Bonaccorsi, Piero
, Notaio e letterato fiorentino (Firenze 1410-1477), concepì gli studi, nei quali ebbe larga parte l'argomento dantesco, come consolazione all'assiduo lavoro. Secondo la cronologia stabilita dal Bruschi, nel 1430 copiò di suo pugno la Commedia (cod. Riccardiano 1038, 244 carte), dandola da miniare a tale Bartolomeo. Il codice contiene nelle prime undici carte i " detti dove D. tratta dei mali pastori della Chiesa "; le tre cantiche sono precedute da prologhi, che ripetono quello attribuito al Petrarca dal codice Riccardiano 1036, quello del Buti e quello dell'Ottimo rispettivamente per l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso; la prima cantica porta note marginali di mano del B. tolte dall'Ottimo; le 219-224, infine, contengono i Capitoli di Iacopo e di Bosone da Gubbio. In altro codice (Laurenziano-Gaddiano, n. 131, pluteo XC sup., in folio, 88 carte) il B. copiò (1440) la sola terza cantica intercalandola con figure astronomiche e con note marginali italiane e latine, derivate le prime dall'Ottimo, le seconde forse da Pietro; segue un estratto della vita di D. del Boccaccio, cui il B. aggiunge due novellette, quella su D. villano, che appariva già nelle chiose dello pseudo Boccaccio, la seconda su D. che non vale cento soldi, che non compare in nessun testo anteriore. Nello stesso codice sono ricopiate le Vite di D. e del Petrarca scritte da Leonardo Bruni, e le due epistole a frate Romolo con note marginali.
Nel complesso delle chiose del B. è da notare l'affermazione che D. cantò tre fanciulle, la Pargoletta, Gentucca e " Felice da Firenze ".
Le due epistole a frate Romolo de' Medici del convento di Santa Croce, conservate in 5 codici fiorentini, sono anteriori al 1440. L'una, scritta in sei giorni, illustra in forma chiara e concisa, per la prima volta, la struttura delle tre cantiche, o meglio il cammino di D. nell'oltremondo, anche mediante figure: la prima vuole ritrarre l'intero poema e mostra nove cerchi concentrici (i nove cieli) che hanno in mezzo una piramide (il Purgatorio) alle cui falde si apre un foro (l'Inferno); un'altra figura rappresenta lo spaccato dell'Inferno, ritratto come una serie di volte concentriche, a somiglianza di quanto si trova nelle pitture della cappella degli Strozzi in S. Maria Novella e nel Camposanto di Pisa; un'altra figura ancora ritrae il Purgatorio diviso in due parti (Antipurgatorio e Purgatorio); un'altra infine il Paradiso, ove il disegno dei nove cieli e dell'empireo appare facilitato dalla coincidenza con la nota struttura del sistema tolemaico. Nella seconda epistola a Romolo de' Medici, più breve, il B. discute della cronologia del viaggio dantesco, collocandone l'inizio nella notte tra il 24 e il 25 marzo del 1299-1300 (cronologia secondo l'uso fiorentino), fondandosi soprattutto su If XXI 112-114, e indicando l'uso fatto da D. per i primi sei giorni di viaggio: una notte e mezza giornata nella selva; una notte e un giorno nell'Inferno; una notte e un giorno nel cammino dalla ghiaccia a Lucifero; tre notti e due giorni nel Purgatorio; il sesto giorno per metà nel Paradiso terrestre, per metà nella Luna, in Mercurio e in Venere: qui il B. si fermò perché il computo dei giorni e delle notti, mancando il riferimento al sole, rimaneva incerto.
Nel febbraio del 1463 il B. iniziava il Quadragesimale, visione al modo dantesco mista di versi e di prosa (" in prosa versificha "): Fulgentia appare a un uomo e lo porta di fronte a Sophia e a ogni scienza: ma queste si rivelano incapaci di salvare l'uomo senza la Fede, e il poeta esclama: " Or superbite, e via col viso altero ecc. ": che è una delle molte reminiscenze dantesche presenti nell'opera.
Bibl. - Il testo delle due lettere a frate Romolo in G. Bruschi, Ser P.B. e il suo " Cammino di D. ", in " Il Propugnatore ", n. s. IV (1891) 308-348; G.M. Mazzuchelli, Scrittori d'Italia, II, Brescia 1763-4, 2299; M. Barbi, Della fortuna di D. nel sec. XVI, Pisa 1890, 216; G. Bruschi, in " Il Propugnatore ", n.s. IV (1891) 5-39; F. Zambrini, Le opere volgari a stampa dei secoli XIII e XIV indicate e descritte, Supplemento, Bologna 19294, 255; ID., Il Notariato nella civiltà italiana, Milano 1961, 106.