomessa dall’inserzione di uno stemma più tardo è la lunetta del 1489 con la Madonna col Bambino in trono, commissionata dal vicario Puccio di Antonio Pucci. Nel 1490, per un altro vicario fiorentino, Paolo Morelli, dipinse nel cortile del palazzo un’Incredulità di s. Tommaso con il Cristo benedicente al centro e S. Girolamo penitente in estasi contemplativa, opera ben conservata, in cui è evidente la volontà di aggiornarsi sulle novità fiorentine: esplicito è il richiamo all’Incredulità del Verrocchio per Orsanmichele, mentre il S. Girolamo richiama la tavola di Piero del Pollaiolo in S. Agostino a San Gimignano, del 1483.
L’attività per il palazzo pretorio di Certaldo continuò anche nei primi anni Novanta, epoca a cui risalgono due affreschi frammentari nella sala del Vicario raffiguranti l’Elemosina di s. Martino e la Madonna in trono col Figlio fra s. Girolamo e s. Francesco, dei quali è ignota la dedicazione, essendosi rovinati nella parte inferiore.
Questi dipinti, che probabilmente facevano parte di un progetto figurativo unitario alludente alle virtù necessarie per ben governare, mostrano un carattere rustico e popolare, accentuato dalle pose rigide delle figure definite da un disegno incisivo e da colori cupi.
Nel 1495 il vicario Matteo di Niccolò Cerretani gli commissionò un’altra Madonna in trono con il Figlio nella camera dei Forestieri, parzialmente lacunosa, che rispecchia lo stile più personale del pittore, ancora immune dalle suggestioni botticelliane e peruginesche che caratterizzano i suoi esiti estremi (A. Bernacchioni, in Padoa Rizzo, 1997b, pp. 33-44).
Pier Francesco, oltre che per le istituzioni religiose e politiche, fu impiegato in opere strettamente legate alla devozione popolare del territorio. Fra la metà degli anni Settanta e la fine dell’ultimo decennio del secolo si collocano alcuni tabernacoli con immagini votive: uno, rappresentante la Madonna del latte, è conservato presso il santuario di Maria Ss. Madre della Divina Provvidenza a Pancole, nel comune di San Gimignano, un altro a Villamagna di Volterra, nell’oratorio della Madonna della Neve. Entrambi espressione del potere miracoloso del culto mariano, furono oggetto di speciale venerazione nel corso dei secoli.
A Volterra, che allora dipendeva dalla Repubblica fiorentina, dipinse nel 1490 per il capitano Giovanni di Francesco, forse appartenente alla famiglia Dini, una Crocifissione fra la Vergine, s. Giovanni Evangelista, s. Francesco e il Battista, in cima allo scalone che immette nella sala del Maggior Consiglio del palazzo dei Priori.
Dalla Valdelsa Pier Francesco si spinse in Valdarno intorno alla metà dell’ultima decade del secolo, epoca alla quale risale un suo soggiorno a Figline, testimoniato dall’affresco staccato nella chiesa di S. Francesco, raffigurante la Madonna in trono col Figlio fra i ss. Bartolomeo e Sebastiano, già nel chiostro sopra un antico sepolcro recante lo stemma del banchiere fiorentino Musciatto Franzesi.
L’opera fu commissionata dopo il 1494 dai confratelli della Compagnia della S. Croce di Figline, istituita alla fine del XIII secolo per venerare la reliquia della Vera Croce, donata al convento di S. Francesco dal Franzesi, che nel 1288 l’aveva ricevuta da Filippo il Bello di Francia. I discendenti di Musciatto Franzesi si trasferirono a Staggia e poi a San Gimignano in Valdelsa, pur mantenendo rapporti con Figline (A. Bernacchioni, in Arte a Figline..., 2013, p. 156). Questo potrebbe giustificare l’arrivo in Valdarno da parte di Pier Francesco.
In Valdarno Pier Francesco lasciò tracce del suo passaggio anche nel santuario di S. Maria delle Grazie di Malva (Loro Ciuffenna) con un tabernacolo affrescato, anch’esso oggetto della devozione popolare (Pons, in Arte a Figline..., 2013, p. 17). Raffigura la Madonna in trono fra s. Giovanni Battista e un santo papa, identificabile con S. Silvestro per la vicinanza con la chiesa di S. Silvestro ai Renacci di Loro Ciuffenna.
In questi anni realizzò probabilmente anche la Madonna col Bambino a mezza figura nella stanza della Torre del palazzo comunale di San Gimignano e la Madonna in adorazione del Bambino fra s. Francesco e s. Domenico, già nella chiesa di S. Francesco di Colle Valdelsa, ora nel Museo civico di San Gimignano, che colpisce per il paesaggio popolato da torri, case e città (Mennucci, 2010, pp. 132-134), e infine ciò che resta di un tabernacolo con la Madonna il Bambino e santi nella chiesa di S. Martino a Pontorme (Padoa Rizzo - Nannelli, 1985).
Nel 1494 firmò la pala d’altare con la Madonna in trono col Bambino e otto santi e il committente per la chiesa di S. Agostino a San Gimignano: “DIVO D(omi)NICO FR(ater) LAVRENTI(ius) BARTHOLI DICAVIT PETRUS FRANCISC(us) PREBYTER FLORENTIN(us) PINXIT 1494”.
Il prete pittore risulta ancora attivo nel 1497, data riportata su tre dipinti: la Trinità circondata da sei storiette, un frammentario Cristo in Pietà, entrambi nel Museo civico di San Gimignano, e la tavola firmata con la Madonna in trono fra i due Arcangeli, ora nella Pinacoteca di Montefortino (Ascoli Piceno), in cui cerca di adeguarsi alle novità del Botticelli e del Perugino. Dopo questa data non si hanno più notizie su Pier Francesco, la cui attività non dovrebbe essersi protratta nel secolo successivo.
Fu il Berenson (1900) ad ampliare il suo corpus riferendogli un cospicuo gruppo di dipinti con la Madonna e il Bambino, poi restituiti da Mason Perkins nel 1928 al cosiddetto Pseudo Pier Francesco Fiorentino, etichetta convenzionale che raccoglie opere riferibili a diversi artefici che lavorarono a Firenze nella seconda metà del Quattrocento, combinando modelli inventati da Filippo Lippi e dal Pesellino.
Fonti e Bibl.: B. Berenson, The Florentine painters of the Renaissance, New York - London 1900, pp. 132-134; G. Poggi, Una tavola di Pier Francesco Fiorentino nella Collegiata di Empoli, in Rivista d’arte, VI (1909), pp. 65-67; I. Vavasour-Elder, Spigolature di Val d’Elsa, in Rassegna d’arte, IX (1909), p. 160; G. Soulier, Pier Francesco Fiorentino pittore di Madonne, in Dedalo, VII (1926-1927), pp. 86-101; D.E. Colnaghi, Dictionary of Florentine painters. From the 13th to the 17th centuries, London 1928, pp. 35 s.; F. Mason Perkins, Nuovi appunti sulla Galleria di belle arti di Siena, in La Balzana, II (1928), pp. 183-203; R. Van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, XIII, The Hague 1931, pp. 428-458; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 448; A. Padoa Rizzo, Il percorso di Pier Francesco Fiorentino, in Commentari, n.s., XXIV (1973), pp. 154-175; Ead. - F. Nannelli, Pier Francesco Fiorentino a Pontorme, in Antichità viva, XXIV (1985), 1-3, pp. 27-30; A. Paolucci, Il Museo della Collegiata di Empoli, Firenze 1985, pp. 111 s.; A. Padoa Rizzo, Benozzo Gozzoli in Toscana, Firenze 1997a, p. 93; Ead., Arte e committenza in Valdelsa e Valdera, Firenze 1997b, pp. 33-44, 66, 77 s., 81 s., 94, 115; B. Santi, Un prete pittore in Val d’Elsa: Pier Francesco Fiorentino, in Gli ordini mendicanti in Val d’Elsa. Atti del convegno... (San Gimignano 1996), Castelfiorentino 1999, pp. 339-432; M. Cappelli, Artisti di “ieri” per le vie di Colle, in Bollettino della Società degli Amici dell’arte di Colle di Val d’Elsa, XVI (2000), pp. 5-12; W. Jacobsen, Die Maler von Florenz zu Beginn der Renaissance, München 2001, p. 514; M. Cappelli, Pier Francesco Fiorentino nelle parole del consocio Diego Balestri, in Bollettino della Società degli Amici dell’arte di Colle di Val d’Elsa, XIX (2002), pp. 10-17; D. Balestri, Riflessioni critiche su un dipinto attribuito a Pier Francesco Fiorentino nella Pinacoteca civica di Volterra, in Rassegna volterrana, LXXX-LXXXI (2003-2004), pp. 173-177; A. Mennucci, San Gimignano, Musei Civici, Palazzo Comunale, Pinacoteca, Torre Grossa, Cinisello Balsamo 2010, pp. 132-134; Arte a Figline. Da Paolo Uccello a Vasari (catal., Figline Valdarno, 2013-2014), a cura di N. Pons, Firenze 2013, pp. 17, 156.