MEZZASTRIS, Pierantonio. –
Erede di una genia di pittori (il bisnonno Matteolo risulta svolgere tale attività in un documento del 1382), il M. nacque presumibilmente a Foligno nella seconda metà del quarto decennio del Quattrocento da Andrea di Pietro e Angelina. Il padre era a sua volta titolare di un’avviata bottega pittorica e morì prima del 23 ag. 1457, data del più antico documento noto relativo al M., allorquando Angelina, già vedova, dettò le proprie volontà testamentarie nominando i due figli, il M. e Tommaso, eredi universali e destinando loro la gran parte dei suoi beni (Sensi, p. 154). Nel testamento di Angelina sono citati come beneficiari anche Isotta e Polidoro, i due figli di Onofria (sorella primogenita del M. deceduta ventenne nel 1447) e di Bartolomeo di Tommaso, tra i più importanti pittori folignati della prima metà del Quattrocento. Quest’ultimò morì all’incirca quarantacinquenne nel 1454 e in quella circostanza i due bambini furono affidati alla tutela del M., di cui Polidoro avrebbe seguito le orme divenendo anch’egli pittore.
Si può supporre un periodo di alunnato del M., o perlomeno un transito in qualità di aiuto, presso la bottega del più maturo cognato Bartolomeo di Tommaso, titolare di commissioni di notevole spicco non solo in Umbria ma anche nelle Marche, in Romagna e a Roma, dove fu all’opera addirittura nei palazzi Vaticani e in Campidoglio. Fermo restando un inevitabile primo apprendistato paterno, il capitolo relativo alla formazione artistica del M. resta comunque ancora aperto a varie ipotesi, che ruotano intorno, da un lato, a figure autoctone di spicco come l’energico Pietro Mazzaforte (la cui produzione era ancora radicata nella locale tradizione tardogotica) e l’astro nascente Niccolò di Liberatore, col suo linguaggio figurativo più aggiornato, e dall’altro a Benozzo Gozzoli (Benozzo di Lese) che, sulle pareti dell’abside di S. Francesco a Montefalco, proprio alla metà del secolo aveva lasciato, col ciclo di affreschi raffiguranti la vita del santo di Assisi, il testo chiave per l’aggiornamento della pittura umbra in chiave fiorentina e rinascimentale. L’influenza di questi ultimi due pittori, e in modo speciale di Gozzoli, traspare palesemente già nei primi cimenti del M. e ne avrebbe segnato incontrovertibilmente l’intera produzione, caratterizzata da sviluppi e modificazioni pressoché impercettibili.
Il primo, sia pur flebile, puntello nella ricostruzione del curriculum del M. è costituito da un documento del 19 apr. 1458 (S. Felicetti, in Pittura a Foligno, p. 47, al quale si rimanda dove non diversamente indicato) nel quale per la prima volta egli viene qualificato come maestro pittore, prova sia della già raggiunta maggiore età sia di un acquisito pubblico riconoscimento di status in quanto titolare di una bottega. Per il decennio successivo tutti gli elementi documentari certi che riguardano l’attività del M. fanno riferimento a imprese di entità particolarmente modesta.
Tra il 1461 e il 1463 ricevette una serie di piccoli pagamenti dal camerlengo della Camera apostolica di Foligno relativi alla pittura di un palio per la festa di S. Feliciano e ad alcuni lavori nella camera dell’uditore e nello studio del governatore all’interno del palazzo apostolico (pp. 56-58).
Particolarmente arduo si presenta il compito di valutare il ruolo del M. in un’opera di ampie proporzioni, quasi certamente ultimata entro il 1460, che pure riveste un ruolo centrale nello sviluppo della pittura folignate: la decorazione pittorica della cappella dei Ss. Pietro e Paolo (altrimenti nota come cappella di Cola delle Casse) in S. Maria in Campis a Foligno, tuttora uno dei più spinosi nodi critici della pittura umbra di metà Quattrocento.
Si sa per certo che la sua esistenza si deve all’impegno assunto da Pietro di Cola delle Casse, il quale (corrispondendo alle estreme volontà del padre Antonio) nei suoi tre testamenti redatti fra il 1452 e il 1454 affidò al figlio Antonio il compito di far costruire e decorare una nuova cappella all’interno della chiesa. Quanto all’autore o, più opportunamente, agli autori degli arredi pittorici, in assenza di qualsiasi riscontro documentario, la letteratura critica ha formulato un ventaglio piuttosto articolato di ipotesi che hanno coinvolto in varia misura i nomi di Pietro Mazzaforte, di un Maestro di Cola delle Casse (forse lo stesso Mazzaforte), di Niccolò di Liberatore, del M. e di un Maestro della Crocifissione di Bevagna (forse lo stesso Mezzastris). È assai probabile che le pitture siano state eseguite tra il 1458, anno di morte di Pietro di Cola delle Casse, e il 1460, allorquando la cappella risulta già intitolata ai Ss. Pietro e Paolo. Tale cronologia ne fa di gran lunga il più antico cimento pittorico in cui si può riconoscere, per quanto problematicamente, la mano del giovane M., e dunque il testo chiave nella lettura della sua parabola artistica sino alla prima maturità. Si può considerare il M. seriamente indiziato, sia pur non con il riconoscimento unanime degli studiosi, dell’esecuzione della Crocifissione sulla parete d’altare, di parte della grande scena raffigurante sulla parete sinistra La navicella di Pietro, alla maniera del mosaico giottesco per S. Pietro in Vaticano, nonché dell’Angelo annunziante e della S. Lucia sulla parete d’ingresso.
Indiscutibilmente autografa (la firma risultando ancora leggibile al principio del secolo scorso) si presenta, per contro, un’altra tra le imprese maggiori del M. sprovvista di puntelli cronologici certi: le Storie di s. Francesco e di s. Bernardino dipinte a Narni (forse su commissione di Berardo Eroli, vescovo di Spoleto dal 1448 al 1474) sulle pareti dell’oratorio di S. Bernardino, già adiacente alla chiesa di S. Francesco e oggi inglobato al suo interno e noto come cappella Eroli in quanto acquisito nel 1823 dalla nobile famiglia narnese. L’opera, di difficile collocazione cronologica nel percorso senza scosse né evoluzioni del M., è probabilmente frutto della prima maturità del pittore, tra la seconda metà del settimo decennio e il principio del successivo (L. Vignoli, in P. M. Pittore…, pp. 193-217).
Sulle quattro lunette delle pareti laterali si succedono otto storie, sei delle quali dedicate a s. Francesco e due a s. Bernardino. Le prime sono chiaramente derivate dal ciclo analogo eseguito da Benozzo Gozzoli nel 1452 sull’abside della chiesa di S. Francesco a Montefalco, con esiti che, a parte la minore padronanza prospettica e l’estro architettonico più povero, in qualche caso rasentano il calco compositivo (Approvazione della regola da parte di Onorio III, Incontro di s. Francesco e s. Domenico davanti alla basilica Vaticana, Innocenzo III vede in sogno s. Francesco che sostiene il Laterano, Prova del fuoco davanti al sultano d’Egitto). Ma è nella vivace freschezza delle espressioni e nel fantasioso antinaturalismo del paesaggio del S. Francesco che caccia i diavoli da Arezzo e dell’Incontro tra s. Bernardino e Celestino V – tra stilizzazione tardogotica e luminosi schematismi che richiamano delicatamente, oltre a Guido di Pietro, detto Beato Angelico, e Benozzo Gozzoli, anche Masolino da Panicale e Paolo Uccello – che il M. gioca in questo ciclo le sue carte migliori e più peculiari. Agli stessi anni dovrebbe appartenere un’altra opera eseguita dal M. a Narni, per la chiesa dei Minori Osservanti di S. Girolamo, la deperita lunetta del portale raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. Francesco e Girolamo, oggi conservata nel locale Museo civico.
Diversamente da quanto si riteneva fino a pochi anni or sono, la più antica opera firmata e datata del M. fra quelle conservate è il grande affresco raffigurante la Madonna col Bambino in trono fra angeli musicanti e i ss. Sebastiano, Giovanni Battista, Girolamo e Leonardo, con ai piedi una veduta di Foligno, sul catino absidale della chiesa della Madonna della Fiamenga, tra Spello e Foligno: opera che esemplifica perfettamente gli orizzonti stilistici della pittura del M., intessuta com’è di suggestioni dall’Angelico e da Benozzo. Recentemente, infatti, è stato possibile decifrare, tra i moltissimi graffiti di cui è disseminato il dipinto murale, tre iscrizioni delle quali due riportano l’indicazione «1467 de magio fu penta» e la terza la firma e la data di esecuzione: «Petrus Antonius de Fulgineo pinsit 1467». Quest’ultima formula, tra l’altro, è la medesima riscontrabile nelle poche opere firmate eseguite ad affresco dal M. nel corso dell’ottavo decennio: nel 1472 la lunetta del portale del monastero di S. Lucia in Foligno, raffigurante la Madonna col Bambino tra le ss. Chiara e Lucia, e le Storie dei ss. Antonio Abate e Giacomo dipinte sulle pareti dell’oratorio dell’ospedale dei Pellegrini ad Assisi, commissionate il 21 maggio 1477.
La prima di queste due opere s’impone per la sua incondizionata adesione agli stilemi del linguaggio pittorico gozzolesco, ispirandosi in tutto e per tutto (con l’esclusiva sostituzione dei santi posti ai lati della Vergine col Bambino) all’affresco eseguito da Gozzoli nel portale della chiesa di S. Fortunato a Montefalco intorno al 1450. L’impegno nell’oratorio dei Pellegrini in Assisi, dedicato ai Ss. Giacomo e Antonio Abate, rappresenta una tra le commissioni di maggiore importanza ottenute dal M. in tutta la sua carriera, nonché il suo risultato di più nobile qualità pittorica, quello in cui meglio si fondono ingenua grazia tardogotica e prudenti spinte in direzione prospettica e antiquariale. La facciata e la parete d’altare dell’oratorio erano state già decorate nel 1468 da Matteo da Gualdo e solo nove anni dopo, il 21 maggio 1477, fu sottoscritto il dettagliato contratto che impegnava il M. a ultimare gli arredi pittorici della cappella dell’ospedale per la cifra di 60 fiorini, nonché a eseguire gli affreschi (perduti) di una cappella intitolata alla Vergine nella cattedrale di S. Rufino (P. M. Pittore..., pp. 54-56). Il pittore realizzò, d’accordo con i termini definiti contrattualmente, i Quattro dottori della Chiesa sulla volta; sulla parete destra, da destra verso sinistra, due Storie di s. Giacomo e su quella sinistra due Storie di s. Antonio Abate; infine, nella parete di controfacciata il M. dipinse sulla lunetta il Dio Padre benedicente e ai lati dell’ingresso i due santi titolari dell’oratorio.
Ancora dentro l’ottavo decennio si situa un’ulteriore impresa documentata del M.: i perduti affreschi sulla volta di una cappella nella chiesa del convento di S. Lorenzo a Rapecchiano, nei pressi di Foligno. Il contratto di quest’opera fu sottoscritto il 4 dic. 1478 e prevedeva che essa dovesse essere ultimata entro il successivo mese di maggio per un compenso di 10 fiorini. Nel 1482 il M. fu di nuovo attivo ad Assisi eseguendo e datando la Crocifissione nel coro della chiesa del convento di S. Damiano, opera particolarmente vicina ai modi di Niccolò di Liberatore.
Entro la metà del nono decennio dovrebbe collocarsi la data di nascita del figlio Bernardino, che fu modesto pittore, collaboratore e stretto seguace del padre, la cui attività è documentata fra il 1502 e il 1539.
Al 1486 risale l’affresco con la Madonna incoronata e angeli, firmato e datato, realizzato dal M. per la chiesa dell’ospedale vecchio di Foligno e oggi conservato nel Museo della città; l’anno dopo eseguì per il monastero di S. Anna a Foligno l’affresco raffigurante S. Francesco che riceve le stimmate, fedelmente modellato sul prototipo giottesco della chiesa superiore di S. Francesco ad Assisi. Il 20 apr. 1488 fu formalizzato l’incarico al M. per l’esecuzione degli affreschi della cappella di S. Sebastiano nella chiesa di S. Martino a Trevi, fissando un compenso di 23 fiorini e una coppa di grano (p. 96). Di tale commissione si conserva in situ solo un frammento raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. Francesco e Antonio da Padova. Al 1496 risale il saldo di 12 fiorini a compenso di una Vergine e santi dipinta nella chiesa di S. Nicolò a Foligno (p. 105), della quale permangono oggi solo Due angeli riemersi sotto lo scialbo durante un restauro compiuto nel 1999. Negli ultimi anni della sua attività sono ancora documentati due impegni di una certa entità.
In primo luogo la perduta decorazione ad affresco della tribuna della chiesa di S. Francesco a Bevagna, per la quale ricevette il pagamento conclusivo il 17 ott. 1499 a saldo del compenso complessivo di 122 fiorini e due salme di grano, essendosi altresì assunto l’onere di intervenire sull’opera per i dieci anni successivi ove ciò si fosse reso necessario per sue responsabilità. Allo stesso 1499, come risulta dall’iscrizione ancora leggibile con la firma e la data, risale, infine, l’affresco con la Madonna col Bambino in trono fra i ss. Francesco e Giovanni Battista, eseguito sopra il portale d’ingresso del convento di S. Francesco a Foligno, luogo per il quale il M. aveva già prestato i propri servigi in almeno altre due circostanze realizzando affreschi oggi conservati, al pari di quest’ultimo, nel locale Museo.
L’ultima fonte documentaria diretta sul M. è costituita dal suo testamento, sottoscritto il 13 nov. 1506 (P. M. Pittore ..., pp. 176 s.), nel quale si preoccupò di fornire una dote adeguata alla figlia Orsolina e nominò Bernardino suo erede universale. Nel gennaio 1509 il M. era già deceduto probabilmente a Foligno, come risulta da un atto in cui il figlio si impegnava a eseguirne le volontà testamentarie.
Fonti e Bibl.: J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A new history of painting in Italy from the second to the sixteenth century, III, London 1866, pp. 122-125; A. Rossi, I pittori di Foligno nel secolo d’oro delle arti italiane, in Giornale di erudizione artistica, IX (1872), 1, pp. 249-306; Id., Giunte ai pittori di Foligno pubblicati nel 1872, ibid., n.s., I (1883), pp. 65-77; G. Cristofani, Appunti critici sulla scuola folignate (dipinti malnoti o inediti), in Bollettino d’arte, V (1911), 3-4, pp. 5-17; U. Gnoli, Pittori e miniatori dell’Umbria, Spoleto 1923, pp. 239-241; S.M. Mazzara, P. M., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, Leipzig 1930, pp. 503 s.; M. Sensi, Documenti per Bartolomeo di Tommaso da Foligno, in Paragone, XXVIII (1977), 325, pp. 103-156; F. Todini, La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, pp. 225-228; Pittura a Foligno 1439-1501, a cura di B. Toscano, Foligno 2000, ad ind.; Nicolaus Pictor. Nicolò di Liberatore detto l’Alunno (catal.), a cura di G. Benazzi - E. Lunghi, Foligno 2004, ad ind.; F. Todini, Niccolò Alunno e la sua bottega, Perugia 2004, ad ind.; P. M. Pittore a Foligno nella seconda metà del Quattrocento, a cura di G. Benazzi - E. Lunghi, Foligno 2007.
L. Bortolotti