GOIDANICH, Pier Gabriele
Nacque a Volosca, nel comune di Abbazia, in Istria, il 30 luglio 1868 da Pietro e Antonietta Stuparich. La famiglia era originaria dell'isola di Lussino, che egli considerò sempre il suo vero luogo natale. Compiuti gli studi medi e superiori al liceo ginnasio Combi di Capodistria (ove studiò anche il più giovane M.G. Bartoli), fu per un breve periodo a Milano, "alla scuola" di G.I. Ascoli (Terracini - Vidossi, p. 115); quindi fu ammesso alla Scuola normale superiore di Pisa, dove conseguì la laurea in lettere. Dopo un periodo di insegnamento in istituti medi della Campania (Cava de' Tirreni e Napoli, 1890-98), nel 1899 vinse il concorso per la cattedra di storia comparata delle lingue classiche e neolatine all'Università di Pisa, dove insegnò fino al 1905.
In questo primo periodo della sua attività il G. condusse una nutrita serie di studi su temi ereditati dalla linguistica di Ascoli, in cui, come poi in tutta la sua successiva produzione scientifica, l'indagine su fenomeni fonetici, morfologici o sintattici delle lingue classiche e/o romanze veniva costantemente esercitata sulla base di una fitta rete di comparazioni e riferimenti a tutta la famiglia delle lingue indoeuropee, in una chiave che è quella del positivismo neogrammatico, già significativamente integrato, tuttavia, da considerazioni ed elementi di riscontro di carattere storico, archeologico e sociologico. Così, nella monografia su La gutturale e la palatina nei plurali dei nomi toscani della prima e seconda declinazione (Salerno 1893), attraverso l'esame di una ricca documentazione, letteraria e non, dei secoli XIII e XIV, nella genesi e nell'affermazione di queste forme vengono evidenziati non solo meccanismi dell'analogia fonetica, ma i momenti di "uno scontro tra l'uso della lingua di popolo e la culta", con "influssi su questa, del latino" (P.G. Goidanich, Saggi linguistici, scelti da G. Bertoni e pubblicati da colleghi, amici e ammiratori a celebrare i 40 anni del suo insegnamento universitario, Roma 1940, p. 155 n. 2). Seguirono diversi contributi di linguistica indoeuropea in cui il G. si occupava "di tutta la morfologia indoeuropea e in connessione con essa di tutta la sintassi indoeuropea col preciso scopo di indagare il valore ideologico delle forme di flessione" (Saggi linguistici…, p. 27): I continuatori ellenici di -TJ- indo-europeo (Salerno 1893); Le sorti dei gruppi indo-europei -NJ-, -MJ-, -LJ-, nell'ellenismo (ibid. 1893); Osservazioni intorno alla forma esteriore e al valore ideale della declinazione indo-europea (presentato al V Congresso internazionale degli orientalisti, Parigi 1897, ma poi non pubblicato: cfr. Saggi linguistici…, p. 27); I modi della sintassi nelle lingue indo-europee (presentato al VI Congresso internazionale degli orientalisti, Roma 1899, e pubblicato come abstract in Indogermanische Forschungen, Anzeiger, XI [1899], pp. 126 ss.).
A questa fase iniziale dell'attività scientifica del G. risalgono anche le sue prime ricerche sul latino (specialmente arcaico), intraprese come sviluppo e collegamento dei suoi studi indoeuropeistici con quelli di linguistica italiana. Impostate, su una costante correlazione dei rilievi linguistici con le circostanze storico-culturali, con una particolare attenzione ai dati archeologici e della cultura materiale, costituiscono, d'altra parte, un'apertura verso i suoi successivi lavori di linguistica romanza: Del perfetto e aoristo latino (memoria letta il 2 giugno 1896 all'Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli e stampata anche in opuscolo a sé, Napoli 1896); L'iscrizione di Duenos, in Rivista di storia antica, V (1900), 2-3, pp. 232-236; Studi di latino arcaico, in Studi italiani di filologia classica, X (1902), pp. 237-319 (in cui i risultati delle indagini linguistiche sono corroborati da un esame della tradizione annalistica romana).
Nel 1906 il G. fu chiamato presso la facoltà di lettere dell'Università di Bologna, dove insegnò ininterrottamente fino al 1938, associando a una lunga, intensa e originale attività di studioso (i cui episodi principali e più caratteristici sono ripercorsi e sistematicamente illustrati dallo stesso G. in Ultima lezione del mio insegnamento universitario, pronunciata il 31 maggio 1938, rist. in Saggi linguistici…, pp. 3-46) un'appassionata professione degli ideali nazionalistici: infatti, fu dapprima fondatore e animatore (con un altro istriano, G. Venezian) del gruppo nazionalista bolognese, poi volontario nella prima guerra mondiale, infine fascista antemarcia (nel 1939 fu nominato senatore).
La fase matura dell'attività scientifica del G. è aperta dalla monografia L'origine e forme della dittongazione romanza. La qualità d'accento in sillaba mediana nelle lingue europee (Halle 1907), uscita nella prestigiosa collana della Zeitschrift für romanische Philologie e che diede al G. larga notorietà internazionale. Nato da una rimeditazione di problemi già affrontati da Ascoli, il volume propone una sistemazione (basata su un'amplissima documentazione) dei fenomeni del dittongamento romanzo, ricondotti a un accento biverticato latino di origine indoeuropea. Nell'articolazione di questa tesi il G. utilizza diversi concetti e procedimenti metodologici caratteristici di quella che egli stesso definì la sua "scuola glottologica" bolognese (cfr. Saggi linguistici…, pp. 3 s.). In primo luogo, il concetto di sostrato (pp. 50 s., 55 ss., 135, 139, 141; ma cfr. anche il capitolo ristampato in Saggi linguistici…, pp. 119-152), su cui si era interrogato Ascoli, che lo considerava essenzialmente un complesso di "reazioni etniche" (cfr. Timpanaro, pp. 324-327). Da tale concezione si scostava sensibilmente il G., che, "concentrando la sua attenzione […] sul sostrato illiro-romanzo e le sue tracce sui dialetti abruzzesi" (Terracini - Vidossi, p. 120), finiva per affermare l'utilità scientifica del concetto di sostrato piuttosto come "nesso storico tra le due fasi celtica e latina" e ne considerava gli effetti "non necessariamente" come "sostituzioni di suoni" (come credeva Ascoli), ma come "più o meno languidi colorimenti iniziali" e, più in generale e più frequentemente, come "una tendenza fisiologica endemica latente" (Saggi linguistici…, p. 152). A tale reinterpretazione della nozione di sostrato come nesso storico il G. univa la sua valorizzazione sul piano sincronico in correlazione funzionale e sistematica con altri tratti fonologici e morfosintattici. Il tutto all'interno del principio, dal G. denominato delle "sintesi linguistiche" in base al quale "più che fermarci analiticamente sulle alterazioni singole noi dobbiamo considerare il complesso delle alterazioni" (Saggi linguistici…, p. 123, ma cfr. anche Dittongazione romanza, p. 193 n. 196). In tale prospettiva (nella quale sono stati rilevati precorrimenti della linguistica strutturale: cfr. Bottiglioni, 1954-55, p. 65; Heilmann, 1967-68, pp. 34 s.) la stessa nozione di "legge fonetica" - elaborata alla fine dell'Ottocento dalla scuola dei "neogrammatici", che ne affermavano il carattere fisiologico e ne sostenevano la rigorosa ineccepibilità - era sottoposta dal G. a diversi adattamenti. Egli, infatti, pur ribadendone la natura fisiologica (indicata negli organi "appercettivo" e "riproduttore della favella"), collocava il momento delle cosiddette "crisi fonetiche fisiologiche" non "nelle parlate degli adulti, ma nel trapasso della lingua dall'una all'altra generazione", allorché le "alterazioni fonetiche coerenti, che innumerevoli s'incontrano nelle lingue storiche", si producono "per inevitabili simultanee graduali inesatte riproduzioni della lingua materna da parte delle via via successive nuove generazioni" (Saggi linguistici…, p. 6): dal che l'importanza fondamentale, per la ricerca storico-linguistica, dello studio dei meccanismi della "lingua viva".
L'approfondimento e lo sviluppo di queste coordinate metodologiche generali furono alla base dell'attività del G. quale direttore dell'Archivio glottologico italiano, ne caratterizzarono gli interventi nel dibattito, negli anni Venti e Trenta, tra le scuole dei neogrammatici ascoliani e della "neolinguistica", e ne indirizzarono le ultime ricerche verso i campi dell'ortografia e della grammatica italiana, della linguistica storica e dell'etnolinguistica.
Alla direzione dell'Archivio glottologico italiano (fondato da Ascoli) il G. venne chiamato nel 1910 (succedendo a C. Salvioni) e intese aprire la rivista a nuove problematiche, delineando un vasto programma nell'ampia Prefazione. Per la critica e per la storia della lingua letteraria contemporanea, premessa al vol. XVII (1910-13), pp. III-XXXIX. Il G. intendeva spostare l'interesse scientifico della rivista "affiancando alla pura dialettologia questioni attinenti alla lingua letteraria e ai suoi rapporti con i dialetti" (Terracini - Vidossi, p. 116), nella convinzione (ripresa dal Proemio ascoliano e condividendo alcune posizioni di F. D'Ovidio) che la lingua letteraria italiana stentasse a liberarsi dal peso incombente di dialettalismi e arcaismi e che tale situazione derivasse in gran parte dal persistente regionalismo (toscano, in particolare) e dalla difficoltà di rapporti di Firenze con la lingua nazionale (cfr. anche la Nota sulla questione della lingua, ibid., pp. 21 ss.). A tali problemi erano dedicati, nello stesso volume dell'Archivio, il saggio Il vocalismo di "buono", "bello" e "bene"in proclisi nel toscano (pp. 255-272) e le Indicazioni e trascrizioni fonetiche (pp. I s., XXVIII-XXXIII), caratterizzate da diverse innovazioni rispetto al sistema elaborato da Ascoli. Gran parte di tale programma, tuttavia, fu attuata dal G. al di fuori del periodico (il cui XVIII volume fu ultimato solo nel 1922, sia per gli eventi bellici, cui, come s'è accennato, lo stesso G. partecipò, sia per difficoltà editoriali): attraverso la fondazione di una Società ortografica italiana (1910) con lo scopo di diffondere il nuovo progetto d'ortografia elaborato dallo stesso G. (e dal suo allievo G. Malagoli) ed esposto negli opuscoli Sul perfezionamento dell'ortografia nazionale (Modena 1910) e Proposta di una riforma dell'alfabeto (ibid. 1910); con le più tarde ricerche Per la storia dell'O breve latino libero nella lingua letteraria e nella parlata civile di Firenze, in Memorie dell'Accademia d'Italia, classe di scienze morali e storiche, s. 7, II (1941), 3, pp. 165-218; ma soprattutto con la pubblicazione di un'importante e fortunata Grammatica italiana ad uso delle scuole (Bologna 1918, corretta e accresciuta fino alla quarta edizione postuma, con note aggiunte dell'autore e un'introduzione di L. Heilmann, ibid. 1962). Questa presenta ancora oggi motivi d'interesse non solo storico sia per la ricchezza delle esemplificazioni (tratte dai dizionari, dalla tradizione letteraria, dall'uso vivo contemporaneo e dalla personale competenza del G.), sia per le numerose innovazioni nelle partizioni e definizioni grammaticali. Pur riconoscendo ai manzoniani il merito "di avere svecchiato la nostra grammatica empirica e averla orientata verso la lingua viva", il G. rilevava che nelle loro opere grammaticali essi, non procedendo sempre "con la dovuta cautela", avevano spesso "esposti i fatti a orecchio" (Prefazione, ed. 1918, p. X) più che con un criterio stabile. Nella sua grammatica il G. si proponeva, invece, una descrizione complessiva e rigorosa dell'italiano, imperniata sulla nozione di "lingua letteraria familiare", cioè di "quel tipo di lingua che è usato dalle persone colte e ben parlanti in Toscana e che fu assunto dal Manzoni come lingua letteraria", ma (tenendo conto dei valori stilistici delle forme correnti) allargata a considerare gli usi della lingua letteraria ("comune" o "aulica") e, soprattutto, intesa a registrare, con una costante attenzione agli usi regionali e del parlato, "fatti o fonetici o morfologici o sintattici che nella lingua familiare di tipo manzoniano non sarebbero ammessi e sono già di dialetto" (ibid., p. XI).
Dell'Archivio glottologico italiano, che, anche per difficoltà editoriali, dal vol. XX (1926) fu diviso in due sezioni (una neolatina diretta da Bartoli, l'altra, diretta dal G., destinata a ricerche negli altri settori della linguistica e a discussioni teoriche), il G. fece "la tribuna preferita per la sua speculazione teoretica" (Terracini - Vidossi, p. 117), legata in gran parte ai suoi interventi nel corso dell'accesa polemica tra gli ascoliani continuatori della scuola neogrammatica (tra cui Salvioni, C. Merlo e, su posizioni autonome, lo stesso G.) e gli esponenti della "neolinguistica" di ispirazione idealistica (Bartoli, G. Bertoni, K. Vossler). In questo dibattito il G., pur collocandosi tra le file dei neogrammatici (soprattutto per la sua sostanziale fedeltà alla concezione fisiologico-positivistica delle leggi fonetiche, cfr. il discorso Le alterazioni fonetiche del linguaggio e le loro cause. Delle leggi fonetiche, in Archivio glottologicoitaliano, XX [1926], sez. Goidanich, pp. 3-59, e, soprattutto, il profilo introduttivo G.I. Ascoli e lo scritto L'Ascoli e i neogrammatici, nella Silloge linguistica dedicata alla memoria di G.I. Ascoli, da lui organizzata e diretta, pubblicata come vol. XXII-XXIII [1929] dell'Archivio glottologico italiano, pp. IX-XXVII e 611-613), intervenne con indipendenza ed equilibrio tra vecchio e nuovo, senza chiusure aprioristiche, riconoscendo i meriti e i risultati di indirizzi recenti quali la geografia linguistica (cfr. il Saggio critico sullo studio di L. Gauchat, "L'unité linguistique dans le patois d'une Commune (Charmey)", ibid., XX [1926], sez. Goidanich, pp. 60-71; ma cfr. anche Saggi linguistici…, pp. 12-24) e, soprattutto, ammettendo "il carattere spirituale del linguaggio e gli effetti dell'attività spirituale nelle singole lingue" (ibid., p. 23), in particolare nelle "creazioni" (i fonemi primitivi - con il loro "valore spirituale originario", che si sottrae a ogni possibilità d'indagine positiva" - e le "espressioni gergali", ibid., p. 44) e nelle "innovazioni" (derivate dall'interazione di "tre fattori o elementi di natura spirituale": l'elemento "intellettivo, che produce innovazioni morfologiche e sintattiche, l'elemento fantastico che à avuto effetti grandiosi nel lessico, la tonalità stilistica od enfasi che porta ad alcune poche innovazioni fonetiche", ibid., p. 44). Il tutto nella prospettiva metodologica di una "linguistica senza aggettivi", impegnata "nell'esame totalitario e concreto del fatto linguistico" (ibid., p. 43) e, dunque, imperniata sul già ricordato principio delle "sintesi linguistiche", enunciato nella prefazione al vol. XVII (1910-13) dell'Archivio glottologico italiano, pp. XXXVI-XXXVIII, ripreso in Ancora delle sintesi linguistiche. Rivendicazione di metodi critici alla scuola italiana, ibid., XVIII (1914-22), pp. 362-364, e, infine, integrato nella più matura sistemazione teorico-metodologica della linguistica del G. nel saggio Neolinguistica o linguistica senza aggettivo? Osservazioni di un "puro grammatico", nato come recensione del Breviario di neolinguistica di Bartoli e Bertoni (Modena 1925) e pubblicato in due parti, la prima nell'Archivio glottologico italiano, XXI (1927), sez. Goidanich, pp. 59-105, la seconda in L'Italia dialettale, VII (1931), pp. 146-208.
Contemporaneamente a questa attività teorica del G., e come alimento e terreno di verifica di essa, si snodano i suoi numerosi contributi in quasi tutti i settori di ricerca della linguistica indoeuropea, latina e neolatina.
In primo luogo, le ricerche di fonologia indoeuropea, connesse con studi di fonetica sperimentale (come nello scritto Per la fisiologia delle rattratte ć, č, z, in Miscellanea di studi in onore di A. Hortis, Trieste 1910, II, pp. 929-945): Studi di fonologia indiana, in Archivio glottologico italiano, XX (1926), sez. Goidanich, pp. 97-121; Il suffisso di pater, mater e simm. e la funzione primitiva generale del suffisso indo-europeo -tero. Saggio sul valore ipocoristico di alcuni suffissi indo-europei, in Scritti in onore di A. Trombetti, Milano 1938, pp. 215-224; e culminate con studi sul gruppo slavo, considerato rivelatore di importanti caratteri arcaici dell'indoeuropeo (cfr. le voci redatte per l'Enciclopedia Italiana: Paleoslavo, lingua e letteratura, XXVI, pp. 54-57; Serbo-Croati, lingua, XXI, pp. 422 s.; Slovenia, lingua, XXXI, p. 961).
Poi, gli studi di dialettologia, costantemente legati a problemi di fonetica pre- e neolatina: Intorno al dialetto di Campobasso, in Miscellanea linguistica in onore di G.I. Ascoli, Torino 1901, pp. 403-413 (a causa del quale ebbe una polemica, poi rientrata, con F. D'Ovidio: cfr. D'Ovidio, 1982, p. 164); Intorno alle reliquie del dialetto tergestino-muglisano, in Atti dell'Accademia scientifica veneto-trentino-istriana, classe di scienze storiche, filol. e morali, I (1904), pp. 44-59; Sul giudizio di Dante intorno al dialetto romagnolo e bolognese, e sulla lingua usata da Sordello, in Archivio glottologico italiano, XX (1926), sez. Bartoli, pp. 109-126.
Inoltre, i lavori dedicati alla storia del latino e delle parlate italiche; forse i più impegnativi dell'ultima fase dell'attività scientifica del G., condotti con costante utilizzazione di dati storico-archeologici: Varietà etniche e idiomatiche in Roma antica, in Atti del I Congresso naz. di studi romani, Roma 1929, II, pp. 396-414; Saggi ermeneutici umbri, in Archivio glottologico italiano, XXV (1931), pp. 52-116 (proseguiti negli scritti dal titolo complessivo Rapporti culturali e linguistici tra Roma e gl'Italici, pubblicati rispettivamente in Historia, XIII [1934], 2, pp. 237-269; in Studi etruschi, IX [1935], pp. 106-118; e negli Atti della R. Accademia d'Italia, classe di scienze morali e storiche, s. 7, III [1943], 7, pp. 318-501); gli studi sulle Tavole iguvine (Il Templum augurale nell'Italia antica, in Historia, XIII [1934], 4, pp. 579 ss.); la voce Latina, lingua, nell'Enciclopedia Italiana, XX, pp. 581-592; Piccoli problemi fonetici latini e neolatini, in Miscellanea in onore di G. Galbiati, II, Milano 1951, pp. 77-79.
Infine, le "ricerche etimologiche" sulle Denominazioni del pane e di dolci caserecci in Italia, in Memorie della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, classe di scienze morali, sez. storico-filol., s. 1, VIII (1914), pp. 25-66, prima serie di una collana di studi (poi non compiuti) sul patrimonio linguistico della cultura materiale contadina, che, nelle intenzioni del G., dovevano collegarsi con ricerche etnolinguistiche in vista della realizzazione di lessici vernacolari per soggetti (cfr. l'Intesa definitiva tra i linguisti italiani per la redazione di vocabolari regionali per concetti, in Atti della XXIII Riunione della Società italiana per il progresso delle scienze, Pavia 1935, pp. 140-143).
Il G. morì a Bologna il 25 ott. 1953.
Fonti e Bibl.: Necr. in Il Resto del carlino, 25 nov. 1953; B. Terracini - G. Vidossi, in Archivio glottologico italiano, XXXVIII (1953), pp. 115-120; Lingua nostra, XIV (1953), p. 119; G. Bottiglioni, in Annuario dell'Università di Bologna, 1952-53 - 1953-54, pp. 151-153; Id., in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, n.s., V (1953-54), pp. 258-260; Id., in Studi etruschi, XXIII (1954), pp. 576-578; B. Terracini, in Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche, Appendice, 1957, Necrologi dei soci defunti nel decennio dicembre 1945 - dicembre 1955, f. II, pp. 87-92.
B. Terracini, Guida allo studio della linguistica storica, Roma 1949, pp. 146 s.; A. Colombis, Grammatici e glottologi istriani, in Pagine istriane, s. 3, I (1950), 4, pp. 76 s.; G. Bottiglioni, P.G. G., in Rendiconto delle sessioni dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, classe di scienze morali, s. 5, VI (1954-55), pp. 46-68; E. Rosamani, P.G. G., in Pagine istriane, s. 4, V (1964), pp. 193-201; L. Heilmann, P.G. G. e la moderna linguistica, in Atti dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, classe di scienze morali, Rendiconti, s. 5, LVI (1967-68), pp. 26-36; S. Timpanaro, Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano, Pisa 1969, pp. 286, 291, 313, 318, 331, 352-357; T. De Mauro, Italian and Sardinian, in Current trends in linguistics, a cura di Th.A. Sebeok, IX, Linguistics in Western Europe, The Hague-Paris 1972, p. 1139; M. Dardano, G.I. Ascoli e la questione della lingua, Roma 1974, p. 35 e passim; T. De Mauro, Idee e ricerche linguistiche nella cultura italiana, Bologna 1980, pp. 9, 53, 55, 111; F. Bruni, Introduzione, in F. D'Ovidio, Scritti linguistici, a cura di P. Bianchi, Napoli 1982, pp. 27-29; L. Heilmann, Linguistica e umanismo, Bologna 1983, pp. 198, 201; The history of linguistics in Italy, a cura di P. Ramat - N.J. Niederehe - K. Körner, Amsterdam-Philadelphia 1986, ad ind.; A. Cornagliotti, Lingua e scrittura, in Lexikon der romanistischen Linguistik, IV, Italienisch, Korsisch, Sardisch, a cura di G. Holtus - M. Metzeltin - Ch. Schmitt, Tübingen 1988, p. 389; T. Poggi Salani, Storia delle grammatiche, ibid., p. 781; W. Belardi, "Parlare utilmente con la penna", ovvero il ruolo della lingua scritta nella "questione della lingua" secondo G.I. Ascoli, in Id., Linguistica generale, filologia e critica dell'espressione, Roma 1990, pp. 317, 322-324, 339; T. De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita, Roma-Bari 1991, ad ind.; N. Maraschio, Grafia e ortografia: evoluzione e codificazione, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni - P. Trifone, I, I luoghi della codificazione, Torino 1993, pp. 225-227; P. Benincà, Linguistica e dialettologia italiana, in Storia della linguistica, a cura di G.C. Lepschy, III, Bologna 1994, pp. 537, 585, 588, 595, 599 s., 602; T. De Mauro, G., P.G., in Lexicon grammaticorum: who's who in the history of world linguistics, a cura di H. Stammerjohann, Tübingen 1996, p. 352; L.M. Savoia, Note sulla formazione degli studi linguistici e dialettologici in Italia, in Studi di grammatica italiana, XIX (2000), pp. 405-408; Enc. Italiana, XVII, p. 480; App. III, 1, p. 766.