CENNINI, Piero
Nacque a Firenze il 24 ag. 1444 dal famoso orafo Bernardo e da Angiola di Antonio di Piero del Rosso, primo di quattro figli. Dopo gli studi grammaticali con Pietro Fanni passò alla scuola di Bernardo Nuti, che lo stimolò a estese letture di classici; lì conobbe l'umanista Bartolomeo della Fonte, al quale fu legato per tutta la vita da profonda amicizia. Sulle vicende del C. prima del 1469 sappiamo ben poco. È certo che in quell'anno si trovava in serie difficoltà economiche, tanto che il della Fonte dovette interporre i suoi buoni uffici presso Donato Acciaiuoli per farlo assumere come segretario dell'ambasciatore fiorentino a Napoli, Antonio Ridolfi. Ma il C. non sarebbe riuscito a lasciare Firenze se ancora il della Fonte non avesse soddisfatto di tasca sua Michele Farca, il più ostinato tra i creditori. Dalla primavera al dicembre 1469 il C. rimase a Napoli, dove ebbe modo di conoscere illustri esponenti del mondo letterario gravitante intorno a Ferdinando I d'Aragona. Tra di essi spiccano i nomi del Panormita e del Pontano, dai quali ottenne, per trascriverli, esem plari di loro opere.
Al ritorno in patria il C. si dedicò principalmente alla professione di notaio, attestata già a partire dal gennaio 1466. In questa veste esercitò funzioni importanti, nell'amministrazione del Comune: alla data del 10 apr. 1473 era coadiutore delle Riformagioni e successivamente (settembre-ottobre 1473 e gennaio-febbraio 1481) occupò anche la carica di notaio dei Signori per il quartiere di San Giovanni. Inoltre alla data del 2 sett. 1474 risultavano affidati alla sua custodia importanti documenti dell'Archivio comunale. Si sposò tre volte: nel 1472 con Costanza di Antonio Signorini, nel 1478 con Dianora di Marco Signorini e nel 1483 con Oretta Bucherelli. Da una portata al catasto fatta dal padre Bernardo risulta che nel 1480 il C. aveva avuto dai primi due matrimoni tre figli, Alessandra, Lucrezia e Giovanvittorio.
Morì a Firenze nel marzo 1484: l'ultimo atto da lui rogato porta la data del 1º di quel mese e il giorno 17 fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo.
Nel mondo culturale fiorentino del secondo Quattrocento il C. ricoprì un ruolo minore, ma non trascurabile. Il suo nome figura, pur senza assumere un particolare rilievo, in versi e in lettere di personaggi come Lorenzo de' Medici, Marsilio Ficino, Alessandro Braccesi, Naldo Naldi, Niccolò Michelozzi. La sua produzione filologica si limita a un trattatello De natura syllabarum (conservato nel codice fiorentino Naz. IIIX 14) e ad alcune osservazioni sulle prime due Ecloghe di Virgilio (rimasteci nel manoscritto 152 della Bibl. Riccardiana di Firenze). È sintomatico che in entrambi i casi la data di composizione sia il 1468 e che il dedicatario del trattatello e il raccoglitore delle osservazioni coincidano nella persona di Bartolomeo della Fonte. Si tratta cioè di lavoretti scolastici in cui il C. si cimentò sulla scia degli insegnamenti del Nuti, dimostrando tuttavia di possedere vasta messe di nozioni tecniche e sicura conoscenza dei testi.
Il De natura syllabarum si propone di fornire le nozioni metriche e prosodiche indispensabili per scrivere esametri e pentametri latini, ma l'autore avverte nella dedica che a questo scopo più di ogni trattato vale la lettura del maggior numero possibile di versi. Le osservazioni sulle Ecloghe costituiscono un ausilio alla comprensione del testo mediante la spiegazione dei vari significati dei vocaboli, l'analisi etimologica basata largamente sul greco e l'accurata distinzione tra senso letterale e allegorico. Fu certo in riconoscimento delle sue capacità filologiche che il padre Bernardo gli affidò la cura del testo del commento di Servio a Virgilio, il solo libro da lui stampato, con la collaborazione del figlio Domenico, in tre sezioni portate a compimento rispettivamente il 7 nov. 1471, il 9 gennaio e il 7 ottobre 1472. L'incunabolo, quasi certamente il primo prodotto dell'arte tipografica fiorentina, reca nel colophon della terza sezione l'illustrazione del criterio-base cui il C. si era attenuto nell'emendare il testo, vale a dire la ricerca e la collazione dei più antichi manoscritti, che gli avrebbero offerto niente di più e niente di meno di ciò che Servio aveva effettivamente scritto. L'editore aggiunge di aver lasciato spazi bianchi per permettere ai lettori di scrivervi le parole greche che aveva rinunciato a stampare per le difficoltà presentate dalla preparazione dei caratteri accentati.
Del puntiglio filologico del C. offrono comunque testimonianze ancora più probanti di quella dell'incunabolo alcuni dei numerosi codici da lui trascritti. Il Marucelliano C. 376, il fiorentino Naz. II IX14 e il Marc. lat. XIV, 107 (= 4708) contengono nelle sottoscrizioni precisi riferimenti agli archetipi dei testi di autori contemporanei da cui il C. ha ricavato o su cui ha emendato la propria copia. All'attività di copista, svolta a notevole livello per un periodo di circa venti anni, il C. deve in pratica tutta la sua notorietà. È molto probabile che cominciasse a trascrivere codici per necessità, ma certo, dopo aver intrapreso la professione di notaio, quello di copista dovette costituire per lui soltanto un secondo lavoro. Il C. fu sempre un attento lettore dei testi che trascriveva e che in parte destinava a uso personale. Una lettera del settembre 1465 di Niccolò Michelozzi a Naldo Naldi ci informa appunto della sua decisione di copiare codici solo per sé; in realtà il C. dovette presto cambiare idea, perché buona parte dei manoscritti copiati su commissione e recanti la sua sottoscrizione è posteriore alla data suddetta. È anche certo che, mise il proprio talento a disposizione del bibliofilo re d'Ungheria Mattia Corvino, per il quale copiò e fece copiare, ricevendone regolare pagamento, un buon numero di codici. Dal punto di vista grafico il C. appartenne all'ultima generazione dei copisti di scuola fiorentina prima dell'avvento della stampa; usò una umanistica corsiva abbastanza armoniosa (assimilabile in particolare a quella di Bartolomeo della Fonte), anche se distante dai livelli di raffinata eleganza attinti, ad esempio, da un autentico professionista quale Antonio Sinibaldi. La relativa modestia della decorazione di alcuni manoscritti copiati dal C. ha fatto pensare alla possibilità che anche le miniature fossero di sua mano (cfr. particolarmente K. Csapodi-Gárdonyi, Les scripteurs...,e C. Csapodi-K. Csapodi-Gárdonyi-T. Szántó, Bibliotheca Corviniana...), ma in realtà non disponiamo di termini di confronto validi per simili attribuzioni.
I codici che recano la sottoscrizione del C., spesso comprensiva di data, sono i seguenti: Roma, Biblioteca nazionale, Sessoriano 337(1291): Conclusione di brevità o Liber Floretti, scritto nel 1460; Parigi, Bibl. nat., Nouv. acq. lat. 1705: Servio, 1462; Cesena, Bibl. Malatestiana, S. 1. 6: Marziale, 1463; Firenze, Biblioteca naz., Magl. XXVIII 51:miscellanea di testi antichi e umanistici (solo in parte copiata dal C.), 1464; Lucca, Bibl. governativa, 1444: M. Vegio, De verborumsignificatione, e P. C. Decembrio, De proprietate verborum, 1464(?); Lisbona, Bibl. nac. 476/80:L. Bruni, De bello Ital. adversusGothos, 1465; Budapest, Bibl. naz. Széchényi, Clmae 160: Curzio Rufo, 1467; Cracovia, Bibl. Czartoryski, 1514: Frontino, Stratagemata, 1467; Londra, Brit. Libr., Harley 4868: Plinio, Epistulae, 1467; Bibl. Ap. Vaticana, Pal. lat. 1587: Sidonio Apollinare, Q. Sereno Sammonico, e Crispo, Carmen medicinale, 1468; Firenze, Bibl. Marucelliana, C. 376: G. Pontano, De aspiratione, Guarino, De diphtongis e De modo punctandi, L. Valla, In Poggium, 1468-69; Napoli, Bibl. naz., XIII AA 19: Plutarco, Vitae Hannibalis etScipionis tradotte da D. Acciaiuoli, 1469; Firenze, Bibl. Laurenziana, 38, 38: Tibullo e miscellanea poetica umanistica, 1469-70; Venezia, Bibl. naz. Marciana, XIV, 107 (=4708):miscellanea umanistica comprendente tra l'altro A. Panormita, De dictis et factis Alphonsiregis, B. Facio, De origine belli inter Galloset Britannos, G. Pontano, De principe, 1469-71; Parigi, Bibl. nat., Lat. 4865:Eusebio, Chronicon, tradotto da s. Girolamo, 1472; Firenze, Bibl. Laurenziana, 53, 28: C.Landino, Disputationes Camaldulenses,1474; Firenze, Bibl. naz., II IX 14:miscellanea umanistica comprendente tra l'altro Plutarco, Consolatio ad Apollonium tradotta da A. Rinuccini, lettere del C. e il suo citato trattatello De natura syllabarum, ?-1476; Archivio di Stato di Milano, Raccolta Papadopoli, 129: Svetonio, 1477(?); Cambridge (Mass.), Harvard lat. 43: Plauto; Firenze, Bibl. Laurenziana, 33, 21: Pseudo-Acrone, Commento ad Orazio; Firenze, Bibl. Laurenziana, 34, 34: Giovenale e Persio; Bibl. Apost. Vaticana, Vat. lat. 11459:Ovidio, Tristia.
La mano del C. è stata riconosciuta, non sempre con fondatezza, nei seguenti manoscritti: Berlino ovest, Staatsbibl. Preuss. Kulturbesitz, Lat. fol. 99; Budapest, Bibl. Széchényi, Clmae 415, 418, 426, 427; Budapest, Bibl. univers., Lat. 13; Città del Capo, South African Public Libr., Grey 3 c 12; Firenze, Bibl. Riccardiana, 152, 628; Györ, Bibl. vescov., I, 1; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibl., Clm 15738(la sottoscrizione è del della Fonte); Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Lat. 133.
Fonti e Bibl.: Suimanoscritti cit. e sull'attività di copista del C. cfr. A. Zeno, Dissertazioni Vossiane, I,Venezia 1752, pp. 307 s., 311 s., 314; A. M. Bandini, Catalogus codicum Latin Bibliothecae Mediceae Laurentianae, II, Florentiae 1775, coll. 105, 157, 213, 280, 340 s., 622; III, ibid. 1776, coll.784, 796; Index codicum Bibliothecae Alcobatiae, Olisipone 1775. p. 194; A Catalogue of the Harleian manuscripts in the British Museum, III, [London] 1808, p. 213; R. Zazzeri, Sui codici e libri a stampa della Bibl. Malatestiana di Cesena. Ricerche ed osservazioni, Cesena 1887, p. 255; A. Mancini, Index codicum Latinorum publicae bybliothecae Lucensis, in Studi italiani di filologia classica, VIII(1900), p. 216; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli XIV e XV, I,Firenze 1905, p. 210 n. 3; II, ibid. 1914, pp. 167 n. 7, 235; S. Kutrzeba, Catalogus codicum manu scriptorum Musei Principum Czartoryski Cracoviensis, II, 3, Cracoviae 1911, p. 226; P. 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