DAVID, Pierre-Jean (detto David d'Angers)
Scultore e medaglista, nato ad Angers il 12 marzo 1788, morto a Parigi il 6 gennaio 1856. Era figlio dello scultore in legno Pierre-Louis D., dotato di buon ingegno, autore di alcune sculture nella cattedrale d'Angers. Pierre-Jean dapprima aiutò il padre e a dodici anni frequentò i corsi della scuola centrale della sua città nativa. Andato a Parigi nel 1808 vi guadagnò assai penosamente la vita; essendo entrato nello studio dello scultore Roland fu impiegato in qualche lavoro quando si eresse l'arco di trionfo del Carrousel. Nell'ottobre del I810 ottenne il secondo Gran Premio alla scuola di belle arti con un Otriade morente, e fu questo lavoro che gli assicurò la protezione del celebre pittore Louis David, che lo prese con sé nel suo studio. Il 1° ottobre 1811 gli fu assegnato il Gran Premio di Roma per la Morte di Epaminonda, e da quell'anno fino al 1816 soggiornò in Italia, dove subî l'influenza non del Canova, contro il quale il David l'aveva messo in guardia, ma del Thorvaldsen. Di questa epoca sono: Il pastorello, il busto di Ulisse, le Nereidi, il medaglione d'Hérold, primo tentativo d'una tecnica che più d'ogni altro merito doveva rendere celebre l'autore, e il ritratto della principessa Odescalchi. Ritornato in Francia nel 1816 D. d'Angers eseguì per il ponte Luigi XVI (oggi ponte della Concordia) una statua di Condé, che attualmente è a Versailles. L'anno seguente scolpiva il busto di Augusto Lethière e il medaglione di Pradier; nel 1821 un Calvario che ora si trova nella cattedrale d'Angers e il monumento funebre della duchessa di Brissac. Dal 1821 al 1824 lavorò intorno alla tomba del Bourke, poi ai busti di Madame Haudebourt-Lescot, del Casenave, del Lacépède, del Desgenettes e del Lareveillère-Lepeaux, di cui sposò la figlia nel 1831. Scolpì pure un fregio di una statua per l'Odéon, distrutto da un incendio, una statua del Bonchamp (1824), per un monumento funebre, che è uno dei lavori del D. meglio riusciti insieme con quello del Botzaris, eroe dell'indipendenza greca (1827), la decorazione di un occhio di bove del Louvre, rappresentante l'Innocenza che implora la Giustizia, il monumento del Fénelon per la cattedrale di Cambrai (1826), i busti di Enrico II, inaugurato a Boulogne, del Béranger, del Washington, del Lafayette, del Lamartine, del Cuvier e del Chateaubriand; anche il Goethe posò dinanzi a lui a Weimar. Il Guizot gli fece ordinare il frontone del Pantheon con le figure colossali della Patria, della Libertà e della Storia circondate dagli uomini illustri, e gli fu dato pure l'incarico delle sculture della porta d'Aix a Marsiglia. Non si esitava a chiamarlo il Fidia dei tempi moderni; la città di Angers gli dedicò un museo che porta il suo nome. La moda classica non spense la sua originalità, che trovò non tanto nelle risorse che gli offriva la scultura, quanto in un'arte di cui egli, se ben si considera, fu l'inventore e il solo seguace, ossia quella degli ampî medaglioni, modellati con energia spinta fino alla ruvidezza, i quali venivano fusi per lui da Louis Richard. Di codesti innumerevoli medaglioni, alcuni dei quali mostrano il segno dell'improvvisazione, e la cui serie forma la Galleria dei contemporanei, il più celebre è quello di Bonaparte, espressione caratteristica di quell'arte impetuosa, quasi scapigliata e sprezzante delle convenzioni, in una parola, romantica. D. stesso diceva: "Il profilo del volto esprime la realtà della vita, mentre la faccia non è altro che una finzione" e pertanto parecchi di quei medaglioni si presentano di faccia o di tre quarti, imponendo allo spettatore un "punto di vista", perché l'effigie in certo modo esce fuori dal fondo. Per questo si è potuto dire con ragione, che tali procedimenti sono in contraddizione formale con l'arte del medaglista. Nelle poche medaglie che ha lasciato, ora al Louvre (figure d'adolescenti, di donne e di fanciulli) il D. seppe mettere un freno a ciò che il suo vigore aveva d'eccessivo e di stizzoso; ma in tutte le altre opere sue il desiderio di far effetto e l'accentuazione quasi frenetica del carattere dànno un aspetto tumultuoso che pecca per mancanza di equilibrio o di senso decorativo. Tuttavia la Galleria dei contemporanei rimane come uno dei documenti più preziosi d'un'intera epoca della storia della Francia.
Bibl.: A. Maillard, Étude sur la vie et les oeuvres de D. d'A., Angers 1839; id., L'atelier del D., Angers 1858; E. Marc, L'oeuvre de D. d'A., croquis d'après nature, Parigi 1856; id., Les médaillons de D. d'A. réunis et publiés par son fils, Parigi 1867; F. Halévy, Notice sur la vie et les oeuvres de D. d'A., Parigi 1857; V. Pavie, Goethe et David, souvenirs d'un voyage à Weimar, Angers 1874; H. Jouin, D. d'A., sa vie et son oeuvre, Parigi 1878; V. Pierre, Un mot sur D. d'A., Amiens 1881; H. Jouin, David d'Angers et ses relations littéraires, Parigi 1890; F.P. Weber, Medals and Medallions of the XIX Century, Londra 1894; R. Marx, Les médailleurs français depuis 1789, Parigi 1897; L. Forrer, Biogrpahical Dict. of Medallists, Londra 1904, I, pp. 522-535; R. David d'Angers, Un grand statuaire D. d'A., sa vie, ses oeuvres, par son fils, Parigi 1910; L. Séché, Le cénacle de Joseph Delorme (1827-1830), II: Victor Hugo et les artistes, Parigi 1911; R. Aubouin, Une observation de mimétisme psychique. D. d'A. ou la discipline de l'horizon, Laval 1913; H. Vollmer, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, VIII, Lipsia 1913; P. J. David, Souvenirs sur ses contemporains (brani tolti dagli appunti autobiografici di P. J. David), a cura di L. Cerf, Parigi 1928.