ALDINI, Pier Vittorio
Nato a Cesena il 19 apr. 1773 dal letterato e antiquario Gioseff'Antonio e da Catterina Rossi, si laureò in giurisprudenza in patria (1794) e molto più tardi in filosofia a Pavia (1825), quando era già professore in quell'ateneo. Dopo una dimora giovanile a Roma, copri diverse cariche amministrative in città dello Stato pontificio sotto l'occupazione francese, e durante il Regno italico nel Veneto e in Lombardia, trattenendosi più a lungo quale segretario generale della Prefettura del Lario (1812-16) a Como, dove cominciò a interessarsi alle antichità romane della città, che più tardi studierà di proposito. Stabilitosi a Pavia, vi fu professore, provvisorio dal 1819, ordinario dal 1821, di archeologia, numismatica, diplomatica e araldica, e vi diresse e in gran parte formò, anche con raccolte proprie, il Gabinetto archeologico e nurnismatico dell'università (si deve a lui anche l'ordinamento del museo Malaspizia). Fu inoltre supplente alla cattedra di storia universale e austriaca, due volte decano della facoltà filosofica e rettore magnifico (1836-37).
Alla maturità e al periodo pavese spetta nella sua totalità la produzione scientifica dell'A., che si articola in alcuni volumi e in una dozzina tra memorie antiquarie, schemi di corsi e prolusioni universitarie, non privi di spunti metodologici e di tendenze a una sistemazione teorica delle discipline da lui professate. Collaborò anche con recensioni a vari periodici, principainiente la Biblioteca Italiana. Le pubblicazioni dell'A. sono di carattere prevalentemente antiquario, anche nel campo medievale, ma più spesso rivolte all'epigrafia romana; e rispecchiano una formazione in cui certo confluirono gl'insegnamenti paterni, la ricca tradizione di studi epigrafici propria della Romagna tra l'età del Marini e quella del Borghesi, le suggestioni dell'ambiente culturale emiliano e lombardo, anche se l'A. non raggiunse l'eccellenza di esempi contemporanei di più alto livello quali O. Cavedoni e G. Labus. Emergono tra i suoi lavori l'edizione delle epigrafi romane di Pavia (Sulle antiche lapidi ticinesi, con appendice sopra un'epigrafe di Casteggio. Esercitazioni antiquarie, Pavia 1831), delle epigrafi e di alcuni monumenti figurati di Como (Gli antichi marmi comensi figurati e letterati, Pavia 1834) e la memoria numismatica Sul tipo primario delle antiche monete della romana repubblica, nelle Mem. d. R. Accad. delle Scienze di Torino, serie 2, III (1841), cl. di sc. mor., pp. 199-208, mentre lo studio delle iscrizioni cristiane e longobarde di Pavia, delle quali egli intui l'importanza (Sulle antiche lapidi ticinesi, cit., pp. 4-8), sembra essere rimasto allo stato di progetto.
Per altri rispetti sono assai notevoli due suoi lavori di diverso argomento. Il primo è la biografia del padre, che pubblicò in edizione privata per un'occasione familiare, e forse non senza ragione priva del proprio nome e delle note tipografiche (Memorie intorno alla vita di Gioseff'Antonio Aldini di Cesena scritte da Periandro Elideo pastor arcade, s.l. 1835).
Il libretto fornisce un attraente e prezioso quadro della cultura e dello spirito pubblico cesenate e romagnolo nella seconda metà del Settecento, e interessa anche per la conoscenza delle idee letterarie dell'A., che sono quelle di un classicista di stretta osservanza, com'è naturale in un uomo della sua formazione e per gli stretti contatti che mantenne con amici romagnoli quali il Borghesi, il Fabbri e il Montalti; la storia della polemica paterna sull'uso del latino vi è proseguita in un'interessante digressione fino al suo tempo e al suo punto di vista. Vi si intravedono anche, qua e là velate, tracce del suo atteggiamento politico: che è ormai quello di un conservatore illuminato, ma che nel legalitarismo del funzionario austriaco lascia trasparire esperienze e simpatie dell'epoca napoleonica.
L'altro lavoro è il catalogo della sua collezione di codici (Manuscriptorum codicum series apud P. V. Aldinium... adnotationibus illustrata,Ticini Regii 1840): collezione di notevole importanza (355 mss. in gran parte medievali, non senza alcuni greci e orientali, oltre a un migliaio di carte e pergamene), che fu acquistata integralmente per la biblioteca della sua università, dove ancora costituisce il più pregevole fondo di manoscritti, e rappresenta un'altra importante benemerenza dell'A., in un momento in cui grandi quantità di manoscritti dislocati dai rivolgimenti dei tempi passavano il più delle volte le Alpi. Di altri preziosi codici da lui posseduti egli si era privato a favore di pubbliche raccolte (op. Cit., pp. 4-5).
L'A. morì a Pavia il 3 giugno 1842.
Bibl.: Chiappa, in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri... del sec. XVIII e de' contemporanei, IX, Venezia 1844, pp. 170-174; Memorie e documenti per la storia dell'Univ. di Pavia, I, Pavia 1878, pp. 494,504; N. Trovanelli, in E. Fabbri, Sei anni e due mesi della mia vita, Roma 1915, pp. CII, CLIV, 408; U. De Maria, Della vita, degli scritti e degli amici del conte Eduardo Fabbri, Bologna 1921, pp. 76, 79, 80; A. M. Baronio, Alcune lettere di B. Borghesi, in Studi romagn., IX (1958), p. 100; per le sillogi epigrafiche di Como e di Pavia, cfr. Th. Mommsen, in Corpus inscriptionum Latinarum, V, 2, Berlino 1877, pp. 564, 706 (giudizi severi); per la collez. di codici, L. De Marchi-O. Bertolani, Inventario dei manoscritti della R. Bibl. Univ. di Pavia, I, Milano 1894, Introduz., passim, pp. 341-345 (questo primo volume contiene la descrizione dell'attuale Fondo Aldini, in realtà arricchito di molti altri mss. di diversa provenienza).