SCARAMELLA, Pierina
– Nacque a Parma il 18 febbraio 1906 da Gino e da Paolina Levi, entrambi di cultura ebraica.
Figura interessante della botanica italiana dei decenni centrali del Novecento, fu autrice di oltre duecento pubblicazioni in qualche caso citate nella letteratura internazionale. I documenti che testimoniano delle vicende personali e professionali di Scaramella – conservati presso l’Archivio storico dell’Università di Bologna – aiutano a comprendere aspetti controversi del razzismo e del fascismo degli anni Trenta e Quaranta e del sessismo di lungo periodo dell’accademia italiana.
Dopo la laurea in scienze naturali a Firenze nel 1927 Scaramella si perfezionò in botanica. Dal 1928 insegnò presso l’Istituto tecnico agrario di Pescia e contemporaneamente fu assistente di Beniamino Peyronel presso il Reale Istituto agrario di Firenze, dove proseguì le ricerche micologiche iniziate con la tesi (Scaramella Petri, 1928; Archivio storico dell’Università di Bologna, Personale docente e non docente, 110: Cenni riassuntivi degli studi..., 1929). Nel 1929 vinse un posto come aiuto all’istituto di botanica dell’Università di Bologna dove, a esclusione del lungo periodo in cui fu epurata in applicazione delle leggi razziali (1938-45), sarebbe rimasta fino al 1975 (Archivio storico dell’Università di Bologna, Censimento personale razza ebraica, pos. 11/h (titolario post 1937), b. 1, 1938-1940; ibid., 110, A10623A: Prof.ssa Scaramella Pierina, Pensione incarico interno; A10623: Scaramella, Atti pensione, ENPAS).
Quando prese servizio, Scaramella giurò fedeltà al re, come previsto dal decreto voluto da Giovanni Gentile nel 1924 che sancì la fine dell’età liberale nell’accademia italiana e pose le fondamenta al controllo dei docenti culminato nel giuramento al regime obbligatorio per gli universitari dal 1931 (Censimento personale..., Verbale di giuramento, 25 gennaio 1930).
Nel 1932 ottenne la libera docenza in botanica generale e nel 1935 sposò Pier Luigi Petri, con il quale nel 1946 ebbe un figlio, Pier Giovanni. Cattolico, laureato in architettura e insegnante, Petri si dichiarò «fascista del 1921, iscritto alla M.N.V.» e «iscritto al Partito nazionale fascista ininterrottamente dal marzo 1921» (Petri, 23 settembre 1937, in Censimento personale...). Dopo il matrimonio Scaramella firmò le sue pubblicazioni con il doppio cognome, talvolta come Piera.
Dal 1935 affiancò alla ricerca accademica quella per la Società italiana zuccheri (SIZ) dove nel 1938 trovò rifugio, assunta in clandestinità (Scaramella Petri, 1955). Fu reintegrata il 3 agosto 1945. Nel 1946, nel contesto di una nuova epurazione, l’Università di Bologna mise sotto inchiesta il clinico Paolo Jedlowski, sospettato di collaborazionismo. Scaramella lo scagionò raccontando che nel novembre del 1943, in fuga mentre aveva «notizie dei [suoi] parenti in gran parte presi dai tedeschi», Jedlowski aveva ricoverato il marito, in preda a una delle sue frequenti e gravi crisi depressive, e dato rifugio a lei senza chiedere nemmeno il nome (Bologna, Archivio Arieti, Carte di M.O. Olivo, cart. Presidente Commissione epurazioni Università di Bologna, Piera Scaramella in Petri, relazione del 2 luglio 1946; P. Jedlowski a Mario O. Olivo, s.d. [ma 1946]).
Quelle vicende e l’asciutto stile narrativo dicono molto della personalità della scienziata, così come altri frammenti autobiografici in dattiloscritti professionali (Censimento personale..., Cenno riassuntivo degli studi fatti e dei titoli presentati, 1937; Scaramella, 1955) e in un ricordo dello zoologo Alessandro Ghigi (Scaramella Petri, 1980). Scaramella seppe accettare le contraddizioni drammatiche di Alessandro Ghigi, rettore dell’Università di Bologna dal 1930 al 1943 che le carte mostrano solerte nell’applicare le leggi razziali (v. Censimento personale...), studioso e funzionario controverso e allo stesso tempo maestro e collega generoso (L. Lama, Da un secolo all’altro. Profilo biografico e scritti di Alessandro Ghigi, 1875-1970, Bologna 1993). A distanza di molti anni Scaramella raccontò che nel 1938, la notte prima della visita a Bologna di un ministro fascista, Ghigi le fece firmare una ‘domanda’ che sperava utile per salvarla dall’epurazione (Scaramella Petri, 1980, p. 208).
Nel 1975, a sessantanove anni, dopo innumerevoli riconoscimenti nazionali e internazionali vinse la cattedra in botanica farmaceutica presso l’Università di Urbino. «Nella sua veste di perseguitata razziale» (Archivio storico dell’Università di Bologna, Scaramella, 23 maggio 1945) decise di beneficiare della legge n. 96 del 1955 e rimase in ruolo fino al 1981. A Urbino, dove trovò un ambiente favorevole, fu libera di organizzare nuovi laboratori nell’istituto botanico e di recuperarne l’orto (Dachà, 2002). Nel 1982 le fu conferita la medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte e nel 1986 l’Università di Urbino le conferì la laurea honoris causa in farmacia.
Scaramella fu attiva in settori diversi della botanica, sia anatomo-fisiologici sia ecofisiologici. Esperta riconosciuta in ambito micologico, fu come microbiologa che, a parere degli esperti, dimostrò un vero talento, anche se i suoi scritti non mantennero sempre un adeguato livello di accuratezza (Giomaro - Pupillo, 1993, p. 18). Il suo fu un approccio integrato allo studio della botanica – in particolare nelle ricerche sulla patata e sulla barbabietola, tra le sue più interessanti –, dove le analisi anatomiche e fisiologiche erano poste in relazione con questioni applicative e mai disgiunte da una lucida attenzione al contesto ambientale. Appassionata cultrice e collezionista d’arte, Scaramella si occupò di ambiente anche nella sua evoluzione storica e culturale, come negli scritti sull’orto botanico di Urbino.
Nel 1939 in seguito all’epurazione, nel 1945 al reintegro e nel 1981 in occasione della pensione e della buonuscita, Scaramella iniziò azioni legali per ottenere risarcimenti che riteneva legittimi. Le molte carte che raccontano quelle lunghe e difficili vicende giudiziarie assumono oggi l’aspetto di un suo personale tipo di resistenza.
Per esempio, quando nel 1939 fu liquidata con 5000 lire – 15 giorni di retribuzione per ogni anno di servizio – il Consiglio d’amministrazione dell’Università di Bologna definì l’operazione «munifica elargizione». Ritenendo «lesiva alla sua dignità la dichiarazione di detto consiglio [...] ricorse al consiglio di stato, il quale riconobbe la forma poco corretta ma non concesse altro» (Archivio storico dell’Università di Bologna, Scaramella, 23 maggio 1945).
Tra il 1945 e il 1946 – ma anche in seguito – tenne testa alla misoginia di Roberto Savelli, direttore dell’istituto di botanica fino al 1965. Come dopo la prima guerra mondiale, anche dopo la seconda, in Italia come altrove, per molte scienziate fu difficile mantenere o, come nel caso di Scaramella, riottenere, il proprio posto. Nel 1945 Savelli tentò di impedire che Scaramella rientrasse all’istituto di botanica – suggerendo di collocarla altrove – e negli anni seguenti segnalò al rettore presunte inadempienze della ‘signora’ che a suo dire trascurava ricerca e didattica per la famiglia (numerose le lettere di entrambi al rettore Edoardo Volterra, in Archivio storico dell’Università di Bologna, Personale docente e non docente, 110). Il tono delle risposte di Scaramella fu puntuale, talvolta di stupita sufficienza. Le pubblicazioni, i premi annuali per la produttività scientifica, la partecipazione a convegni internazionali e l’ntensa attività didattica testimoniavano a suo favore (v. ibid., 110; 10623A). Nel suo stile e molti anni dopo, scriverà che fu Savelli, il «meno cortigiano fra i colleghi», l’unico docente dell’Università di Bologna a darsi da fare per liberare Ghigi dal carcere dove il settantenne ex rettore rimase per 40 giorni dopo il 25 aprile 1945 (Scaramella, 1980, p. 208). Non fu facile accettare in una donna quel livello di schiettezza e di rifiuto dei riti accademici, testimoniati dalle carte e da chi la conobbe e stimò (Giomaro - Pupillo, 1993; Dachà, 2002; testimonianza orale di Claudia Bonfiglioli del 20 giugno 2017).
Morì a Urbino il 5 novembre 1992.
Fonti e Bibl.: Informazioni sull’attività presso le Università di Bologna e Urbino provengono dai documenti conservati nell’Archivio storico dell’Università di Bologna di cui si sono citati i fascicoli: Personale docente e non docente, 110; Censimento personale razza ebraica, pos. 11/h (titolario post 1937), b. 1, 1938-1940; Prof.ssa Scaramella Pierina, Pensione incarico interno 10623A; Scaramella, Atti pensione, A10623; Bologna, Archivio Arieti, Carte di M.O. Olivo, cart. Presidente Commissione epurazioni Università di Bologna, Piera Scaramella in Petri, relazione del 2 luglio 1946, P. Jedlowski a Mario O. Olivo, s.d. (ma 1946). Ringrazio il prof. Stefano Arieti per avermi fornito copia di questi ultimi documenti. Ringrazio inoltre la dott.ssa Claudia Bonfiglioli dell’Università di Bologna per le preziose informazioni condivise su questa interessante studiosa.
P. Scaramella Petri, Ricerche su alcune forme di Penicillium osservate a Firenze, in Nuovo giornale botanico italiano, 1928, vol. 34, n. 1, pp. 38-96; Ead., Curriculum [dattiloscritto a cura dell’autrice], Istituto botanico dell’Università di Bologna 1955; Ead., L’umanità di Alessandro Ghigi, in Natura e montagna, XXVII (1980), pp. 207 s.; G. Giomaro - P. Pupillo, P. S. Petri, in Informatore botanico italiano, 1993, vol. 25, pp. 17-22; M. Dachà, P. S., in La cattedra negata. Dal giuramento di fedeltà al fascismo alle leggi razziali nell’Università di Bologna, a cura di D. Mirri - S. Arieti, Bologna 2002, pp. 106-113.