MACHIAVELLI, Piero
Nacque a Firenze il 4 sett. 1514 da Niccolò e da Marietta Corsini e trascorse i primi anni della vita a Sant'Andrea in Percussina, nel podere di famiglia dell'Albergaccio, dove si era ritirato il padre, sino alla morte di questo nel 1527.
Nel marzo 1531 il M. ebbe a che fare una prima volta con la giustizia, allorché fu multato per essere stato scoperto a girare per Firenze con armi proibite; due anni più tardi fu inquisito e condannato in contumacia per la morte di un fornaciaio, scivolato accidentalmente, nei possedimenti di San Casciano, dentro una fossa piena d'acqua che egli, infrangendo la legge, aveva lasciato scoperta per catturare i lupi. Il M. fu condotto nelle prigioni fiorentine delle Stinche per scontare una lunga pena detentiva, ma, per le insistenti petizioni presentate da uno dei suoi fratelli a Margherita d'Austria, promessa sposa del duca di Firenze Alessandro de' Medici, fu scarcerato dopo tre anni.
Da quel momento il M. iniziò a viaggiare in Europa orientale, toccò porti in Asia e in Africa e, durante gli avventurosi viaggi per mare, fece naufragio diverse volte e fu anche catturato dagli Ottomani, contro i quali aveva combattuto brevemente militando nell'esercito imperiale, e dai corsari musulmani.
Queste navigazioni lo resero esperto in geografia e in cosmografia, cosicché poté correggere alcuni errori risalenti a Tolomeo. Rientrato in patria, il 18 febbr. 1557 fu nominato dal duca Cosimo I de' Medici commissario delle galee, le agili navi a remi che costituivano la spina dorsale della piccola flotta creata da Cosimo nel decennio precedente. Il M. riprese quindi a navigare e ben presto divenne il principale collaboratore del duca per la politica navale. Una lunga lettera - non datata, ma la cui stesura può essere collocata tra la fine del 1558 e l'inizio del 1559 - fu scritta dal M. a Cosimo I, che ne rimase molto colpito, per fargli ben comprendere l'importanza di un'ancora più consistente forza navale al fine di cogliere le opportunità di un'eventuale guerra per il Mediterraneo.
Nell'autunno del 1559 Cosimo I, per compiacere il re di Spagna Filippo II che voleva frenare le incursioni dei corsari musulmani sulle coste del Mediterraneo, decise di dare quattro sue galee alla grossa flotta che il sovrano spagnolo stava costituendo per trasportare il corpo di spedizione che avrebbe dovuto conquistare Tripoli. Il M. prese parte all'operazione e, durante una sosta a Malta, fu ospitato nel palazzo del gran maestro dell'Ordine Jean Parisot de La Valette.
L'11 maggio 1560 le navi cristiane, che si trovavano presso l'isola di Gerba, poco distante dalla costa tunisina, furono attaccate di sorpresa da una flotta ottomana e costrette alla fuga. Il M., che si trovava sulla galea capitana, l'unità ammiraglia della formazione ducale, ebbe modo di dimostrare la propria perizia. Per evitare che, durante la ritirata, la nave fosse presa di mira a causa del rango, diede astutamente ordine di ammainare lo stendardo e il fanale, in modo da farla sembrare una comune galea. Accortosi che la vicina unità remiera di Giovanni Andrea Doria stava per essere catturata, non esitò a invertire la rotta e a puntare verso due legni musulmani, che si allontanarono rinunciando alla preda.
Malgrado ciò, fra le decine di navi cristiane perdute nella battaglia, ve ne furono anche due appartenenti a Cosimo I e il M., nell'informare il duca, ritenne di aver individuato i principali limiti del sistema di gestione nella natura mercenaria della flotta. Per contenere le spese, Cosimo I dava la flotta in appalto a comandanti che non erano suoi sudditi e l'ingaggio degli ufficiali e dei marinai terminava al rientro in porto delle navi, secondo una prassi in uso anche in altri Stati italiani. Il M. era contrario a questo sistema in quanto gli equipaggi arruolati non potevano stabilire legami solidi con la flotta ducale ed erano interessati soltanto alle paghe; non avevano inoltre alcun ritegno a ritirarsi di fronte al minimo pericolo, oppure a lasciare il servizio per arruolarsi presso altre Marine, dove avrebbero guadagnato maggiormente. Il M. sostenne pertanto la necessità di formare un gruppo di ufficiali e di marinai che fossero alle dirette dipendenze di Cosimo I, impiegati stabilmente e stimolati a servire con fedeltà il duca da prospettive di carriera e di onori (Disegno di Piero di Niccolò Machiavelli al duca Cosimo de' Medici per cacciar di Toscana francesi e spagnoli e per instituire una armata toscana, Firenze 1894; ulteriori edizioni, con alcune varianti, Firenze 1896 e 1907). Tali indicazioni sicuramente rafforzarono in Cosimo I l'intenzione di attuare un progetto relativo alla creazione di un ordine cavalleresco dotato di una propria flotta, che avesse lo scopo di opporsi all'espansionismo ottomano. Dopo aver ottenuto dal pontefice Pio IV le necessarie autorizzazioni, il duca creò l'Ordine di S. Stefano papa e martire, di cui egli stesso fu insignito del titolo di gran maestro il 15 marzo 1562.
Il M., che nel frattempo aveva continuato a partecipare alle crociere delle navi ducali tanto da rivestire, oltre all'incarico di commissario, anche quello di luogotenente delle galere, nel maggio 1562 chiese di entrare a far parte della milizia stefaniana. Seguendo la prassi per l'ammissione nell'Ordine, si sottopose alle selettive prove di nobiltà, nel corso delle quali furono ascoltati come testimoni A. Del Nero, S. Leonardi e G. Bernardi, appartenenti a importanti famiglie fiorentine; il 17 del mese a Pisa fu vestito dell'abito di cavaliere da C. Vitelli, marchese di Cetona e gran conestabile dell'Ordine.
Il M. riprese quindi a navigare con le navi ducali e nel febbraio 1563 si segnalò nelle acque dell'isola di Giannutri, durante il trasporto di una colonna di granito donata da papa Pio IV a Cosimo I, allorché riuscì a catturare un paio di galeotte algerine che lo avevano assalito. In maggio il duca donò due galere all'Ordine di S. Stefano. Come ammiraglio della milizia fu nominato Giulio de' Medici, figlio naturale del defunto duca Alessandro, al quale fu affiancato come luogotenente il M., che ebbe così modo di partecipare alla prima crociera effettuata dalle navi stefaniane che, insieme con due navi ducali, andarono in Spagna, dove una di esse fu catturata dai barbareschi.
Dopo aver preso parte ad altre imprese navali, il 13 luglio 1564 il M. salpò da Livorno nel quadro di una complessa operazione pianificata da Filippo II che avrebbe portato alla conquista del Peñón de Vélez, una località lungo la costa dell'Africa settentrionale.
Al ritorno, il M. morì a bordo di una galea la notte fra il 19 e il 20 ott. 1564, vicino alle isole d'Hyères.
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