PICCIO, Pier Ruggero
PICCIO, Pier Ruggero. – Nacque a Roma il 27 settembre 1880 da Giacomo e da Caterina Locatelli. Dopo gli studi secondari scelse la carriera delle armi: il 29 novembre 1898 entrò all’Accademia militare di Modena. Ne uscì l’8 settembre 1900 con il grado di sottotenente e fu assegnato al 43° reggimento di fanteria. In seguito fece diverse esperienze all’estero: dapprima (novembre 1903 - febbraio 1907) nello Stato indipendente del Congo, nell’ambito di uno scambio di ufficiali tra l’Italia e il Belgio, poi (marzo 1908 - luglio 1909) a Creta con il contingente italiano che partecipava all’intervento delle potenze europee imposto alla Sublime Porta a seguito della rivolta popolare contro le autorità ottomane scoppiata nel maggio 1896; infine (14 novembre 1911 - 2 dicembre 1912) prese parte alle operazioni italiane in Libia a capo di una sezione di artiglieria in seno al 37° reggimento di fanteria, ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare. Promosso capitano, il 31 marzo 1913 venne assegnato al 19° reggimento di fanteria.
Assegnato su sua domanda alla scuola di pilotaggio di Cascina Malpensa, conseguì successivamente il brevetto di volo su monoplano Nieuport nel luglio 1913 e quello di pilota militare nel novembre dello stesso anno e andò quindi a capo della 5a squadriglia di stanza a Pordenone. Conseguì una seconda medaglia di bronzo al valor militare per le azioni di ricognizione effettuate dal maggio al luglio del 1915. Sciolta la 5a squadriglia alla fine di luglio 1915, tornò alla Malpensa per il passaggio sul bombardiere Caproni 300, prima di assumere il comando della 3a squadriglia che si andava organizzando ad Aviano con quei nuovi apparecchi.
Il 29 febbraio 1916 lasciò il comando al capitano Giulio Palma di Cesnola e fu inviato a Parigi per conversione sul piccolo e maneggevole caccia Bébé Nieuport 11 e nel giugno dello stesso anno andò a Istrana, vicino Treviso, a capo della 77a squadriglia. Nell’ottobre del 1916 fu decorato di medaglia d’argento al valor militare per l’abbattimento di un pallone Draken. Promosso maggiore nel dicembre 1916, dal 15 aprile 1917 ebbe il comando del 10° gruppo squadriglie e volò su Nieuport e poi sul nuovo veloce apparecchio Spad S VII con la 91a squadriglia, aggiudicandosi il primo premio (10.000 lire) del concorso Cacciatori del cielo bandito dal periodico Il Secolo illustrato e finanziato dalla Pirelli per premiare il pilota che avesse riportato il maggio numero di vittorie confermate dal Commissariato per l’aeronautica nel periodo 10 luglio - 31 ottobre 1917: precedette nella classifica gli assi Francesco Baracca e Fulco Ruffo di Calabria, suoi compagni di squadriglia.
Promosso tenente colonnello nell’ottobre del 1917, dopo la battaglia di Caporetto (24 ottobre - 12 novembre 1917) fu nominato ispettore delle squadriglie da caccia. Nella nuova veste si mosse con grande fermezza.
A seguito di ispezioni nelle scuole di volo, ebbe a lamentare un difetto di disciplina e di serietà nell’addestramento dei futuri piloti; nella sua «Istruzione provvisoria d’impiego delle squadriglie da caccia», emanata il 6 giugno 1918, fissò precisi criteri di omologazione delle vittorie rivendicate dai piloti, allo scopo di inibire il ricorso, allora piuttosto diffuso, a testimonianze non tutte attendibili per certificare l’abbattimento di un velivolo nemico; e per meglio rispondere alla minaccia dell’aviazione avversaria vietò i voli individuali sul territorio nemico, disponendo l’impiego coordinato di pattuglie aeree a stretto contatto tra loro.
Nell’estate del 1918 fu insignito della medaglia d’oro e di una seconda medaglia d’argento al valor militare. Con le sue 24 vittorie risultò terzo alle spalle di Baracca (34 vittorie) e di Silvio Scaroni (26 vittorie) nella graduatoria degli assi dell’aviazione italiana.
Nel pomeriggio del 31 ottobre 1918, spintosi in ricognizione sopra i ponti sul Tagliamento, Piccio ebbe il motore colpito dal fuoco della fanteria nemica e si vide costretto ad atterrare dietro le linee austriache. Ma già la sera del 5 novembre, all’indomani della firma dell’armistizio di Villa Giusti, fece ritorno in territorio italiano approfittando della confusione che regnava dalla parte dell’Impero vinto.
Nell’immediato dopoguerra, Piccio rese omaggio all’‘asso degli assi’, Baracca, che era stato suo compagno di squadriglia, firmando la presentazione dell’opuscolo commemorativo pubblicato nel 1919 da Il Secolo illustrato con il titolo Baracca: la carriera, le battaglie, le vittorie del grande aviatore raccontate nelle lettere alla madre.
Intanto era stato assegnato alla sezione militare della delegazione italiana alla conferenza di pace a Parigi, dove conobbe Loranda Batchelder, allora sedicenne, orfana di un ricco commerciante di legname americano di New Orleans. La madre della ragazza dapprima si oppose e poi acconsentì al matrimonio con il quarantenne ufficiale italiano, che fu celebrato a New York nel 1920. La copia ebbe un figlio, Pier Giacomo, che fu presto al centro di una contesa tra i coniugi, ormai separati di fatto, degna del copione di quelle pellicole melodrammatiche che tanto incontravano il favore del pubblico.
Stando alle notizie riportate dal quotidiano statunitense Galveston daily news in un articolo datato 15 agosto 1924 dal titolo Countess Piccio’s thrilling fight for her baby just like the movies, only far more exciting – The battle of the American heiress with her noble husband, The Italian ‘ace of aces’, Piccio avrebbe prima sottratto il bambino dalla casa parigina della moglie, la quale a sua volta lo avrebbe sottratto al marito a Roma e sarebbe quindi fuggita con lui a Napoli per imbarcarsi su una nave, dove sarebbe stata intercettata e tratta in un albergo in Corsica da un gruppo di ufficiali della Regia aeronautica mandati da Piccio al suo inseguimento.
Nel luglio 1926 la donna ottenne l’annullamento del matrimonio dalla giustizia statunitense e poi dalla Corte d’appello di Roma il 26 novembre 1929. Piccio si sposò in seconde nozze, non è noto quando, con Matilde Veglia. Non ebbero figli.
È possibile che il piccolo Pier Giacomo fosse stato affidato alla madre e abbia vissuto con lei a Parigi sia prima sia dopo l’annullamento dell’unione: in quegli anni Piccio dette ben due volte le dimissioni dalla carica più alta della Regia aeronautica di cui fu il primo comandante generale (25 ottobre 1923 - 1° marzo 1925) e poi il primo capo di stato maggiore (1° gennaio 1926 - 6 febbraio 1927) per andare a ricoprire il più modesto ruolo di addetto aeronautico presso l’ambasciata italiana a Parigi.
Quel ruolo era stato istituito con regio decreto 821 dell’8 aprile 1921 e venne ricoperto nei periodi aprile 1921 - ottobre 1923, aprile - novembre 1925, gennaio 1928 - settembre 1935. Si trattava di una funzione poco consona al rango dell’ufficiale con il grado più alto nell’aeronautica – fu successivamente generale di brigata aerea, di divisione aerea (10 luglio 1925) e infine di squadra aerea (settembre 1932). Va ricordato che Piccio era stato scelto da Benito Mussolini con l’approvazione unanime dei vertici dell’Esercito e della Marina – il generale Armando Diaz e l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel – per essere posto al comando dell’aviazione nel gennaio 1923 e inoltre godeva della stima del re, che lo aveva fatto conte e nominato suo aiutante di campo onorario nel marzo dello stesso anno; non poteva quindi scegliere questa destinazione se non per fondati motivi strettamente personali.
Pare inoltre che Piccio, il quale viveva stabilmente più a Parigi – la sua residenza principale era a Neuilly sur Seine – che a Roma, anche nei periodi in cui avrebbe dovuto esercitare il comando della Regia aeronautica non curasse troppo i suoi doveri d’ufficio delegando al suo posto il vicecomandante e poi il vicecapo di stato maggiore.
Se questo comportamento sembra non turbasse i suoi rapporti con il gerarca fascista ed ex pilota di guerra Aldo Finzi, al quale Mussolini aveva affidato la guida politica dell’aviazione in qualità di vicecommissario all’Aeronautica, gli valse invece una dura denuncia indirizzata il 7 dicembre 1925 al duce dal generale Alberto Bonzani, successore del dimissionario Finzi nella carica di vicecommissario (giugno 1924) e poi di sottosegretario (maggio 1925) all’Aeronautica: «Come io stesso ebbi a dire al generale Piccio, egli non ha adempiuto finora né ai compiti di Addetto militare aeronautico, né a quelli di capo di stato maggiore; nessuna relazione sull’aeronautica francese venne da lui trasmessa da tempo, mentre le sue brevi fermate a Roma sono state assai poco redditizie nei riguardi delle questioni di più alta importanza e sulle quali il parere motivato ed esplicito del capo di stato maggiore responsabile è indispensabile» (Rochat, 1979, pp. 31 s.).
Il capo del governo rispose ribadendo la sua piena fiducia a Bonzani e chiedendo esplicitamente che Piccio venisse messo alla prova «per definire una buona volta per sempre la sua posizione e responsabilità» (p. 32). Tuttavia, come stava a dimostrare la sua nomina a comandante dell’aviazione decisa dai maggiori capi dell’Esercito e della Marina d’intesa con Mussolini nel gennaio 1923, il prestigio personale di cui godeva Piccio nell’ambiente aeronautico e militare doveva essere piuttosto forte, poiché fu sostituito a capo della Regia aeronautica dal generale Armando Armani soltanto nel febbraio 1927, dopo che a Bonzani era subentrato un gerarca di primo piano ambizioso e geloso della propria autorità quale Italo Balbo. Piccio mantenne comunque il ruolo di addetto aeronautico a Parigi fino al 1935, quando con il collocamento in posizione ausiliaria ebbe termine la sua carriera militare. Nel novembre 1933 fu nominato senatore del Regno.
Morì a Roma il 30 luglio 1965.
Fonti e Bibl.: Le fonti primarie sulla carriera di Piccio, in particolare il suo libretto personale, sono reperibili presso l’Ufficio storico dello stato maggiore dell’Aeronautica in Roma. Altre notizie si possono ricavare dalla collezione del periodico Nel Cielo. Rivista quindicinale del Secolo illustrato (dicembre 1917 - ottobre 1919).
Non esiste una sua biografia di una qualche ampiezza; informazioni preziose sulla sua carriera si hanno in G. Rochat, Italo Balbo aviatore e ministro dell’Aeronautica, 1926-1933, Ferrara 1979, ad ind.; G. D’Avanzo, Ali e poltrone, Roma 1981, ad ind.; I. Guerrini - M. Pluviano, Francesco Baracca, una vita al volo. Guerra e privato di un mito dell’aviazione, Udine 2000, ad ind.; R. Gentile - A. Iozzi - P. Varriale, Gli assi dell’aviazione italiana nella Grande Guerra, Roma 2002, ad ind.; J. Gooch, Mussolini and his generals. The armed forces and fascist foreign policy, 1922-1940, Cambridge 2008, ad ind.; P. Varriale, Gli assi italiani della Grande Guerra, Gorizia 2011, ad indicem.