FOIX (de Fuxo), Pierre de
Nacque nel 1386 in Francia a Foix (oggi dipartimento dell'Ariège) da Archambaud de Grailly ed Isabella de Foix. Pochi anni dopo la sua nascita il padre successe nella contea di Foix al cugino della moglie, Matteo, morto senza eredi il 5 ag. 1398. Cadetto, perché quarto di cinque figli, il F. fu destinato fin dalla più tenera età alla carriera ecclesiastica, e perciò consacrato a s. Francesco. Nulla si conosce della sua giovinezza. A soli dieci anni prese l'abito francescano nel convento di Morlas, dove ricevette la prima educazione letteraria. Proseguì gli studi nel convento di Tolosa, dove conseguì con ogni probabilità il dottorato.
Nel 1407, quando la Chiesa era nel pieno del grande scisma. si schierò con il papa "avignonese" Benedetto XIII, e fu ricompensato con la concessione di una pensione di 1.000 fiorini. Quando poi, al concilio di Pisa del 1409, i pontefici delle rispettive obbedienze furono dichiarati deposti e venne eletto Alessandro V, anche quest'ultimo favorì la casa dei Foix, nominando il F. vescovo di Lescar (23 ottobre), nonostante il difetto dell'età canonica. L'anno successivo, morto Alessandro V, venne eletto in suo luogo Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa), al quale il F. garantì subito il proprio appoggio, ricevendo per ricompensa il cappello cardinalizio ed il titolo di S. Stefano al Celio. Non vi sono documenti che permettano di datare con esattezza la sua nomina, ma è lecito supporre che essa sia avvenuta nel novembre 1413.
Aperto il concilio di Costanza nel novembre 1414, il F. vi giunse soltanto il 5 febbr. 1416. Gli venne affidato il compito di notificare la condanna di Benedetto XIII; sempre a Costanza egli assistette fra l'altro all'esecuzione di Gerolamo da Praga aderente al movimento hussita. Oramai deposto Giovanni XXIII, mentre Gregorio XII aveva rinunciato al titolo, fu tra i 53 elettori che, l'8 nov. 1417, portarono al soglio pontificio, con il nome di Martino V, il romano Oddone Colonna, il quale gli confermò la nomina cardinalizia ed il relativo titolo.
È probabile che, una volta chiuso il concilio (22 apr. 1418), il F. si sia fermato ad Avignone, passata solo da poco tempo all'obbedienza romana di papa Colonna. Lasciata la Provenza nel febbraio del 1419, il 2 marzo 1419 era a Firenze, dove restò più di un anno; nel corso del suo soggiorno fiorentino ricevette da Martino V diversi benefici ecclesiastici. Partito da Firenze il 15 apr. 1420, rientrò in patria, dove risiedette forse nella diocesi di Lescar; sempre in questo periodo ebbe anche l'amministrazione delle diocesi di Comminges e di Lombès. Nel settembre 1423 si recò nuovamente in Italia, poiché il papa aveva convocato a Siena un nuovo concilio per la riforma della Chiesa, in contrapposizione agli epigoni di Costanza.
Il F. giunse a Roma il 16 dicembre, ma il papa si mostrò riluttante a recarsi a Siena; egli venne allora nominato (con bolla del 12 marzo 1424), insieme con i cardinali Antonio Correr e Alfonso Carrillo, a far parte di una commissione per lo studio delle varie questioni inerenti la riforma della Chiesa, ed è certamente dal lavoro dei tre cardinali che nacque la relativa costituzione pontificia del 13 apr. 1425. L'8 genn. 1425 il F. venne nominato legato in Aragona con il compito di ricondurre la provincia spagnola all'obbedienza romana e di convocarvi sinodi per avviarvi la riforma. Il 2 marzo lasciò quindi Roma per la sua prima legazione aragonese, giungendo, il 25 dello stesso mese, a Carpentras. Le trattative con Alfonso d'Aragona presero però fin dall'inizio un andamento negativo che portò alla scomunica del re (15 luglio 1426) e a un ampliamento dei poteri del legato su tutta la Francia meridionale. Nonostante l'intrecciarsi di iniziative diplomatiche, verso la metà del 1427 il F. concluse con un nulla di fatto la sua impresa e si ritirò presso i fratelli nella contea di Foix. Né fu più felice la seconda legazione, iniziata con estrema prudenza verso la fine di luglio dello stesso anno, quando partì per Lerida. Superando le resistenze del re, il F. riuscì a siglare, il 27 ottobre, i presupposti per la conciliazione. Imbarcatosi quindi per Roma, il F. fece naufragio nei pressi di Tortosa, e fu costretto quindi a far tappa dapprima a Tarragona e poi a Barcellona (28 novembre); giunse finalmente a Roma il 3 gennaio dell'anno successivo dove però, a causa di un'epidemia di peste, non fu possibile discutere le condizioni della pace. Ciò fece ritardare la firma del trattato, che fu approvato dal papa e dal Collegio cardinalizio soltanto la notte di Natale del 1428. Il 20 febbraio successivo il F. lasciò Roma per la sua terza ed ultima legazione spagnola: il 12 maggio era ancora una volta a Barcellona, dove, oltre a fare in modo che il trattato fosse definitivamente concluso, si adoperò per sedare le ostilità tra Alfonso e Giovanni II di Castiglia. Il 17 giugno venne firmato l'accordo tra il re ed il legato e il 13 agosto il F. ricevette l'abdicazione ufficiale dell'antipapa Clemente VIII, con la quale lo scisma poteva dirsi definitivamente concluso. Ai primi di febbraio del 1430 il F. riprese la via per Roma.
Anche il nuovo papa Eugenio IV riconobbe presto le sue grandi doti di mediazione; soltanto pochì giorni dopo la sua elezione, gli conferì il titolo vescovile di Albano (14 marzo 1431) e lo nominò legato in Avignone e nel Contado Venassino. Il F. non ebbe invece la possibilità di partecipare alle sedute del concilio di Basilea, aperto nel 1433; in quel momento infatti il suo operato era richiesto per sciogliere una questione piuttosto intricata. Contravvenendo ad una consuetudine radicata da tempo, il papa aveva per la prima volta nominato vicario di Avignone uno straniero, e cioè il proprio nipote Marco Condulmer, e avendo incontrato tenaci resistenze da parte degli Avignonesi, non aveva esitato a chiedere l'appoggio delle armi angioine. Solo la nomina del F. in luogo del Condulmer nell'ottobre del 1432 evitò una nuova crisi politica e militare per la già provata regione provenzale (che trovò un accordo definitivo con la Chiesa romana solo alla fine di gennaio del 1445). Dopo quella data egli rimase sempre in Avignone, ponendo ogni sforzo per risollevare le sorti del Contado, depauperato e ridotto in rovina da quarant'anni di guerra. Oltre che di Avignone, si occupò della diocesi di Arles, di cui fu titolare una prima volta (dal 20 aprile all'11 maggio 1449) per il temporaneo rifiuto di Luigi Alemand di riconoscere l'obbedienza romana. Dopo la morte di questo, tenne dal 9 ott. 1450 l'arcivescovato, e vi convocò un sinodo provinciale nel 1453, nel quale si distinse per l'eccessiva durezza verso gli ebrei. Pochi anni dopo, nel 1462, venne nominato amministratore della Chiesa di Tarbes, incarico che tenne fino alla morte.
Il F. era un uomo ormai stanco e provato quando, il 3 ag. 1464, fece testamento (grazie a una speciale dispensa, concessagli da Martino V il 6 sett. 1419, e rinnovatagli da Niccolò V il 10 nov. 1450, che lo scioglieva dai vincoli del voto di povertà, cui era legato in quanto francescano). Ancora nel novembre di quell'anno, però, dovette intervenire presso Paolo II per stroncare le mire del re di Francia, Luigi XI, che tentava in più modi di annettere al Regno il Contado Venassino. Morì in Avignone il 13 dic. 1464.
L'attenzione del F. fu rivolta essenzialmente alle regioni francesi. Si preoccupò di attivare il processo di beatificazione dell'Alemand, subito dopo la morte di questo, e quello di Pietro di Lussemburgo, morto il 2 luglio 1387.1126 sett. 1457 fondò in Tolosa il collegio di Foix intitolato ai Ss. Francesco e Girolamo, per ospitare giovani che avessero voluto studiare diritto, e lo dotò di una consistente biblioteca; in Avignone fondò la casa dei celestini. L'amore per gli studi - e per l'arte, che imparò ad apprezzare soprattutto in seguito ai soggiorni italiani di Firenze, Roma e Siena - si rispecchia bene nella grande collezione di manoscritti che lasciò alla sua morte, e che andarono in gran parte al collegio di Foix (attualmente conservati, quasi interamente, presso la Bibliothèque nationale di Parigi). Già negli anni di Tolosa, nel 1406, si era fatto copiare un Valerio Massimo (Paris. lat. 5859) e nel 1410 un Petrarca (Paris. lat. 6069; altri due codici di Petrarca a lui appartenuti sono il Paris. lat. 6501, copiato nel collegio di S. Bernardo di Tolosa, ed il Paris. lat. 2074, già posseduto dal cardinale Pierre d'Ailly). La raccolta acquistò dimensioni notevoli soprattutto nel 1429, con l'acquisizione dei codici che erano stati portati da Clemente VIII a Peñiscola, ultima cittadella degli scismatici, che, recati ad Avignone, si andarono ad aggiungere ai libri che erano stati di Giovanni XXIII, Clemente VI, Gregorio XI e Benedetto XIII. Di tutti questi una prima parte sembra essere stata spedita a Roma, in seguito ad una specifica richiesta fatta da Eugenio IV il 20 giugno 1441, ed una seconda pare essere stata restituita alla Chiesa romana probabilmente nel 1447.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vat., Arch. Arcis, Arm. I-XVIII, cod. 6459: copia, eseguita da G.B. Confalonieri nel 1628, del Liber legationis card. de Fuxo con i capitoli del trattato tra Alfonso d'Aragona e Martino V (cc. 34v-35r), e inventario dei beni mobili appartenenti alla S. Sede rinvenuti a Peñiscola nel 1429 (cc. 68v-69r); Bibl. apost. Vat., ms. Borg. lat. 294 (copia, sec. XVIII del Liber); B. Platina, Liber de vita Christi ac omnium pontificum (aa. 1-1474), a cura di A. Gaida, in Rer. Ital. Script., 2 ed., III, I, p. 312; Angelo de Tummulillis da Sant'Elia, Notabilia temporum, a cura di C. Corvisieri, Roma 1890, p. 257; Le "Liber officialium" de Martin V, a cura di F-Ch. Uginet, Roma 1975, pp. 21, 57, 93; Pii II Commentarii rerum memorabilium..., a cura di A. van Heck, II, Città dei Vaticano 1984, p. 703; A. Bzovius, Annales eccles. post Caesarem Baronium..., XV, Coloniae Agrippinae 1622, pp. 706-731; G. Palazzi, Fasti cardinalium omnium…, II, Venetiis 1703, coll. 130-133; F. Baron, Le cardinal P. de F. le Vieux (1368-1464) et ses légations, Amiens 1920-1922; L. von Pastor, Storia dei papi..., I, Roma 1958, pp. 251 ss.; N. Mann, The manuscripts of Petrarchs "De remediis": a checklist, in Italia mediev. e umanistica, XIV (1971), pp. 72, 82; P. de Vooght, in Dict. d'hist. et géogr. ecclés., XVII, Paris 1971, coll. 735 ss.; W. Decker, in Lexikon del Mittelalters, IV, München-Zürich 1987-1989, col. 607 (con ulteriori indicaz. bibliogr.); C. Eubel, Hierarchia catholica…, I, Monasterii 1913, pp. 30, 33, 35, 47, 207, 295, 310; II, ibid. 1914, pp. 5, 29, 59, 65, 93, 173, 246.