TOSI, Piero
Nacque il 10 aprile 1927 a Sesto Fiorentino (Firenze) da Mario, fabbro esperto nella lavorazione artistica del metallo, e Rina Seravalli. Primo di tre fratelli, fin da bambino iniziò a lavorare nella bottega del padre stando al mantice. Affascinato dalle copertine della rivista Cinema esposta nelle edicole, nel tempo libero si esercitava a ridisegnare i volti trasformati dal trucco di dive come Greta Gronda, Talìa Volpano o Isa Miranda (Tosi in d'Amico de Carvalho - Vergani, 2006, pp. 9-10). Dopo le elementari fu iscritto alla Scuola di avviamento professionale ‘L.B. Alberti’ di Firenze, ma al termine del secondo anno fece domanda di ammissione all’Istituto d’arte di Porta Romana (Felici, 2014, p. 13). Nel ’44 dovette abbandonare la casa di famiglia, sulla via Bolognese, minata dai tedeschi in ritirata. In autunno, dopo la liberazione di Firenze, trovò lavoro come addetto alla sterilizzazione dei ferri chirurgici e alle pulizie nel Sanatorio di Pratolino, utilizzato dagli alleati come ospedale militare (Tosi in d'Amico de Carvalho - Vergani, 2006, p. 10). A fine '45 riprese gli studi, interrotti per la guerra. Nel '47 curò scene e costumi de Il candeliere di de Musset diretto a Firenze da Franco Enriquez. Si diplomò nel giugno del '48 (Felici, 2014, p. 13), e si iscrisse all’Accademia di belle arti insieme agli ex compagni di scuola Anna Anni e Danilo Donati. Grazie a quest’ultimo, che ne seguiva i corsi di pittura, trovò un maestro in Ottone Rosai: lo incontrava al caffè delle ‘Giubbe Rosse’, frequentato all’epoca anche da Franco Zeffirelli e dal poeta Wystan Hugh Auden (Tosi in d’Amico de Carvalho -Vergani, 2006, pp. 10-11). All’Accademia seguì il corso di scenografia di Gianni Vagnetti, mantenendosi grazie a un lavoro di ceramista, e continuando a coltivare la passione per il cinema. Affascinato dai costumi di Gino Carlo Sensani per i film degli anni Trenta, si esercitò a disegnare nel suo stile filologico scene e costumi per drammi di Shakespeare e García Lorca (ibid., p. 11). Nel ’49 grazie a Zeffirelli, addetto alle scenografie di Troilo e Cressida di Shakespeare diretto da Luchino Visconti al Maggio Fiorentino, poté mostrare al regista i suoi disegni: ne nacque la sua prima esperienza professionale, come assistente volontario per scene e costumi (accanto a Maria De Matteis, che aveva lavorato con Sensani - in Id.). Curò poi per Visconti la documentazione per Cronache di poveri amanti (dal romanzo di Vasco Pratolini) e per La carrozza del Santissimo Sacramento, progetti non realizzati, ma a cui seguì l’ingaggio per Bellissima (1951), con Anna Magnani. Un film neorelista per cui cercò abiti autentici, apprendendo «la necessità che il costume non vesta un corpo, ma vi si adatti come una seconda pelle», rivelando «la cultura, la condizione economico-sociale e la psicologia dei personaggi» (ibid., p. 12). Per il teatro nello stesso anno, a Firenze, fu incaricato di adattare per Maria Callas i costumi della Traviata del Maggio Musicale del ’40, disegnati da Gianni Vagnetti, e a Roma ideò gli abiti per Lulù di Carlo Bertolazzi diretta da Franco Zeffirelli, alla sua prima, non trionfale, regia teatrale. Iniziò poi a lavorare a Lucca per il film La provinciale di Mario Soldati, ma fu reclamato da Luchino Visconti per collaborare alla «parte visiva» della Locandiera di Goldoni al festival della Prosa di Venezia del ’52: cambiò incarico malvolentieri, dopo diretto intervento di Giulio Andreotti. Fu un lavoro tra filologia e reinvenzione, che univa le forme di «Longhi, il pittore della settecentesca quotidianità di Venezia» ai colori di Giorgio Morandi (ibid., p. 12). Le critiche furono discordi, ma lo spettacolo trionfò anni dopo al Festival delle Nazioni di Parigi (ibid., p. 13). Sempre nel ’52 disegnò i costumi per Aucassin et Nicolette, «cantafavola del XII secolo […] per una voce, orchestra da camera e marionette», a Firenze per il Maggio Fiorentino (regia di Vito Pandolfi), e nel ’54 a Roma per la rivista I saltimbanchi, con regia e scene di Zeffirelli (ibid., p. 220). Tra il ’51 e il ’54 fu assistente di Gino Brosio per gli arredamenti di film della Titanus, come La carrozza d’oro di Jean Renoir. Dopo aver curato (non accreditato) i costumi per Anna, episodio di Visconti del film Siamo donne (’53), fu incaricato di lavorare agli abiti delle comparse di Senso (1954), accanto a Marcel Escoffier che ne curava i ruoli principali. Si rifece ai colori dell’Ottocento dipinto dai macchiaioli, da Giovanni Fattori e da Silvestro Lega, e ai dagherrotipi d’epoca, per offrire alla macchina da presa, come chiedeva Visconti, non solo fedeltà storica ma «gente viva, vera» (P. Tosi, Costume come vita, in Cinema, 136, 25 giugno 1954, p. 359). In questi anni i suoi ingaggi si moltiplicarono: l’arredamento per L’arte di arrangiarsi di Luigi Zampa, 1954, i costumi per Il padrone sono me di Franco Brusati, 1955, o costumi e arredamento per Suor Letizia di Mario Camerini, nel ’56. Nel ’55 per Visconti curò scene e costumi de La Sonnambula di Bellini alla Scala di Milano – nello stile del balletto degli anni Trenta dell’Ottocento (P. Tosi, Maria allo specchio (ricordo a cura di J. Pellegrini, Roma 2015), in Mille e una Callas. Voci e studi, in Aversano - Pellegrini, 2016, pp. 375-380, qui p. 375), e con Maria Callas che cantò «stretta in un busto» (Tosi, in d'Amico - de Carvalho - Vergani, 2006, p. 15) – e di Zio Vanja di Čechov a Roma, iniziando una fondamentale collaborazione con Umberto Tirelli, della sartoria SAFAS. Tipiche del lavoro di Tosi furono la «visione globale», registica delle opere (Crespi, 2018, p. 58) e la cura dei personaggi in ogni dettaglio a partire dal volto, con la costruzione del costume sull’attore come guida per la sua interpretazione. Ne Le notti bianche di Visconti (1957) il suo «lavoro di trucco» (su viso e capelli) rivoluzionò la fisionomia di Marcello Mastroianni, fino ad allora legato nel cinema a ruoli da commedia, creando «il tipo» de La dolce vita e di Otto e mezzo (Tosi in d’Amico de Carvalho - Vergani, 2006, pp. 73-74). Con Marisa la civetta (’57) iniziò una collaborazione duratura con Mauro Bolognini, incontrato grazie a Wystan Hugh Auden , e conobbe sul set Pier Paolo Pasolini, che lavorava alla sceneggiatura. Tra i film di questi anni – oltre a vari impegni in teatro (come nel ’58 per Raymond Rouleau a Milano, ne La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams, e per Visconti nel Macbeth di Verdi a Spoleto, con costumi e scene in stile gotico romantico) – Policarpo, ufficiale di scrittura (1959), in cui tornò a lavorare con Mario Soldati, Il bell’Antonio di Bolognini (’60, arredamento e costumi) e Rocco e i suoi fratelli di Visconti. Nel ’61, oltre ai costumi di Peccato che sia una sgualdrina di John Ford, in teatro a Parigi per Visconti, e per Luigi Comencini in A cavallo della tigre, realizzò costumi e arredamento per la Viaccia di Bolognini, da L’eredità di Mario Pratesi, romanzo fiorentino di fine Ottocento da lui stesso proposto al regista (Gelmetti, 1995, p. 15). Sempre più spesso (come per La Contessa Azzurra di Claudio Gora, per cui aveva rievocato nel ’59 il mondo del caffè-concerto) si valse della collaborazione della SAFAS e di Tirelli, poi messosi in proprio. Nel ’62 curò arredamenti e costumi di Senilità di Bolognini, dal romanzo di Svevo; nel ’63 lavorò con Mario Monicelli per I compagni, con Vittorio De Sica per Ieri oggi domani (con Sofia Loren e Mastroianni) e con Antonio Pietrangeli per La visita, ma l’anno fu segnato soprattutto dal Gattopardo di Visconti, con i 426 costumi della scena del ballo elaborati a partire dall’accostamento delle diverse stoffe per immaginare l’effetto d’insieme (Cerra - Costa, 2018, p. 74) e con Claudia Cardinale in un vistoso abito «color medusa», più adatto a lei e più esatto storicamente di quello rosa, in guanti lunghi, descritto nel romanzo di Tomasi di Lampedusa (Tosi in Pipi - Vicari - Ruscio, 2009 e in d’Amico de Carvalho Vergani, p. 47). L’attenzione al dettaglio storico e realistico fece sì che le camicie dei garibaldini nella scena della presa di Palermo fossero realizzate in fogge diverse, come quelle di produzione domestica dei volontari ottocenteschi. Tosi ebbe la sua prima candidatura all’Oscar. Tra vari impegni cinematografici (come quello di vestire la Loren e Mastroianni in Matrimonio all’italiana di De Sica), nel ’64 si occupò dei costumi per Il giornalino di Gianburrasca, il noto sceneggiato televisivo diretto da Lina Wermüller, con Rita Pavone. Nel ’67 firmò Lo straniero di Visconti e Arabella di Bolognini e lavorò con i diversi registi del film a episodi Le streghe (protagonista Silvana Mangano): Pasolini, che vi diresse La terra vista dalla luna, due anni dopo lo volle con sé per Medea (con Maria Callas), chiedendo di inventarne i costumi sulla base di diverse tradizioni culturali antiche e popolari. Tosi costruì forme evocative attraverso materiali insoliti, resa visiva dell’estraneità del mondo magico di Medea da quello razionale di Giasone. A fine ’67 collaborò con Federico Fellini per scene e costumi di Toby Dammit (episodio di Tre passi nel delirio, del 1968, da racconti di Edgar Allan Poe): nel ’69, in un periodo di interruzione del suo lavoro per La caduta degli dei (di Visconti, sull’ascesa del nazismo), il regista gli affidò la creazione dei volti grotteschi del Fellini-Satyricon: mesi di lavoro sul set di un film che Tosi non volle firmare, ritenendo il suo apporto minore di quello del costumista Donati. Molti i suoi contributi non accreditati, anche nel caso di fondamentali collaborazioni creative. Fu lui, nel ’70, a suggerire il volto di Massimo Ranieri come protagonista per Metello di Bolognini (1970), di cui curò, come per Bubù (’71), arredamento e costumi. Lavorò poi ancora con Visconti per Morte a Venezia (’71) e Ludwig (’73), (due nuove candidature all’Oscar), e nel ’74 per Gruppo di famiglia in un interno. Nello stesso anno con Il portiere di notte iniziò una collaborazione con Liliana Cavani che proseguì nel ’77 con Al di là del bene e del male e nell’81 con La pelle. A metà anni ’70 fu contattato da Stanley Kubrick per i costumi di Barry Lyndon (1975): volendo declinare l’invito, chiese un alto cachet (Tosi in d’Amico de Carvalho - Vergani, 2006, p. 46), suggerendo al suo posto il nome di Milena Canonero. Ingaggiato per Casanova di Fellini (’75), abbandonò l’incarico per le invadenti modalità di lavoro del regista (ivi, p. 167). Nel ’76 fu nell’ultimo film di Visconti, L’innocente, da d’Annunzio ma visivamente legato a A la recherche du temps perdu di Proust, progettato con il regista nel ’71. Nel ’79 ebbe una nuova candidatura all’Oscar con La Cage aux folles (Il vizietto, '78) di Eduard Molinaro. Tra gli anni ’80 e ’90, dopo La storia vera della Signora delle Camelie, film di Bolognini (1981) e la Traviata di Zeffirelli (1983), realizzò la stessa opera (messa in scena anche con Visconti nel ’63 a Spoleto) in teatro con Bolognini (Macerata, 1984), con cui diede poi La vedova allegra di Léhar (Napoli, 1985), Tosca di Puccini (Roma, 1990) e Don Carlo di Verdi (Venezia, 1991). Nel ’92 curò la Bohème di Puccini con Zeffirelli a Roma. Ridusse intanto il suo impegno nel cinema, ma suoi furono, non firmati, trucco e acconciature de E la nave va di Fellini (1983) e dell’Otello e dell’Amleto di Zeffirelli (1986, 1990). Nel 1988 Tosi accettò l’insegnamento di Costume al Centro sperimentale di cinematografia. Profondo conoscitore dei mutamenti occorsi anche nel giro di pochi anni nell’abbigliamento, nello stile e nel «modo di muoversi» (Pescucci, 2014, p. 47), noto per la vasta cultura, per l’ampia documentazione (da fonti pittoriche, letterarie, fotografiche) e per il perfezionismo artigianale dei suoi abiti, alle lezioni aggiunse «laboratori di taglio e sartoria d’epoca» (cfr. d’Amico, 2018, p. 122) e seminari di trucco acconciatura e costume, per mostrare l’importanza di rifinire ogni dettaglio sull’attore in collaborazione con sarte, truccatori e parrucchieri. Sempre attento a ogni momento della lavorazione, mai soddisfatto e alla ricerca costante del dettaglio rivelatore, Tosi modificava il proprio lavoro sino all’ultimo momento a contatto degli attori sul set, curandone spesso personalmente trucco e acconciatura e dando fondamentali indicazioni di postura. Un modo di procedere, indifferente agli orari e alla divisione dei ruoli, sempre più estraneo alle nuove prassi della produzione cinematografica. Anche per questo trovò nell’insegnamento una dimensione ideale. Pochi i lavori di questo periodo, come Gli indifferenti con Bolognini per la televisione nell’ 88, nel '94 Storia di una capinera di Zeffirelli, o nel 2004 Le chiavi di casa di Gianni Amelio. Nel 2014, ultimo di molti premi (tra cui nove Nastri d’argento e due Bafta), gli fu conferito l’Oscar alla carriera, il primo assegnato a un costumista (Bucci, 2014, p. 19): poco amante delle celebrazioni (e dei voli aerei), lasciò che a ritirarlo fosse Claudia Cardinale (Pagani - Corallo, 2015). Continuò a insegnare fino al 2016. In quell’anno curò con il fotografo Fiorenzo Niccoli il presepe artistico della Fondazione Carla Fendi a Roma, a partire da costumi di Danilo Donati sul tema del circo (Guida, 2018, 189-190).
Morì a Roma il 10 agosto 2019.
La biblioteca personale di Piero Tosi e la sua raccolta di fotografie sono conservate al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, mentre molti suoi bozzetti si trovano, sempre a Roma, nella biblioteca dell’Istituto Gramsci. Alla Scala di Milano si trovano bozzetti e figurini de La Sonnambula, mentre molti suoi costumi sono conservati dalla Sartoria Umberto Tirelli.
Per una cronologia dei suoi lavori sino al 2006, compresi alcuni spot pubblicitari con registi come Federico Fellini e Ridley Scott, si rimanda a Piero Tosi. Costumi e scenografie, a cura di C. d’Amico de Carvalho - G. Vergani, Milano 2006 (1997), pp. 217-221. Si vedano inoltre G. Gelmetti, Piero Tosi, o della ricerca filologica, in Sipario, 555 (1995), pp. 14-17; V. Crespi Morbio, Tosi alla Scala, Torino 2002; Esercizi sulla bellezza: Piero Tosi e i seminari di acconciatura e trucco al CSC, a cura di S. Iacchetti - A. Baldi, Milano-Roma 2008; F. Galluzzi et al., L’immagine sensibile. Il problema delle fonti nel cinema risorgimentale di Visconti-Tosi. Atti del seminario didattico Palermo, Palazzo Fernandez (17 dicembre 2009), a cura di V.U. Vicari - R. Ruscio - F. Pipi, Roma 2011 (in particolare V.U. Vicari, 1954-1963. Abito e costume scenico nel sodalizio Visconti-Tosi, pp. 109-124), con allegato il DVD Piero Tosi. La memoria e l’immagine sensibile. Un’intervista in Video, a cura di F. Pipi - V.U. Vicari - R. Ruscio, Roma, 28 novembre 2009; P. Tosi, Maria allo specchio (ricordo a cura di J. Pellegrini, Roma novembre 2015), in Mille e una Callas. Voci e studi, a cura di L. Aversano - J. Pellegrini, Macerata 2016, pp. 375-380; M. Pagani - F. Corallo, Autoritratto di un genio, in Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2015 (ora in S. Iachetti 2018, pp. 8-15); Piero Tosi. Esercizi sulla bellezza. Gli anni del CSC, a cura di S. Iachetti, Roma 2018, con il citato A. Baldi, Il mondo in un volto. Conversazione con Piero Tosi (2008 ), pp. 41-49; F. Niccoli, L’altrove tra noi, da un’idea di Piero Tosi, Macerata 2018, con S. Guida, La storia di questo presepe. Tra memoria e futuro. La magia del gioco e dell’amicizia, pp. 185-195; Piero Tosi. Il talento del grande artigiano, numero monografico di Bianco e nero, LXXIX (2018), 591, maggio-agosto, con A. Arbasino, Piero Tosi. La mano come ponte tra la mente e la materia, in Ritratti italiani, Milano 2014, qui pp. 11-15 e i citati G. Pescucci, «Piero, dobbiamo girare!», pp. 45-49; A. Crespi, Il prigioniero di Fellini, pp. 58-66; C. Cerra - A. Costa, Quando Azucena cuciva le camicie rosse. Conversazione con Piero Tosi su Il Gattopardo, pp. 71-76; C. d’Amico, 1988 la “chiamata” del centro, pp. 120-125.
Tra i cataloghi di mostre a lui dedicate vanno segnalati almeno Damiani, de Nobili, Tosi: scene e costumi: tre grandi artisti del 20. Secolo. Catalogo della mostra (Roma, 27 gennaio-2 aprile 2006), testi di R. Peduzzi et al., Roma-Milano 2005 e C. Chiarelli et al., Omaggio al maestro Piero Tosi. L’arte dei costumi di scena dalla donazione Tirelli, Firenze 2014, con i citati L. Felici, Il fascino ammaliante dell’Istituto d’Arte di Porta Romana. La formazione artistica di Piero Tosi, pp. 13-14; M. Bucci, Piero Tosi: figurini e costumi della donazione Tirelli a Firenze, pp. 17-23; a sua cura i cataloghi L’arte del costume nel cinema di Luchino Visconti: documentazione di tutti i film in costume di luchino Visconti ideati da Piero Tosi, 20. Festival dei Due Mondi Spoleto, a cura di V. Marzot - U. Tirelli - P. Tosi - D. Trappetti, Roma 1977; Ricordi di famiglie: moda e costume attraverso 150 immagini da archivi privati italiani (1850-1899), a cura di L. Trionfi Honorati - P. Tosi, Milano 1999; La moda in società: raccolta fotografica da archivi privati italiani (1900-1959), a cura di P. Tosi - L. Trionfi Honorati - A. Fiorentini, Milano 2015. Come documento della sua molteplice attività si segnala Progetto Palio 1992: studio di preparazione del grande corteo ispirato a Piero della Francesca: mostra di bozzetti di Piero Tosi per i costumi del Palio della Balestra, Sansepolcro, Museo Civico, 10-24 gennaio 1987, Sansepolcro, s.d.
Data l’importanza della sua collaborazione, materiale su Piero Tosi si troverà anche nelle monografie dedicate a figure come Luchino Visconti e Franco Zeffirelli, Federico Fellini e Umberto Tirelli. Si vedano infine i documentari di F. Costabile, L’abito e il volto. Incontro con Piero Tosi, Italia 2008 e Piero Tosi. 1690, l’inizio di un secolo, Italia 2014.