TOSI, Pier
(Pietro) Francesco
– Figlio di Cristoforo e di Agata Dell’Osso, nacque a Cesena l’11 agosto 1654 (Dell’Amore, 2018, p. 57).
Nessuna parentela è dimostrata con il coetaneo compositore bolognese Giuseppe Felice Tosi, indicato come suo padre da Charles Burney (1789) e in seguito di norma ribadito come tale.
Nulla si sa circa la formazione musicale di questo cantante castrato, versato anche nella composizione. Se è vero che i libretti d’opera a stampa spesso omettevano i nomi dei cantanti, si desume del pari che al teatro egli preferì la camera e la chiesa, contesti che per il loro carattere ostacolarono l’accesso pubblico al suo lavoro e ne diradarono le relative attestazioni. Lo conferma anche il ricordo rimasto all’indomani della morte: «le più cospicue chiese d’Italia furono da questo degno soggetto servite» ed egli «passò in varie provincie d’Europa, ove in diverse corti di re e principi ne riportò applausi e doni inestimabili» (O. Penna, Cronologia, 1736, p. 296). Quanto al primo dei due asserti, Tosi fu cantore nella basilica di S. Agostino a Roma tra il 1667 e il 1677, indi nel duomo di Cesena – dovette allontanarsi per aver preso a bastonate, nel 1679, il maestro di cappella riminese Alessandro Grandi (Dell’Amore, 2018, p. 58) – e infine nel duomo di Milano tra il 1681 e il 1685. L’unica apparizione scenica certa fu nell’Odoacre di Giovanni Varischino dato a Reggio, nel teatro del palazzo comunale, durante la fiera del 1687: vi sostenne due parti di secondo piano; insoddisfatto per il compenso ricevuto dall’impresario, inferiore a quanto «promesso in Venezia», ebbe autorità o baldanza tale da appellarsi direttamente al duca, Francesco II d’Este (Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per Materie, Musica e musicisti, b. 1/B, cart. Tosi, Pier Francesco).
Il 17 marzo 1689 fu aggregato all’Accademia dei Filarmonici di Bologna, nella classe dei cantori, dopo essersi presentato come «musico attuale della Serenissima Repubblica di Genova» (ossia al servizio del doge nella cappella di Stato) e come «abitante in detta città»: il secondo consigliere lo introdusse come «virtuoso di grido e di posto riguardevole», «che fa il contralto» (altrove lo si dice, con minore attendibilità, soprano; per esempio in O. Penna, Cronologia, cit., p. 295) e «cognito per diverse operazioni fatte da lui in materia della virtù in diverse città»; gli accademici lo accolsero con quaranta voti favorevoli e uno contrario, dispensandolo dai «soliti mesi d’approvazione» (Verbali Accademia Filarmonica, pp. 275 s.; tra i primi affiliati dell’accademia vi fu anche il tenore Tommaso Tosi, anch’egli cesenate e forse un parente).
Nel 1693 era a Londra: il 6 aprile tenne un concerto in Covent Garden e il 2 novembre inaugurò agli York Buildings una serie di concerti settimanali, destinata a protrarsi nell’inverno successivo (J. Hawkins, A general history..., 1776, V, p. 5, e The London stage..., 1965; era forse già stato in Inghilterra sotto il regno di Giacomo II Stuart e vi tornò di certo altre volte: J.E. Galliard, Observations on the florid song, or Sentiments on the ancient and modern singers, London 1743, p. VIII, e J. Hawkins, A general history..., cit., V, p. 173). Nel 1701 era a Vienna, ove nella cappella imperiale di Leopoldo I d’Asburgo fu cantato il suo oratorio Il martirio di s. Caterina (libretto adespoto). Non più tardi del 1704 entrò al servizio di Giovanni Guglielmo II di Wittelsbach-Neuburg, conte palatino del Reno, come agente diplomatico a Genova, e nel 1705 anche a quello dell’imperatore Giuseppe I d’Asburgo, come compositore di corte (con l’elevata paga di 100 fiorini al mese; Köchel, 1869).
La doppia dipendenza fece di lui una spola tra la capitale ligure e la corte imperiale, e in faccia ai ruoli dichiarati lo tenne invariabilmente lontano da questioni musicali. I suoi compiti furono di scrutare l’indirizzo politico della Repubblica di Genova nel vivo della guerra di successione spagnola, di individuare i territori imperiali che la Repubblica aveva via via illecitamente annesso e di assicurare il transito della posta segreta tra le corti tedesche e quella dell’antiré Carlo d’Asburgo a Barcellona (Anzani, 2018). Pagò con una grave umiliazione la fedeltà ai suoi padroni, nonché la familiarità con la nobiltà genovese filoimperiale e con il conte Urbano Fieschi in particolare: nel 1707 fu esiliato all’improvviso da Genova, rincorso presso il confine, ricondotto nella capitale, accusato con un pretesto, verberato in pubblico e diffamato a Vienna (ibid.). Morto Giuseppe I e rientrato il successore Carlo VI da Barcellona a Vienna, tenne il ruolo di compositore di corte non oltre la fine del 1712; reclamò a lungo dal nuovo imperatore il compenso per i maneggi prestati (Durante, 2000, p. 19).
Al verosimile prosieguo dell’attività diplomatica si affiancò la stesura del trattato che lo assicurò alla memoria dei posteri: Opinioni de’ cantori antichi e moderni, o sieno Osservazioni sopra il canto figurato, pubblicato a Bologna, per i tipi di Lelio Dalla Volpe, sul finire del 1723. A garanzia dell’esperienza lì riversata, l’autore dichiarò: «I miei lunghi e raddoppiati viaggi mi hanno dato campo di fermarmi poco men che in tutte le corti d’Europa» (p. 92). Il libro riscosse l’entusiasmo, tra gli altri, del compositore Francesco Gasparini, in una lettera all’autore (Roma, 11 marzo 1724; Bologna, Museo della musica, P.141.22), e del contralto Gaetano Berenstadt, in una lettera al maestro Francesco Antonio Pistocchi (Londra, 19 maggio 1724; P.141.24). La tiratura ebbe però uno smercio difficoltoso, vista l’incerta e ristretta platea di destinatari. Un più diffuso interesse ottennero una traduzione olandese, curata da un ignoto (Korte aanmerkingen over de zangkonst, Leiden 1731), e soprattutto quella inglese di John Ernest Galliard (Observations..., cit.) e quella tedesca di Johann Friedrich Agricola (Anleitung zur Singkunst, Berlin 1757, a cura di Th. Seedorf, Kassel 2002), entrambe commentate: tutte giovarono all’inquadramento di arte e tecnica del canto all’italiana nelle rispettive aree linguistico-culturali. A Galliard e Agricola, nei testi di corredo, si devono inoltre più specifiche testimonianze sulle qualità artistiche di Tosi, apprezzato anche in età anziana per espressività, tecnica e intelligenza. Durante l’ultimo ed esteso soggiorno in Inghilterra, avvenuto intorno al 1727 e ribadito da un incontro con Johann Joachim Quantz, l’autore fu ospite di Charles Mordaunt, terzo conte di Peterborough, già attore di primo piano nella guerra di successione spagnola e conosciuto un ventennio addietro (J. Hawkins, A general history..., cit., V, p. 174, nonché la menzionata lettera di Berenstadt): le copie delle Opinioni destinate al mercato inglese furono allora dotate di una dedica a lui rivolta.
Nel rientrare in Italia attraverso le Fiandre, Tosi fu ordinato presbitero grazie all’intercessione dell’arciduchessa Maria Elisabetta d’Asburgo, governatrice dei Paesi Bassi austriaci: fatto «abbate della semplice abbazia dell’altare di Santa Maria» a Bruxelles (Archivio di Stato di Bologna, Atti dei notai del distretto di Bologna, Notaio Gioacchino Roffeni, ad diem 16 luglio 1732, n. 21), celebrò forse la prima messa nel santuario della Santa Casa di Loreto (O. Penna, Cronologia, cit., p. 296; lettera di Giulio Visconti Borromeo Arese a Tosi, da Bruxelles, 6 ottobre 1730; Bologna, Museo della musica, P.141.26). Dall’ottobre del 1730 a quello dell’anno successivo collaborò alla ricerca di cantanti destinati al servizio dell’elettore palatino Carlo III Filippo: propose in prima battuta i celebri soprani Francesca Cuzzoni e Carlo Scalzi, ma il principe «non ha occasione di far grand’opere, onde al presente non ne ha bisogno» (lettera di Pietro d’Alberti a Tosi, da Mannheim, 28 agosto 1731; ibid., P.141.32).
Visse i suoi ultimi anni tra Bologna, Modena e Faenza: è forse allora che lavorò a una revisione delle Opinioni, postillando una copia del libro (oggi irreperibile) per «ristamparlo con varie mutazioni, a fine di variare alcuni sentimenti, per aderire a varie oposizioni fattele da alcuni più eccellenti professori del suo tempo» (minuta di una lettera di Giambattista Martini a Giambattista Mancini, s.d., ma probabilmente 1776; ibid., H.84.132). Determinato a tornare da Faenza a Bologna nella primavera del 1732 (lettere di Ferdinando Costa a lui dirette, da Bologna, 30 aprile e 3 maggio; ibid., P.141.43 e P.141.26), andò ad abitare in una casa delle monache benedettine di S. Margherita: lì il 16 luglio dettò l’ultimo testamento e spartì con esso un modesto patrimonio, mentre si trovava «sano di mente, vista, udito, loquella et intelletto e di tutti gl’altri sentimenti, benché alquanto infermo del corpo et in letto giacente» (Archivio di Stato di Bologna, Atti dei notai del distretto di Bologna, Notaio Gioacchino Roffeni, ad diem, n. 21).
Morì a Bologna il 30 luglio 1732 e fu tumulato nella chiesa di S. Margherita (ibid., ad diem 2 agosto, nn. 23-24).
Dalla metà del Novecento a oggi, le Opinioni de’ cantori antichi e moderni hanno trovato esauriente analisi in una copiosa bibliografia. Il libro costituisce «non solo uno dei primi trattati organici dell’arte e della tecnica del canto, ma una preziosa e viva testimonianza del gusto del periodo di transizione dall’opera di stile veneziano a quella cosiddetta napoletana» (Tagliavini, 1962, col. 1027). In un’argomentazione dalla libera struttura discorsiva, di fatto destinata più al musicofilo attento che al cantante in formazione, Tosi seppe fissare la lucida posizione critica della propria generazione artistica, ossia quella intermedia rappresentata dai musicisti «migliori che vivono» (Opinioni de’ cantori..., 1723, p. 72), da una parte memore del buon esempio di un Pietro Simone Agostini o di un Alessandro Stradella, dall’altra indignata per il dilagante malcostume delle nuove mode musicali. Di fatto, il trattato è improntato a un vivace e schietto misoneismo, del quale Tosi fu esponente non isolato. Mentre il trattato andava sotto i torchi, infatti, nella stessa città Giacomo Antonio Perti sbottava o ironizzava in modo simile nelle lettere al conte Pirro Capacelli Albergati: «Sono stato all’opera, che incontra molto [...]. Vedo nella musica il cativo diventar buono, vedo, o per dir meglio sento il soprano e contralto cantare il basso, sento il tenore e basso cantare il soprano; vedo li compositori servirsi di tutto quello [che] è proibito nelle buone regole [...] e questi tali sono stimati uomini grandi; povero mondo» (20 giugno 1722; Parigi, Bibliothèque nationale de France, Département de la Musique, LA-Perti-5); «ho un oratorio nuovo [I conforti di Maria Vergine] [...] e con tutto sii composto alla mia usanza antica, è stato troppo compatito» (22 maggio 1723; ibid., LA-Perti-4).
Una cinquantina di lettere del carteggio di Tosi sono conservate a Bologna insieme con suoi documenti di altra natura. Arie e cantate da lui composte sono a Berlino (Sing-Akademie), Bologna (Museo della musica), Cambridge (Fitzwilliam Museum), Dresda (Sächsische Landes- und Universitätsbibliothek), Londra (British Library), Monaco (Bayerische Staatsbibliothek), Münster (Santini-Bibliothek), Oxford (Bodleian Library) e Torino (Biblioteca nazionale universitaria), mentre l’intero Martirio di s. Caterina è a Vienna (Österreichische Nationalbibliothek, Mus. Hs. 18843).
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio dell’Accademia Filarmonica, I/3: O. Penna, Cronologia, o sia Istoria generale di questa Accademia (1736), I, pp. 295 s.; II/1: Verbali Accademia Filarmonica, 1 (5 gennaio 1673-19 aprile 1691), pp. 275 s.; Archivio generale Arcivescovile, Parrocchie di Bologna soppresse, 22/1, IV: Libri dei defonti, matrimonj, cresimati della Parrochia di S. Margarita dall’anno 1583 al 1805, 5: Liber defunctorum (1706-1806), c. 38v; J.F. Agricola, Nachricht von einer Uebersetzung der Anmerkungen des Herrn Peter Franz Tosi über den Figuralgesang, in F.W. Marpurg, Historisch-kritische Beyträge zur Aufnahme der Musik, I, 3, Berlin 1755, pp. 326-331; J.J. Quantz, Lebensläuffe, ibid., p. 242; J. Hawkins, A general history of the science and practice of music, London 1776, IV, p. 254, V, pp. 5, 173 s.; Ch. Burney, A general history of music, IV, London 1789, p. 52.
L. Köchel, Die kaiserliche Hof-Musikkapelle in Wien von 1543 bis 1867, Wien 1869, p. 66; L.F. Tagliavini, T., P.F., in Enciclopedia dello spettacolo, IX, Roma 1962, coll. 1026-1028; The London stage, 1660-1800, a cura di W. Van Lennep, I, Carbondale, 1965, pp. 428 s.; P. Mioli, La scuola di canto bolognese del Settecento, in Quadrivium, XXII (1981), 1, pp. 5-59; S. Durante, Theorie und Praxis der Gesangsschulen zuir Zeit Händels: Bemerkungen zu Tosis “Opinioni de’ cantori antichi e moderni”, in Händel auf dem Theater, a cura di H.-J. Marx, Laaber 1988, pp. 59-72; M. Bovolenta, La cantata in P.F. T., teorico e compositore, in Quaderni della Civica scuola di musica, XIX-XX (1990), pp. 107-121; S. Durante, Condizioni materiali e trasmissione del sapere nelle scuole di canto a Bologna a metà Settecento, in Trasmissione e recezione delle forme di cultura musicale, a cura di A. Pompilio et al., II, Torino 1990, pp. 175-189; Id., Strutture mentali e vocabolario di un cantore antico/moderno, in Alessandro Scarlatti und seine Zeit, a cura di M. Lütolf, Bern-Stuttgart-Wien 1995, pp. 38-54; C. Redini, Londra 1692, in Psallitur per voces istas, a cura di D. Righini, Firenze 1999, pp. 285-294; S. Durante, Una presenza iberica di P.F. T., in Il Teatro dei due mondi, a cura di A.E. Cetrangolo, Padova 2000, pp. 15-35; F. Dell’Amore, Storia musicale di Cesena, Cesena 2002, pp. 337-372; Th. Seedorf, Die italienische Gesangslehre und ihre deutsche Rezeption im 17. und 18. Jahrhundert, in Musica e storia, X (2002), pp. 259-270; L.F. Tagliavini, «Oh Freunde, nicht diese Töne!». Considerazioni su alcuni aspetti negletti della prassi esecutiva, in «Et facciam dolçi canti». Studi in onore di Agostino Ziino, a cura di B.M. Antolini - T.M. Gialdroni - A. Pugliese, Lucca 2003, pp. 963-987; V. Anzani, In the service of the Elector Palatine Johann Wilhelm (1690-1716): castrati as secret agents and a controversial case of diplomatic immunity, in Music and power in the baroque era, a cura di R. Rasch, Turnhout 2018, pp. 347-360; F. Dell’Amore, La vita di P.F. T. musico, trattatista e diplomatico, in Felsina cantatrice. La musica a Bologna e in Accademia fra il 1666 e il 1716, a cura di P. Mioli, Bologna 2018, pp. 57-67.
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