LEGACCI, Pierantonio
Poco si conosce di questo personaggio, nato a Siena da Bartolomeo di Benedetto nella seconda metà del XV secolo. Sicuramente visse e lavorò a Siena come "ligrittiere", cioè venditore di panni al minuto, gestendo una bottega di stoffe, ereditata dal padre negli ultimi anni del Quattrocento, insieme con il soprannome o forse patronimico "dello Stricca" o "della Stricca", probabile variazione comica sul cognome. L'esercizio non era troppo fiorente, almeno a giudicare dalla denuncia dei beni presentata nel 1531 (per la quale fu comunque tassato per la consistente cifra di 925 lire), in cui dichiarava, oltre a qualche credito di difficile riscossione, di essere in possesso soltanto di "pochissimi drapi e senza seta o denari chontanti" (Arch. di Stato di Siena, Lira, 241, c. 682r). Dallo stesso documento si hanno notizie relative alla sua famiglia (composta dalla moglie, tre figli e una serva) e al possesso di "alquante masserizie al servizio de la sua brigata". La dichiarazione presentata dieci anni dopo, nel 1541, agli ufficiali preposti alla distribuzione del grano mostra una situazione inalterata.
Sull'espressione "brigata" della denuncia del 1531 si è di recente appuntata l'attenzione. Braghieri ha ritenuto che indicasse la compagnia comica di cui il L. sarebbe stato il fondatore o una sorta di impresario ante litteram; ma il termine è troppo generico ed è impiegato in questo tipo di atti per lo più per indicare la famiglia, anche allargata, del denunciante. In effetti, l'artigianato comico senese del primo Cinquecento prevedeva la formazione di brigate destinate alla rappresentazione di spettacoli di strada, ma organizzate in modo estemporaneo, di sicuro scarsamente regolate e gestite da un punto di vista gerarchico e formale. Inoltre, nessun elemento autorizza a pensare all'esistenza di una troupe di questo genere, guidata dal L., né le sue opere contengono accenni a strutture organizzative degli attori, reperibili in altri autori senesi.
A giudicare dalla produzione passata alla stampa, il L. risulta il più prolifico dei comici artigiani senesi dei primi decenni del secolo XVI, a cavallo della fondazione della Congrega dei Rozzi nel 1531. Di lui, oltre ad alcune stanze e a una barzelletta (pubblicate in coda a due composizioni celebrative della vittoria senese a Camollia nel 1526 sulle truppe fiorentine e pontificie, attribuitegli per la prima volta da C. Mazzi alla fine dell'Ottocento, cfr. Valenti, p. 75), sono state reperite tredici composizioni teatrali e una raccolta di versi, pubblicate in un arco cronologico compreso fra il 1516 e il 1548. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di: egloghe o di commedie rusticali (Bernino, Cilombrino, Nardo, Scatizza, Straccale, Tognin del Cresta), alcune delle quali "alla martorella", cioè in ballo rusticale o "in tondo" (Don Picchione, Mezzucchio, Niccola, Savina, Solfinello); di due egloghe pastorali con evidenti inserzioni di materiali villaneschi (Cicro e Pan dio de' pastori); e infine di strambotti e capitoli (Strambotti e capitoli alla villana).
Secondo le ricerche di Valenti, fino al 1614 le edizioni di opere del L. ammontano a settantanove, il che induce a ipotizzare una commercializzazione estesa anche al di fuori dei tradizionali circuiti locali e cittadini, dovuta all'intensa iniziativa editoriale di Giovanni di Alessandro Landi, di fatto editore di quasi l'intero corpus della produzione teatrale dei cosiddetti "prerozzi". Questi si servì per la stampa delle opere del L., così come per quelle degli altri comici artigiani senesi, di diversi tipografi operanti a Siena nella prima metà del XVI secolo: Simone di Niccolò di Nardo, Michelangelo di Bartolomeo de' Libri, Michelangelo di Bernardino Castagni, Antonio Mazzocchi, Niccolò di Piero di Guccio da Cortona e Francesco di Simone Bindi. Le stampe delle opere del L. al di fuori di Siena risultano praticamente irrilevanti: sono state rinvenute solo due edizioni romane, una perugina e due veneziane, oltre a tre fiorentine e a una lionese molto tarde.
Le trame e la morfologia del teatro del L. rinviano ai generi tradizionali caratteristici della letteratura comica senese del primo Cinquecento. A quello del mogliazzo, il cui nucleo è costituito dalle vicende legate a un matrimonio spesso contrastato, possono essere ricondotti i conflitti per la conquista dell'amata, come in Mezzucchio e Pan dio de' pastori, la sempre incombente figura del mezzano, il contratto notarile, le nozze risolutive con corredo di doni e tavola nuziale. Nel tradizionale genere del contrasto amoroso possono essere inserite le scene relative alle liti rusticali per amore o per denaro e quelle fra coniugi e fra madre e figlio desideroso di moglie. Costante è il rinvio al repertorio frottolistico, esplicito in serenate, duetti e gare di canto, canzoni "figurate" e "a ballo". Non mancano echi della novellistica boccacciana, ambientata a volte proprio nel territorio di Siena, come nel caso del Tognin del Cresta e del Niccola, e ancora del Cilombrino e del Don Picchione. Nelle due pastorali, Pan dio de' pastori e Cicro, sono riconoscibili richiami al repertorio bucolico. Nel Cicro e nella Savina sono state colte affinità con la Lilia di Filenio Gallo. Risulta invece assente la componente erudita, anche nelle sue possibili applicazioni a trame e personaggi regali, favolosi o mitologici.
Nelle opere del L. il contadino acquista i tratti emblematici di un mondo destinato all'inevitabile sconfitta nel confronto aspro con un contesto sociale ed economico diverso. Nel Bernino, per esempio, la figura del prete presente nelle precedenti composizioni è sostituita da quella antagonista del cittadino. Al di là di un anticlericalismo di fondo, compaiono, contrapposti alla consueta figura del villano, anche esponenti di altre classi sociali, destinati a svolgere la funzione che nei testi precedenti della letteratura comica senese era essenzialmente delegata ai pastori.
La produzione del L. presenta aspetti di originalità rispetto a quella di altri comici artigiani senesi, anche perché non si limita a una mera riproposta del patrimonio tradizionale e popolare, ma procede all'isolamento e alla rielaborazione di alcuni tratti specifici caratterizzanti, per trasformarli in attributi espressivi dei personaggi, i quali, proprio sulla base di questi ultimi, finiscono per determinare le situazioni comiche delle rappresentazioni. La propensione dei personaggi a esprimersi autonomamente in balli, canti, giochi di parole, doppi sensi osceni, contrasti verbali a volte aspri rispetto agli altri testi dei comici artigiani senesi, non è così frequente nei testi del L., nei quali prevale piuttosto l'invenzione linguistica e dialogica. Un ulteriore elemento di originalità del teatro del L. è costituito dalla scelta "tecnica" di elaborare scene in qualche modo autonome all'interno del testo, con personaggi diversi e apparentemente non legati alla vicenda principale, come nel caso della Savina e di Bernino. Ciò comporta talora il riuso di scene di repertorio, riadattate di volta in volta, ma anche un mancato interesse per un'unità strutturale dei testi già evidente, tranne che in qualche misura nello Straccale, nell'assenza di prologhi.
Si ignora la data di morte del L., avvenuta presumibilmente a Siena.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Lira, 122, c. 185r; 224, c. 662r; 241, c. 682r; Balia, 943, c. 66v; Siena, Biblioteca comunale, Mss., A.VII.35: G.A. Pecci, Scrittori senesi, c. 67v; Z.I.8: U. Benvoglienti, Scrittori senesi, c. 177r; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, o' vero Relazione delli uomini, e donne illustri della città di Siena, I, Pistoia 1649, p. 620; L. Allacci, Drammaturgia… accresciuta e continuata fino all'anno MDCCLV, Venezia 1755, coll. 144, 187, 189, 529, 555, 627, 695, 729, 740, 771; C. Mazzi, La Congrega dei Rozzi di Siena nel secolo XVI, Firenze 1882, I, pp. 152-155, 163 s., 184, 190, 205, 264; II, pp. 58-75, 249 s.; E. Carrara, La poesia pastorale, Milano s.d. [ma 1909], p. 306; E. Bocci, Un teatro popolare del secolo XVI: la commedia dei Rozzi, in Belfagor, VII (1952), pp. 536, 541 s., 551, 553; R. Alonge, Il teatro dei Rozzi di Siena, Firenze 1967, pp. XVI, 20 s., 23 s., 31 s., 35-43, 50, 87 s., 115 n., 144 n., 196, 199 s.; M. Pieri, La scena boschereccia nel Rinascimento italiano, Padova 1983, pp. 85 n., 88-91, 95 n., 101 n.; G. Ulysse, Théâtre et société au Cinquecento, I, Aix-en-Provence 1984, pp. 89-91, 383-412 e ad ind.; F. Angelini, Su alcune "rozze" pastorali, in Origini del dramma pastorale in Europa…, Viterbo 1984, pp. 192-194, 197; R. Braghieri, Il teatro a Siena nei primi anni del Cinquecento. L'esperienza teatrale dei pre-Rozzi, in Bull. senese di storia patria, XCIII (1986), pp. 44 s., 47 s., 50, 53, 58-60, 67, 69 s., 72, 77-83, 88, 91, 93-96, 98 s., 129-138; G. Ulysse, La violenza nella farsa italiana del primo Cinquecento…, in Teatro comico tra Medio Evo e Rinascimento: la farsa…, Viterbo 1987, pp. 197, 206-208; M. Pieri, La nascita del teatro moderno in Italia tra XV e XVI secolo, Torino 1989, pp. 26, 117; C. Valenti, Comici artigiani. Mestiere e forme dello spettacolo a Siena nella prima metà del Cinquecento, Ferrara 1992, p. 75 e ad ind.; F. Glénisson-Delannée, Les églogues de Filenio Gallo, un modèle pré-rozziano?, in Bull. senese di storia patria, C (1993), pp. 121-125, 137-140; M. Feo, La commedia popolare senese del Cinquecento come letteratura antiumanistica, in Umanesimo a Siena… Atti del Convegno… 1991, a cura di E. Cioni - D. Fausti, Siena 1994, p. 124.