PIZZI, Pier Luigi
Regista, scenografo e costumista, nato a Milano il 15 giugno 1930. Nel 1951 ha debuttato come scenografo allo Stabile di Genova con Léocadia di J. Anouilh, per la regia di G.C. Castello. Nei primi anni di apprendistato ha svolto un'intensa attività teatrale firmando scene e costumi per testi che spaziano dalla pochade ai grandi classici antichi e moderni, e accostandosi anche all'opera lirica, in cui ha esordito con un interessante Don Giovanni di Mozart al Teatro Carlo Felice di Genova (1952). Il 1956 è l'anno del determinante incontro col regista G. De Lullo e con R. Valli; il sodalizio produrrà per più di un ventennio spettacoli entrati nella storia del teatro: la rilettura di Pirandello, per es., che, iniziata con i Sei personaggi (1963), trova il suo punto più alto in Il gioco delle parti (1965) e in Enrico IV (1977); D'amore si muore (1958) e, sempre di G. Patroni Griffi, Metti una sera a cena (1967); Tre sorelle di Čecov (1965); Il malato immaginario di Molière (Spoleto, 1974); la shakespeariana Notte dell'Epifania in due diverse versioni (1961, 1979). Si forma così una ''cifra'' P.-Compagnia dei Giovani, in cui pare che ogni concetto, ogni immagine nasca come momento d'una straordinaria e armoniosa partitura. Parallelamente, sempre con De Lullo, si ha il debutto alla Scala col Trovatore e l'incontro con G. Gavazzeni, apertura d'un dialogo tra i più approfonditi e intelligenti: Cenerentola di Rossini (Milano, 1963), I Lombardi alla prima Crociata di Verdi (Roma, 1969), questa volta con la regia di L. Squarzina, I Vespri Siciliani di Verdi (Milano, 1970), clamorosa operazione, che lanciò la moda dello spostamento dell'azione all'epoca del compositore.
Fra le più importanti collaborazioni con De Lullo per il teatro lirico si ricordano: Alceste di Gluck, direttore V. Gui (Maggio Musicale Fiorentino, 1966) e sempre al Maggio, Maria Stuarda di Donizetti (1967). Ancora nel 1967, inaugurando la stagione alla Scala con C. Abbado, in Lucia di Lammermoor, si avverte la volontà di semplificazione, l'inesorabile esigenza di pulizia, la scoperta d'un modo di rappresentare fatto di pochi segni. Nel 1969, sempre alla Scala, per Oedipus Rex di Stravinskij, P. allestisce un immenso anfiteatro di statue che riempie la scena e nelle sagome immobili stanno i coristi, mentre i personaggi ''abitano'' i costumi, arrivando su ascensori o tapis-roulants. Per Macbeth di Verdi (Roma, 1969) le scene si formano ''a vista'' come necessità di palcoscenico attorno ai personaggi.
Negli anni Settanta avviene l'incontro con L. Ronconi per un Orlando Furioso televisivo, in cui le avventure inventate dall'Ariosto nella vastità immaginaria dell'universo sono ostentatamente rievocate nel recinto chiuso d'un palazzo. I tempi sono maturi per un discorso nuovo, che avviene, insieme a Ronconi, alla Scala di Milano, con la Tetralogia di Wagner (Die Walküre, 1974; Siegfried, 1975) interrotta e poi ripresa a Firenze con l'intero Ring (1979). Impossibile sintetizzare l'enorme produttività di P., che ha collaborato tra il 1951 e il 1981 ad almeno 220 spettacoli come scenografo e costumista, con registi diversi, e ha firmato, fra il 1977 e il 1993, 75 regie. A questo si devono aggiungere una trentina di film in cui è stato art director e costumista, e una trentina di produzioni televisive. Fra i registi di cinema per i quali ha lavorato sono da ricordare F. Vancini, V. De Sica, M. Bolognini, G. Montaldo, D. Damiani, M. Ferreri, P. Festa Campanile, F. Brusati.
In teatro P. firma la sua prima regia nel 1977: Don Giovanni di Mozart (Torino); seguono, fra le tante, due regie verdiane alla Scala: I Masnadieri (1978) e I due Foscari (1979); all'Opera di Roma I diavoli di Loudun di Penderecki (1979). Con Orlando Furioso di Vivaldi (Verona, 1978) P. affronta il problema dell'opera barocca, esperienza di recupero e insieme di reinvenzione: la mirabile barca delle illusioni di Alcina pare quasi il manifesto della nuova scoperta dell'antico, della fantasia spericolata e cosciente.
Negli anni Ottanta P., con una serie di spettacoli sorprendenti, s'impone definitivamente all'estero e soprattutto in Francia, particolarmente come inventore di spettacoli barocchi, che sono salutati dalla critica e dal pubblico come avvenimenti capaci di suscitare un interesse nuovo intorno a questo genere di teatro, e che gli valgono ambiti riconoscimenti e premi (premio Faust, 1980; Légion d'Honneur, 1983). A questo periodo appartengono tra l'altro: Les Indes Galantes, Hippolyte et Aricie e Castor et Pollux di Rameau, Ariodante e Rinaldo di Haendel, Alceste e Armida di Gluck, Les Danaïdes di Salieri, La Passione secondo S. Giovanni di Bach (per la prima volta in versione scenica), Nel giorno di Santa Cecilia di Purcell. A parte l'esperienza barocca, P. ha affrontato altri autori, tra cui Mozart (Il re pastore e La clemenza di Tito), Bellini, Verdi, Berlioz (Les Troyens, apertura dell'Opéra Bastille, Parigi, 1990), R. Strauss, Mussorgski, Rota (Il cappello di paglia di Firenze, Reggio Emilia, 1987). Rilevante il contributo di P. alla Rossini Renaissance: dalla memorabile Semiramide (Aix-en-Provence, 1980) alle collaborazioni col Rossini Opera Festival e inoltre agli allestimenti di L'assedio di Corinto (Firenze, 1982), Armida (Bonn, 1987), Guglielmo Tell (Parigi, 1989), L'Italiana in Algeri (Montecarlo, 1990), Mosè (Monaco di B., 1988; Venezia, 1993).
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