SORMANI, Pier Marino
– Nacque a Niguarda, allora piccolo borgo alle porte di Milano, il 24 ottobre 1632, da Gaspare, segretario del Senato, e da Anna Crivelli.
Formatosi come d’uso negli studi letterari, entrò nell’Ordine dei francescani osservanti della provincia di Milano. Terminati gli studi filosofici e teologici, fu lettore generale, definitore e consultore del S. Uffizio, percorrendo il tradizionale cursus honorum all’interno dell’Ordine e segnalandosi per doti di praticità e saggia amministrazione. Fu guardiano del convento milanese di S. Maria della Pace, acquisito dagli zoccolanti dopo la soppressione della Congregazione degli amadeiti nel 1517.
Scarne le notizie sul periodo milanese, sino a quando, il 18 agosto 1677, venne nominato dal ministro generale José Jiménez Samaniego, con il consenso di papa Innocenzo XI, eteriarca del convento del Ss. Salvatore e del Sacro Monte di Sion, nonché custode di Terra Santa e commissario apostolico per l’Oriente.
Con il passaggio dai mamelucchi ai turchi nel 1516, in Palestina si erano insediati in forze i greci ortodossi, che furono nel Seicento fortemente appoggiati dalla Russia zarista, ingaggiando una lotta sorda con i francescani al fine di sottrarre loro la gestione dei Luoghi Santi. Dal 1493 questi erano affidati in esclusiva agli osservanti, beneficati con cospicue elemosine soprattutto dai sovrani spagnoli, ma protetti anche, in concorrenza, da Venezia e nel Seicento dalla Francia. A fronte di una massiccia campagna di sottrazioni tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del Seicento, con la perdita di Betlemme nel 1637 e del Santo Sepolcro nel 1674, Carlo II di Spagna si era deciso a inviare a Costantinopoli un frate iberico che ne ottenne in gran parte la restituzione entro il 1690.
Sbarcato a Giaffa nell’ottobre del 1678, dopo essersi trattenuto per molti mesi in Italia, Sormani si attivò con prudenza, ma con decisione per la soluzione dell’ormai annosa ‘questione dei Luoghi Santi’: sotto il suo mandato, vennero recuperate proprietà adiacenti all’Orto del Getsemani, già acquisito dalla Custodia nel corso degli anni Sessanta; e soprattutto, nel 1679, si riottenne il possesso del santuario di S. Giovanni ad Ain-Karem in Giudea, tradizionalmente indicato come luogo di nascita del Battista. Sormani vi fece ricostruire chiesa e convento, sede di parrocchia e con una scuola primaria per fanciulli e fanciulle: a fine secolo, i parrocchiani erano 45 e la scuola contava 11 allievi. Ottenne inoltre l’unione alla Custodia della missione d’Egitto, della quale venne nominato prefetto il 24 settembre 1680, in vista di una futuribile unione della Chiesa copta con Roma.
Una sua Cronaca di Terra Santa è attestata come presente presso l’Archivio storico diocesano di Vigevano, probabile lascito di Sormani alla diocesi di cui fu presule, ma risulta irrintracciabile.
Nel 1682, Sormani tornò in Europa per partecipare al capitolo generale del suo Ordine, che si tenne in quell’anno a Toledo, e nel quale risultò eletto ministro generale: dal 1517, cioè dall’Ite vos che aveva sancito la supremazia degli osservanti all’interno dell’Ordine, la più alta carica era eletta alternativamente ogni sessennio dalla famiglia cismontana e da quella ultramontana dell’Osservanza, creando di fatto un’alternanza tra un italiano e uno spagnolo, anche se spesso l’italiano era suddito del re cattolico, come nel caso di Sormani. Questi risultò attivo su più fronti durante il suo mandato: si spese per perseguire la linea del rigore interno all’Ordine sin dai primi gradini della carriera di ogni singolo religioso, emanando nel 1684 l’enciclica Conoscendo noi, al fine di raccomandare l’apostolato vocazionale con precise regole per la cura dei postulanti; continuò il suo impegno per la Terra Santa e rafforzò l’operato missionario dei confratelli nelle Americhe iberiche, decretandovi nel 1686 la fondazione di nuovi collegi e il riconoscimento di alcuni già fondati, come quello messicano di Santa Cruz de Queretero.
Durante la sua visita alle province di Germania e Ungheria del 1685, venne utilizzato, nel clima della guerra contro il Turco, come interlocutore pontificio presso Leopoldo I, i principi ungheresi e la Repubblica di Venezia. Ottenne che, nonostante il conflitto, venisse mantenuto aperto l’accesso dei pellegrini ai Luoghi Santi, e approfittò della missione per legare al terz’ordine francescano l’imperatrice Eleonora, terza moglie di Leopoldo, e il precettore dell’arciduca Giuseppe, Franz Ferdinand von Rummel, futuro vescovo di Vienna. Si adoperò infine nel sostegno all’opera di due confratelli eruditi che in quegli anni lavoravano alla storia dell’Ordine: il padre Pierantonio Quaresima, che gli dedicò i suoi Fasti serafici, pubblicati a Venezia nel 1684, un tentativo di storia del francescanesimo attraverso i suoi santi e i suoi martiri; e soprattutto il padre Domenico de Gubernatis, che con la sua Idaea orbis seraphici intese declinare la storia francescana sotto il profilo della missionarietà, con un’impronta universalistica.
Per facilitarne il lavoro, Sormani gli concesse piena libertà di indagine presso l’archivio generalizio e inviò un’enciclica a tutte le province dell’Ordine affinché gli facessero pervenire materiale utile all’impresa. Il risultato fu il primo tomo dell’Orbis seraphicus […] De missionibus inter infideles, stampato a Roma nel 1689.
Indicato l’anno prima da Carlo II come vescovo di Vigevano, con piena soddisfazione di papa Odescalchi, fu il diciassettesimo presule di una diocesi di relativamente recente erezione (1530). Contraddistinto dal rigore e dalla modestia personale propri del suo Ordine, nonostante il cospicuo patrimonio personale, di cui non mancò di beneficare la diocesi, Sormani incarnò con dedizione e cura la figura del presule ‘tridentino’, in un periodo che è stato definito della ‘seconda Controriforma’: indisse infatti subito la visita pastorale, che svolse tra il 1690 e il 1691 (di cui però pare non esservi traccia nell’Archivio storico diocesano locale); si adoperò per dirimere le controversie sorte tra le confraternite laicali e i parroci in relazione alla gestione dei legati pii; promosse l’erezione o il rifacimento di oratori, edicole e chiese dedicate al culto della Vergine, come la Ss. Immacolata nel borgo di Buccella alle porte di Vigevano, S. Maria del Popolo e S. Maria dei Sette Dolori in città, inverando in questo modo la promozione del culto mariano propria dell’Osservanza francescana; implementò le sacre missioni e combatté dal pulpito in particolare il quietismo; dotò cinque sacerdoti da aggiungere ai canonici della cattedrale per il servizio penitenziale, e un maestro per la scuola di musica. Si impegnò inoltre per trovare una sede consona al seminario diocesano, stentatamente fondato nel 1566 da Maurizio Pietra, individuando, nei pressi del giardino del vescovado, che pure fece ristrutturare, un sito, dimora in precedenza delle clarisse locali, dove fece costruire un edificio atto a ospitarlo, annettendovi una nuova chiesa dedicata a S. Anna. Adeguatamente dotato con proventi della Curia, suoi personali e devoluti dalla città, per un numero minimo di 20 alunni, nel 1695 ne affidò le cure alla Congregazione di Somasca, nelle cui fila militava il fratello Gaspare Marino (al quale il vescovo lasciò alla sua morte un legato testamentario di 156 lire annue).
A fine Seicento, si era alle ultime battute della guerra dei Nove anni, che ebbe proprio a Vigevano uno dei suoi atti conclusivi: infatti, sia per la posizione della città, sia probabilmente anche per la caratura di fine diplomatico di Sormani, i rappresentanti di Leopoldo I, di Carlo II, di Guglielmo III e di Vittorio Amedeo II vi siglarono, il 7 ottobre 1696, presso il convento domenicano di S. Pietro Martire, dopo una messa officiata dal vescovo, un trattato di pace che nella sostanza poneva fine alla guerra in ambito italico, sgombrando il Piemonte dalle truppe straniere e segnando il definitivo arretramento della Francia di Luigi XIV dal teatro peninsulare.
All’inizio del nuovo secolo, vedendo declinare la salute fisica, Sormani, oltre a nuove elargizioni in favore della diocesi e dei parenti, dispose che il suo cuore venisse destinato ai confratelli osservanti della chiesa vigevanese di S. Maria delle Grazie, mentre il cadavere fu tumulato in cattedrale, dopo la morte sopraggiunta il 12 agosto 1702.
Fonti e Bibl.: Vigevano, Archivio capitolare, SC1 R5 N4, f. 14, Mons. S. 1688-1702; Archivio storico diocesano, Corrispondenza vescovi dal XIV al XXVI, f. Mon. [sic] Pier Sormano Marino, diciasettesimo [sic] vescovo di Vigevano, 1702.
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