Cabanis, Pierre-Jean-George
Medico e filosofo francese (Cosnac, Corrèze, 1757 - Rueil 1808). Fu uno dei principali esponenti del movimento degli idéologues (➔ ideologia). Nella villa di Auteil, dove viveva la vedova di Helvétius e che sarebbe diventato il circolo degli ideologi, ebbe modo di conoscere Turgot, Holbach, Alembert, Diderot, Condillac, Voltaire, Condorcet, Franklin e Sieyès. Interessato inizialmente agli studi letterari, si dedicò poi alla medicina, scrivendo La certitude de la médecine (1788; trad.it. La certezza della medicina), nel quale definisce lo statuto teorico della disciplina, e le Observations sur les hôpitaux (1790), dal quale emerge quell’interesse per le questioni sociali e politiche che saranno tipiche degli ideologi. Nel 1804 pubblica Coup d’oeil sur les révolutions et sur la réforme de la médecine. Amico e medico di Mirabeau, fu sostenitore della causa rivoluzionaria. Fece parte del Consiglio dei Cinquecento, ma – deluso degli esiti del Direttorio – fu tra i sostenitori del regime bonapartista, durante il quale divenne senatore. La sua opera principale (Rapports du physique et du moral de l’homme, 1796-1802; trad. it. Rapporti tra il fisico e il morale dell’uomo) ebbe largo influsso sulla cultura francese, perché affronta sia il problema dei rapporti anima/corpo (negando il dualismo), sia il ruolo che fattori di varia natura (età, sesso, temperamento, ambiente, costumi, educazione) giocano nell’organizzazione psicofisica dell’uomo. Alcune espressioni crudamente materialistiche dei Rapports (il parallelismo tra il cervello, organo della «secrezione del pensiero», e lo stomaco e l’intestino, organi della digestione) sono state spesso citate come esempio di materialismo estremo. In realtà, anche se C. volle senz’altro ricondurre tutto lo studio dell’uomo nell’ambito delle scienze sperimentali, egli criticò le concezioni meccanicistiche dell’essere umano, sostenendo che l’uomo è un organismo unitario, complesso e dinamico, nel quale il sistema nervoso gioca un ruolo fondamentale (a partire dal fondamento della sensibilità, che è per C. ciò che per Cartesio è il cogito). In quello che fu considerato il suo testamento filosofico (Lettre à Fauriel sur les causes premières, post., 1824) – e che alcuni hanno considerato una palinodia dei Rapports – il ‘naturalismo’ di C. è svolto in senso vitalistico: egli afferma che la vita è un principio sopraggiunto all’organismo, postula al di là dalla sensibilità diffusa nell’Universo una causa prima (detta Natura) e sostiene l’esistenza nell’uomo di un principio animatore per molti aspetti vicino al tradizionale concetto di anima.