Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Filosofo e scienziato del XVII secolo, dopo una prima fase scettica e nominalista, approda a un eclettismo filosofico nel quale intreccia temi propri della filosofia classica con risultati e istanze metodologiche della nuova fisica meccanicista. Si avvicina al pensiero di Epicuro modificandone l’atomismo, così da renderlo conciliabile con il finalismo creazionista e la natura spirituale dell’anima. Rispondendo a una richiesta dell’amico Marin Mersenne formula una serie di obbiezioni alle Meditazioni metafisiche di René Descartes.
L’amore per la letteratura e la filosofia classica, la passione per le osservazioni scientifiche, in particolare astronomiche, unite a una salda fede cristiana sono i tratti che maggiormente caratterizzano la personalità culturale di Pierre Gassendi. Nato in una famiglia contadina a Champtercier, nei pressi di Digne, il 22 gennaio 1592 (anno della morte di Montaigne), Gassendi viene avviato allo studio della teologia e della filosofia, prima nella città natale, poi ad Aix-en-Provence e ad Avignone.
Nel 1616 riceve gli ordini minori e inizia a insegnare filosofia ad Aix, incarico che manterrà fino al 1622. La città provenzale, sede di uno dei più importanti parlamenti francesi, è in quegli anni il centro culturale e politico più importante della Francia meridionale. Gassendi, uomo dalla personalità divertente, generosa e amante della compagnia, ha così occasione di maturare un profilo intellettuale complesso, in cui si fonde l’amore per la cultura classica con la passione per le osservazioni e gli esperimenti scientifici. Da una lettera ad Henri du Faur (che verrà successivamente inclusa nella prefazione della prima opera data alle stampe, le Exercitationes paradoxicae), è lo stesso autore a descrivere le letture di questi anni: Montaigne e Charron, Lipsio e Vives, Pico della Mirandola e Ramo, tra i moderni; Cicerone e Seneca, Orazio, Luciano, Lucrezio e Sesto Empirico tra i classici.
Sempre ad Aix, Gassendi frequenta l’astronomo e botanico Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, intellettuale dai molteplici interessi e occupazioni: uomo di scienza, ma anche consigliere del Parlamento della Provenza, ha studiato all’università di Padova con Campanella, è in corrispondenza con Galileo e ha installato presso la propria abitazione un osservatorio astronomico dove Gassendi effettua le prime osservazioni. A Peiresc Gassendi rimarrà sempre legato, tanto da dedicargli una biografia, che verrà pubblicata a Parigi nel 1642.
Pierre Gassendi
In difesa di un approcio moderno
Esercitazioni contro gli aristotelici
Quanto sarebbe utile conoscere la storia delle pietre, dei metalli, delle piante, degli animali, e di tutte le altre cose di questo genere, la cui varietà è così piacevole a conoscersi! Ma queste cose, dicono loro, saranno oggetto di conoscenza per il tagliatori di pietre, gli orefici, gli erboristi, i cacciatori. Ché non le considerano un fico secco, in quanto sarebbero troppo volgari, mentre si vantano di scegliere le cose che spettano propriamente alla filosofia. Ovviamente allora Aristotele, Democrito e gli altri grandi uomini, la cui erudizione è tanto stimata, non coltivavano la filosofia quando indirizzavano le loro ricerche su quelle cose? Ovviamente questi uomini dabbene, lasciando da parte cose di questo genere, sono migliori osservanti della filosofia, dal momento che ricercano con tanto zelo se esista la forma della corporeità; se e quali proprietà abbia quella che vien detta forma del cadavere; se i gradi inferiori contengano i superiori formalmente o in modo eminente; se la facoltà animale sia separabile dal suo soggetto realmente o soltanto razionalmente; se inoltre la facoltà visiva, posta che sia in una pietra, possa produrre l’atto del vedere; e lascio da parte un numero enorme di altre futilità ed inezie. E, pur trascurando le altre, ecco dunque le cose che ricercano con tanto interesse, in quanto propriamente filosofiche. Ma vediamo dunque, ciò premesso, una volta terminato il corso di fisica, quale sicuro possesso avranno di ciò che si trova in natura? Minerali, vegetali ed animali non sono stati esaminati a fondo, come s’è detto. (...) Per dirla in una parola, della natura che ci sta di fronte non hanno esaminato un bel niente; quando sono entrati nelle loro scuole, sono entrati in un’altra natura che non ha niente a che vedere con quella che sta qui fuori di noi.
in Grande antologia filosofica, Milano, Marzorati, 1968
Le letture, le frequentazioni, le osservazioni scientifiche e l’insegnamento degli anni di Aix confluiscono nella redazione delle Exercitationes paradoxicae adversus Aristoteleos. In questo scritto vengono avanzate diverse critiche, di matrice scettica e nominalista, contro l’aristotelismo scolastico, accusato di fondarsi solo su “pseudo-evidenze”. Nel secondo libro, in particolare, la dialettica e la logica aristoteliche sono accusate di impedire il cammino della conoscenza e di basarsi sostanzialmente su tautologie e affermazioni giustificabili solo con il metodo del regresso all’infinito. Al procedere dimostrativo e sillogistico della logica aristotelica, fondato su intuizioni indimostrabili, viene contrapposto un empirismo radicale, incentrato sull’osservazione e avente come unica finalità la catalogazione sistematica dei dati forniti dalle osservazioni scientifiche.
Inizialmente pensata come un’opera articolata in sette libri, Gassendi conclude però solo il primo, che viene pubblicato a Grenoble nel 1624. Parte del secondo libro sarà inclusa nell’Opera omnia del 1658.
La scelta di interrompere la redazione delle Exercitationes può essere spiegata richiamando la conformazione ancora dialettica e scolastica del lavoro e le esperienze culturali che Gassendi farà a Parigi. Dopo quello con Peiresc, l’incontro maggiormente rilevante nel percorso filosofico gassendiano avviene con padre Marin Mersenne, proprio a Parigi, probabilmente nel 1622. È l’influenza di quest’ultimo che può spiegare la scelta di abbandonare la polemica diretta con il sapere scolastico condotta con gli strumenti espositivi propri di quella tradizione, in favore di uno stile meno aspro, più propositivo e di più facile lettura, rintracciabile nelle opere successive.
Pierre Gassendi
Contraddizioni
Disquisizione metafisica, ovvero dubbi su Descartes
Dunque tu dici Io penso? ma cosa pensi? ogni pensiero infatti è pensiero di qualche cosa. Sarà il cielo? oppure la terra? oppure qualche altra cosa, o invece te stesso? ma ormai tu hai reputato falsa ogni cosa né hai mutato parere: per cui qualsiasi cosa pensi, pensi il falso, e perciò falso è il tuo pensiero. Quindi falsi saranno anche tutti i pensieri che ne trarrai di conseguenza. Ed ancora: tu dici Io penso; ma quando dici Io conosci te stesso oppure no? Senza dubbio ti conosci, altrimenti non ti nomineresti. Ma sai di essere oppure no? se sai di essere, tu allora possiedi un giudizio già formulato che contraddice la supposizione. Se non sai di essere, allora non sai neppure di agire, poiché l’azione, come dicono, presuppone l’esistenza. Dunque non sai neppure di pensare, perché pensare è agire; dunque quando dici io penso ignori ciò che dici; e quel che è di più, tutto ciò che, a partire di qui, conoscerai e dedurrai si fonderà su un principio completamente ignorato.
in Grande antologia filosofica, diretta da Umberto Antonio Padovani, Milano, Marzorati, 1968
Il soggiorno parigino e la “scoperta” di Epicuro
Se fino al 1622 Gassendi insegna filosofia ad Aix, a partire dal 1625 alterna con regolarità la propria vita tra Parigi e la Provenza. Nella capitale francese il futuro prevosto di Digne entra in contatto con il circolo intellettuale che si ritrova nella biblioteca dei fratelli Jacques (1591-1656) e Pierre Dupuy (1582-1651). Incontra in più occasioni Descartes e Hobbes, stringe amicizia con Mersenne e frequenta gli ambienti libertini ed eruditi. Con Gabriel Naudé, François de La Mothe Le Vayer (1588-1672) ed Elie Diodati (1576-1661) forma la Tetrade, una ristretta società filosofica composta da intellettuali di diversa formazione culturale che, condividendo un medesimo atteggiamento speculativo “razionalista moderato”, si ritrovano saltuariamente per discutere di scienza e filosofia.
È in questo ambiente culturale che matura il progetto filosofico di Gassendi: conciliare atomismo, fede cattolica e tradizione filosofica classica. Sarà il pensiero di Epicuro a fornire al nostro autore lo sfondo teoretico all’interno del quale operare tale sintesi.
Il confronto sistematico con Epicuro avviene a partire dal 1626. Inizialmente Gassendi si orienta soprattutto sui temi morali e solo in un secondo momento, forse a seguito dell’incontro con Isaac Beeckman (1588-1637), che avviene in Olanda nell’estate del 1629, si interessa alla fisica atomistica.
Gli scritti dedicati alla filosofia epicurea sono tre: il De vita et moribus Epicuri (Lione 1647), le Animadversiones in decimum librum Diogenis Laertii (Lione 1649 e 1675) e il Syntagma philosophicum, rimasto incompiuto e pubblicato postumo. Nella prima di queste tre opere, l’autore conduce una riflessione di carattere storico sulla biografia e la personalità del filosofo del giardino, mentre nelle Animadversiones e nel Syntagma sono trattati specificatamente i temi della filosofia e della fisica epicuree.
Tratto distintivo dell’interpretazione gassendiana è la riproposizione dei concetti fondamentali della fisica e della morale epicuree a cui, però, vengono apportati alcuni “aggiustamenti”, così da renderli compatibili, tanto con le più recenti acquisizioni della scienza, quanto con i dogmi della fede cristiana.
Il fondamento della conoscenza ha sede nella sensazione che è sempre singolare e può essere accettata come vera. Ciascuna sensazione dà origine nell’intelletto a un’idea singolare che, a propria volta, può essere rielaborata in processi associativi fino alla formulazione di idee generali. In questo modo, l’intelletto consegue una conoscenza più ampia e profonda della realtà. Rispetto alle precedenti posizioni scettiche quando all’intelletto era conferito un ruolo di esclusiva catalogazione e sistemazione di dati singolari provenienti dall’esperienza, in questa fase all’attività razionale viene attribuita una capacità maggiore di penetrazione della realtà. Le idee dell’intelletto consentono una conoscenza che, benché filtrata e forse alterata dall’apprensione sensibile, può essere considerata come vera, anche se, forse, non perfettamente coincidente con la verità oggettiva. Alla conoscenza del reale pertiene così un carattere probabile, ma ciò non significa che su di essa non si possa operare come se fosse certa.
Spazio e tempo sono definiti oggettivi e infiniti, accoglienti una materia definita “matrice” di tutte le cose. In questa materia gli atomi sono creati da Dio in numero finito, sono dotati di estensione, figura e peso (pondus). Quest’ultima proprietà viene definita una forza intrinseca che conferisce a ciascun atomo una particolare posizione (situs) nella relazione (ordo) con i simili. Le proprietà e gli urti tra gli atomi possono spiegare tutti i fenomeni naturali e per questa ragione Gassendi li definisce cause seconde.
Oltre alla teoria creazionista e finalista, il secondo cambiamento apportato alla filosofia di Epicuro consiste nel modo di qualificare l’anima, che viene divisa in due parti: l’una materiale, l’altra spirituale e, come tale, immortale e creata direttamente da Dio.
Il pensiero di Epicuro non viene ripreso esclusivamente per quanto concerne la fisica, ma anche in riferimento alla morale. Dopo aver argomentato in favore dell’immortalità dell’anima, Gassendi definisce il piacere (voluptas) parte della felicità (felicitas). Ciò significa che esso, inteso sempre come tranquillità d’animo e salute del corpo, deve essere considerato come un bene. Il dolore, invece, è sempre un male. Solo in particolari circostanze (per accidens) il piacere può trasformarsi in male, così come il dolore può essere scelto come condizione necessaria per l’acquisizione di un bene futuro. La virtù è il mezzo utile e necessario al conseguimento della felicità.
Alla fine degli anni Trenta Gassendi comicia a ottenere un certo riconoscimento nella comunità scientifica, tanto che nel 1641 viene chiamato a insegnare matematica e astronomia presso il Collège de France. Mantiene tale insegnamento fino al 1648, quando sceglie di recarsi in Provenza. Torna a Parigi nel 1653, dove muore due anni dopo.
Agli anni Quaranta risale anche la polemica con Descartes. Ancora una volta è padre Mersenne a svolgere un ruolo strategico nel percorso gassendiano. È lui, infatti, che nel 1641 invia le Meditazioni metafisiche a Gassendi, invitandolo contestualmente a scrivere una serie di obiezioni. È lo stesso Mersenne che, ricevute tali obiezioni, sceglierà di pubblicarle all’insaputa dell’autore, facendole seguire da una replica di Descartes. Successivamente sarà Gassendi a formulare una serie di nuove contro-osservazioni che verranno pubblicate, unitamente all’intero scambio precedente, nel 1644 con il titolo Disquisitio metaphysica, seu dubitationes et instantiae adversus Renati Cartesii metaphysicam et responsa.
Nel corso della polemica sono tre i principali argomenti di contesa. In primo luogo, Gassendi accusa Descartes di operare in modo non difforme dalla metafisica tradizionale quando, partendo dalla constatazione dell’esistenza dell’attività razionale e dell’attività sensibile, postula la necessaria esistenza di due sostanze distinte (res cogitans e res extensa), a cui tali diverse attività dovrebbero necessariamente inerire. Al contrario, secondo Gassendi, che intende circoscrivere alla sfera dell’esperienza la riflessione filosofica, non è possibile rendere sostanza e così separare il soggetto, pensante o senziente, dalle attività che esso esercita.
Il secondo fuoco della polemica con Descartes concerne la verità delle conoscenze sensibili e matematiche. È vero – come sostenuto dall’autore delle Meditazioni – che sensazioni e verità della matematica possono essere nozioni non perfettamente isomorfe alla struttura del reale e, tuttavia, entrambe sono capaci di imporsi come vere. Per questo motivo non vi è alcuna necessità di rifiutarne il valore e l’uso al solo scopo di ricercare una fondazione metafisica eminente rispetto al dato fornito dall’esperienza.
Viene infine criticata anche la dimostrazione ontologica dell’esistenza di Dio a partire dall’idea di perfezione, presentata da Descartes nella Quinta Meditazione. L’esistenza – obietta Gassendi – non è di per sé una perfezione, quanto piuttosto la condizione di tutte le perfezioni.
In definitiva, la polemica con Descartes svela due modalità profondamente divergenti di intendere il rapporto tra scienza, filosofia e fede. Per l’autore del Discorso sul metodo il meccanicismo, per essere riconosciuto nel proprio statuto di verità ed essere reso compatibile con i principali dogmi della Chiesa, necessita di un’inedita fondazione metafisica, che abbia nell’argomentazione razionale il solo criterio di giustificazione.
Per Gassendi, al contrario, il punto di partenza di qualsiasi speculazione filosofica non può che essere il riconoscimento della verità del dato empirico, ottenuto per mezzo dell’osservazione scientifica. A partire da tale riconoscimento, egli cerca con lo studio storico delle filosofie del passato (in particolare l’epicureismo) di comporre una cornice teorica all’interno della quale conciliare i risultati delle nuove scienze con i più importanti principi della fede.