Gassendi (o Gassend), Pierre
(o Gassend), Pierre Filosofo e scienziato francese (Champtercier, Provenza, 1592 - Parigi 1655). Prof. di filosofia a Aix-en-Provence (1616-22), poi prevosto della cattedrale di Digne, dal 1645 fu prof. di matematica al Collège Royal. In legami di stretta amicizia con Nicolas Peiresc e Mersenne, attraverso i quali entrò in contatto con i massimi esponenti della cultura filosofica, scientifica e storica del tempo, impegnato in numerose ricerche fisiche (dalla polemica sui pareli alla verifica sperimentale della legge galileiana della caduta dei gravi), storico-erudite (dalla ricostruzione della vita e della filosofia di Epicuro, alla Notitia Ecclesiae Diniensis, alle vite di Peiresc, di Copernico, di Tycho Brahe), in polemiche filosofiche (contro gli aristotelici, contro Fludd, Herbert di Cherbury e Descartes), egli è tra i massimi rappresentanti della nuova scienza e in generale della nuova cultura che si andava affermando nel Seicento: in lui la tradizione storico-erudita di origine umanistica si fonde con precisi interessi scientifici, nella comune prospettiva di edificare una scienza – della natura e degli uomini – condotta «historico stylo». Avversario dell’aristotelismo scolastico, contro cui polemizza utilizzando i motivi più tipici della tradizione umanistica e rinascimentale, G. accentua in partic. motivi scettici (vicini a Montaigne e Charron), combattendo l’ideale aristotelico di scienza come conoscenza delle essenze o cause. Questo tema costituisce un motivo centrale della speculazione di G.: egli propone un sapere sempre legato alla conoscenza empirica fenomenica e descrittiva («storica»), controllata e confermata dalla ragione, mentre indica l’inutilità di ogni sapere metafisico che voglia costruirsi come scienza umana. Sono i motivi che fa valere anche nella polemica contro Cartesio, nel cui ideale di una fisica fondata sulla metafisica egli vede la prosecuzione di uno schema scolastico e dogmatico. Anche quando G. elabora un suo sistema (con il Syntagma philosophicum), la metafisica (o teologia naturale) che egli accoglie, resta ai margini del sistema stesso come costruzione meramente probabile, mentre accentua – accogliendo fondamentalmente la fisica epicurea – una concezione empirica e atomistica quale fondamento così della fisica come della morale. Larga l’influenza esercitata da G. nella seconda metà del Seicento, soprattutto nel senso del trionfo di un ideale di conoscenza empiristica e di una fisica atomistica. Tra le opere: Exercitationum paradoxicarum adversus Aristoteleos libri septem (1624: pubblicò solo il 1° libro; il 2° uscì postumo, gli altri non furono scritti); Parhelia (1630); De motu impresso a motore translato (1642); De proportione qua gravia decidentia accelerantur (1646); Institutio astronomica (1647); De vita et moribus Epicuri (1647); Animadversiones in decimum librum Diogenis Laertii qui est de vita, moribus placitisque Epicuri (1649); Philosophiae Epicuri syntagma (1649); Syntagma philosophicum (ed. post. in Opera omnia, 1658).