MABIL, Pier Luigi
MABIL (Mabille), Pier Luigi. – Nacque a Parigi il 31 ag. 1752 da Giovan Battista Mabille e da Francesca Prevost, e fu chiamato con i nomi dei suoi due padrini, l’abate, dell’ambasciata veneziana, Pietro Piovini e lo stesso ambasciatore veneziano Luigi Mocenigo. L’originario cognome Mabille, attestato nel certificato di battesimo, fu, poi, francesizzato dallo stesso autore in Mabil. All’età di poco più di cinque anni fu condotto dai genitori a Cologna, nel Veronese, dove, su suggerimento e per le forti insistenze di Piovini, la famiglia aveva deciso di stabilirsi.
Il padre aveva scelto di lasciare la Francia dopo il drammatico suicidio di Mocenigo, e forse anche per le delusioni di una non fortunata carriera militare. Accolti nella casa di Piovini, i Mabille vi entrarono con l’accordo di una cessione censuaria di 2000 ducati.
A undici anni, dopo essere stato avviato agli studi sotto la guida di Piovini, il M. fu mandato a Montagnana, nel collegio diretto da tale abate Guerra che avrebbe ricordato come «l’unico maestro ch’io m’abbia avuto […] il solo che mi erudì nelle lettere latine, dall’amore per le quali riconosco tutto quel poco che mi sono» (Catullo, p. 7, e Id., in De Tipaldo, p. 18). Dopo circa quattro anni di permanenza in quell’istituto, che segnò la sua formazione culturale, si trasferì a Padova, presso il collegio Marchi, sul quale espresse un giudizio nettamente negativo. Frequentò, in quegli anni, le lezioni di etica di I. Stellini che raccolse poi in fortunati scritti intitolati Lettere stelliniane (Milano 1811; poi, I-II, Padova 1832).
Benché poco interessato agli studi giuridici, conseguì a Padova la laurea in legge, avviandosi svogliatamente alla pratica forense in uno studio legale in cui restò per circa tre anni. Maggiore attrazione esercitarono su di lui le accademie, dove si gareggiava in eloquenza, talvolta anche su futili temi: alla frequentazione di tali circoli il M. attribuì la facondia dell’eloquio che lo rese particolarmente apprezzato negli ambienti veneti del suo tempo. Nel 1776 ritornò a Cologna, esercitandovi per un certo periodo l’avvocatura e assumendo anche qualche incarico pubblico.
Al 1779 risale il matrimonio con Caterina Zignoli, erede di un cospicuo patrimonio di terre e di case rurali, gravato però da pesanti debiti e in stato di deplorevole abbandono. L’esigenza di risistemare i beni della moglie indusse il M. ad approfondire le conoscenze in materia di conduzione agricola, anche attraverso la lettura di antichi autori latini di agricoltura, da Varrone a Columella, a Rutilio Palladio.
Cologna era stata, per secoli, un centro importante per l’industria della canapa nella Repubblica di Venezia. A questo settore, all’epoca in crisi, il M. dedicò una prima ricerca, l’Istruzione ai coltivatori della canape nazionale (Padova 1785), cui seguì una memoria intitolata Mezzi di diffondere tra i villici le migliori istruzioni agrarie, accolta nel Giornale d’Italia (s. 2, III [1792], pp. 363 ss.) di F. Griselini, nella quale veniva prospettata la tesi di una rifioritura delle campagne fondata sul castaldo,una figura intermedia tra proprietario assenteista e contadino tradizionalista inesperto delle nuove tecniche produttive.
Superati da poco i 40 anni, il M. decise di trasferirsi a Padova anche per provvedere all’educazione dei suoi cinque figli. Ormai pratico di vita rurale, nel 1796 elaborò e lesse nell’accademia cittadina un Saggio sopra l’indole dei giardini moderni (Venezia 1798; poi Verona 1817 e 1818) che gli procurò l’entusiastico giudizio di M. Cesarotti. Di qualche anno prima era la versione, rimasta inedita, di sei canti di un curioso poemetto in latino, la Callipedia di C. Quillet, dedicato alla gravidanza e alle regole da adottare durante il parto. Coinvolto nelle vicende politiche del tempo, in seguito alla conquista francese del Veneto (aprile 1797), il M., forse anche per la sua competenza nel francese, coltivato fin dall’infanzia per volontà della madre, fu chiamato a importanti funzioni di governo nella città di Padova, anche con il delicato compito di riordinare l’insegnamento pubblico. Nominato dal nuovo governo successore di Clemente Sibiliato sulla cattedra di letteratura greca e latina, il M. vi rinunciò non ritenendosi adeguatamente preparato e suggerì, in sua vece, il nome di Cesarotti.
Dopo il trattato di Campoformio (17 ott. 1797), si ritirò a vita privata per dedicarsi alla traduzione, a lungo meditata, della Storia romana di Tito Livio (I-XXXIX, Brescia 1804-18; la traduzione dei libri XXI-XXIV fu riveduta ed emendata poi da T. Gironi, Torino 1903, 1924-25); aveva intanto rielaborato la memoria sui giardini, apparsa a Bassano nel 1801, con il titolo impegnativo di Teoria dell’arte dei giardini e premiata da un discreto successo di pubblico. Appartengono a questo periodo anche le versioni del ciceroniano Sogno di Scipione (Milano 1815), e delle due monografie di Tacito: La vita di Giulio Agricola (postuma, Padova 1839), e La Germania, rimasta inedita.
Nella primavera del 1801, pochi mesi dopo il trattato di Lunéville, che aveva assegnato il Veronese alla Repubblica Cisalpina, il M. si trasferì a Verona dove assunse il ruolo di segretario generale della prima Municipalità. Inviato ai Comizi di Lione nel 1802 in rappresentanza della Camera di commercio della città, prese poi parte alla competizione elettorale in Brescia. Come socio delle due accademie veronesi, la Filarmonicae quella dell’Agricoltura, pronunciò due impegnativi discorsi: Dell’emulazione e Dell’influenza della poesia sui costumi delle nazioni (Brescia 1804); fu anche attivo nel sollecitare, con esito non sempre felice, le iniziative culturali altrui, stimolando studiosi locali alla traduzione di Columella e dell’Opus agriculturae di Rutilio Tauro Emiliano Palladio. Egli stesso, malgrado i gravosi impegni politico-amministrativi e quelli di segretario generale dell’amministrazione dipartimentale dell’Adige, non rinunciò del tutto all’attività di traduttore e nel 1805 fece uscire a Brescia la versione delle due lettere, dal M. ritenute di Sallustio, a Giulio Cesare. La buona fama raggiunta in campo letterario gli valse, nel 1806, la chiamata all’insegnamento delle letterature latina e italiana presso l’Università di Padova, incarico che durò circa tre anni.
La prolusione al primo corso, pronunciata il 29 apr. 1806 e pubblicata a Brescia nello stesso anno con il titolo Dell’officio dei letterati nelle grandi politiche mutazioni, esaltava il ruolo del letterato, come «uomo pubblico», ne affermava la funzione di guida e di paladino delle «auguste verità», per cui egli non deve «né osare né destreggiare; che quello spesso nuoce, questo scredita ed invilisce». I buoni consigli sulla moderazione e sulla indipendenza del letterato non lo trattennero dal tributare solenni omaggi a Napoleone. Analoga fu l’ispirazione di una seconda orazione pronunciata il 25 giugno 1807, a conclusione dell’anno accademico, sul tema Dellagratitudine dei letterati verso i governi benefattori (Brescia 1808). Il M. vi auspicava un nuovo e più operoso fervore popolare per «ridestare, e su più fide basi redintegrare il bel carattere italiano».
Quando, nel 1809, si principiò a insegnare eloquenza nei licei, il M. assunse la cattedra di diritto pubblico interno del Regno e le funzioni provvisorie di rettore dell’Università. Fu, quindi, chiamato da Napoleone come segretario archivista del Senato a Milano. L’incarico non molto gravoso gli permise di proseguire, con maggior impegno, l’opera di traduttore di Livio e di Cicerone e la risistemazione delle Lettere stelliniane, e di collaborare, inoltre, alla rivista Il Poligrafo che annoverava tra i suoi autori V. Monti, P. Giordani, U. Foscolo.
Il tramonto di Napoleone, la fine del Regno d’Italia e il ritorno del Veneto sotto l’Austria non determinarono contraccolpi nella carriera universitaria del M. che, con decreto del 17 sett. 1815, fu chiamato dal governo austriaco a ricoprire la cattedra di eloquenza latina, italiana e di principî di estetica. Il 7 dic. 1815 lesse l’Orazione inaugurale (Padova), ricca di citazioni classicheggianti e di entusiastiche lodi all’imperatore Francesco I e alla «immortale Maria Teresa». Per decisione del governo, la prolusione fu pubblicata a Padova in occasione della visita alla città dei regnanti austriaci, nei giorni 19 e 20 dic. 1815; sempre il M. pronunciò, inoltre, gli Onori funebri alla estinta Maria Lodovica, imperatrice e regina (ibid. 1816).
Dopo aver ricoperto, nel 1819, anche la cattedra di diritto naturale, il M., che nel 1821 aveva pubblicato, a Padova, la versione riveduta dell’epistolario ciceroniano (Lettere di M.T. Cicerone), concluse il suo insegnamento universitario nel 1825. Ritiratosi in pensione a Noventa, nelle vicinanze di Padova, si dedicò alla redazione e all’arricchimento dei suoi Mabiliana, una specie di zibaldone, e ad alcuni esperimenti di traduzioni di Orazio, di capitoli della Storia naturale di Plinio e delle favole di Fedro.
Il M. morì a Padova l’8 marzo 1836.
Come traduttore di autori latini, il M. fu molto stimato da Foscolo che gli chiese un giudizio sulle sue traduzioni, in comparazione con quelle di Monti e Cesarotti. Il suo maggiore impegno fu certamente dedicato alle versioni della storia liviana e dell’epistolario ciceroniano, che Nardo giudicava «non eminenti», ma che fornirono un significativo contributo alla comprensione più precisa dei testi latini. Espressione di un ambiente culturale di generica formazione umanistica che coltivava particolarmente l’eleganza oratoria, ma che poco aveva assorbito le istanze innovatrici di un Cesarotti o i severi stimoli provenienti dai pionieristici scienziati dello Studio padovano, il M. seppe conquistarsi con il carattere gioviale, la piacevolezza della conversazione e la immaginifica solennità della sua oratoria, il favore del pubblico e la benevolenza degli studiosi: fra questi N. Tommaseo lo definì «arguto e facile ingegno» e «parlatore leggiadro» (Nardo, p. 141 n. 4). Nel testamento lasciò una elegante epigrafe latina, redatta poco prima di morire, nella quale l’unico titolo che rivendicava era quello di «Cavaliere della Corona di Ferro».
Altre opere edite: Piano di direzione, disciplina ed economia delle pubbliche scuole elementari di Padova, Padova 1797; Nell’inaugurazione del busto di Napoleone, il grande, ibid. 1808; Pensieri sugli usi delle nazioni in genere, in Atti e memorie della Acc. di scienze, lettere ed arti di Padova, (XXV) 1809; Prolusione agli studii: dell’utilità delle amene lettere nella solitudine, Padova 1816; Prolusione agli studii: in che può peccare l’arte del dire,ibid. 1817; Primo sperimento di una traduzione della Storia naturale di Plinio…, ibid. 1833; Centone elogistico, offerto all’egregio giovane signor Raffaello Pincherli il giorno che riceveva la laurea in ambe le leggi, Venezia 1835.
Numerose sono altresì le opere del M. rimaste inedite, in gran parte conservate in fondi privati: Vocabolario georgico latino-italiano; Cruschetta (contenenti scritti sulla lingua italiana); Il Vocabolario o Lessico torinese riformato; Lettere di Cicerone, corredate di note (revisione per una seconda edizione, con l’aggiunta dell’epistolario con Bruto); Storia naturale di Plinio (brani di traduzione); La poetica di Orazio; Poesie liriche di Orazio: versione poetico-letterale, col testo di rincontro e con note; Oraziana: studi sopra Orazio; Pezzi virgiliani tradotti; Carme XVII di Catullo: Ad Coloniam; Juvenale: la prima Satira, recata in versi sciolti; Versione di due operette di Tacito; Favole di Fedro volgarizzate.
Fonti e Bibl.: U. Foscolo, Epistolario, II (luglio 1804 - dicembre 1808), a cura di P. Carli, Firenze 1952, lettere nn. 434, 437; A. Meneghelli, Nelle solenni esequie del cavalier P.L. M., Padova 1836; T.A. Catullo, Cenni biografici del cavalier P.L. M., Padova 1836; Id., M., P.L., in E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri…, III, Venezia 1836, pp. 17-30; G. Cristofanelli, Della coltura padovana sullo scorcio del sec. XVIIIe nei primi del XIX, Padova 1905; G. Solitro, Maestri e scolari dell’Università di Padova nell’ultima dominazione austriaca (1813-1866), in Arch. veneto-tridentino, I (1922), pp. 109-193 (poi in Id., Fatti e figure del Risorgimento, a cura di S. Cella, Quarto d’Altino 1978, pp. 417-508); G.B. Zaccaria, P.L. M.: aspetti della sua vita privata,Padova 1936; D. Nardo, Minerva veneta. Studi classici nelle Venezie fra Seicento e Ottocento, Venezia 1997, p. 141 e n. 4.