Proudhon, Pierre-Joseph
Pensatore politico ed economista francese (Besançon 1809 - Parigi 1865). Figlio di un birraio, poté frequentare per qualche anno le scuole primarie con una borsa di studio; poi fu costretto a lavorare come correttore e compositore di tipografia; non abbandonò però gli studi, che continuò privatamente, e nel 1838 conseguì il baccellierato. Nel 1840 pubblicò un’opera che divenne ben presto celebre in tutta Europa, Qu’est-ce que la propriété? (trad. it. Che cos’è la proprietà?). Nel 1843 si stabilì a Lione e pubblicò De la création de l’ordre dans l’humanité, ou Principes d’organisation politique. In quest’opera P. accentuò la sua critica alla proprietà e definì il lavoro come il solo capitale reale. Nel 1844 conobbe Marx, con il quale ebbe intensi contatti, ma che non esercitò alcuna influenza sul suo pensiero. Nel 1846 pubblicò il Système des contradictions économiques, ou Philosophie de la misère (trad. it. Sistema delle contraddizioni economiche. Filosofia della miseria). Eletto nel 1848 all’Assemblea nazionale, P. vi svolse un’intensa attività politica, e fu redattore di alcuni giornali (Le représentant du peuple, Le peuple, La voix du peuple). Tenace oppositore di Luigi Napoleone, P. trascorse circa tre anni in carcere, dal 1849 al 1852. Con La révolution sociale démontrée par le coup d’État du 2 décembre, pubblicato nel 1852, P. tentò un avvicinamento a Napoleone, per sensibilizzarlo alla causa delle riforme sociali. Dopo la pubblicazione di un nuovo studio, De la justice dans la révolution et dans l’Église (trad. it. La giustizia nella rivoluzione e nella Chiesa), P. fu nuovamente condannato, e dovette cercare rifugio a Bruxelles. Tornato a Parigi, poiché gli era stata condonata la pena, vi morì nei primi giorni del 1865. Lasciò molti inediti, fra i quali De la capacité politique des classes ouvrières (trad. it. Della capacità politica della classe operaia), pubblicato dai suoi collaboratori. Il pensiero e l’attività politica di P. sono caratterizzati da una profonda ispirazione libertaria e da una critica aspra e amara a tutte le ingiustizie dell’ordine costituito. Benché egli si sia richiamato spesso alla classe operaia («Nato ed allevato nella classe operaia – ebbe a scrivere – vi appartengo ancora oggi e sempre per il cuore, l’ingegno, il costume e soprattutto per la comunità di interessi e di aspirazioni»), P. è stato piuttosto l’interprete e l’ideologo degli interessi e delle aspirazioni delle classi medie (artigiani indipendenti, piccoli proprietari contadini), minacciate dal capitalismo industriale e finanziario. Infatti P. assunse una posizione fortemente critica verso gli scioperi e le coalizioni operaie: «La legge che autorizza le coalizioni – egli scrisse – è sostanzialmente antigiuridica, antieconomica, contraria a ogni società e ad ogni ordine [...] Gli operai vedono solo le loro angosce, e non dubitano neppure che esistano tribolazioni borghesi: con la legge sulle coalizioni sono divenuti gli ausiliari dell’aristocrazia capitalistica contro la piccola industria, il piccolo commercio e la piccola proprietà». Perfettamente coerente con questa posizione è la concezione pessimistica che P. ebbe della società industriale, alla quale contrappose un ideale di società fondata sullo scambio diretto del lavoro con i beni, dunque sull’abolizione della moneta. P. pensava di eliminare così ogni ingiustizia sociale, che avrebbe la sua origine nel fatto che nella società moderna la distribuzione del valore non corrisponde esattamente a quella del lavoro. In questo contesto va vista la celebre critica che P. svolse in Qu’est-ce que la propriété?, dove sostenne che la proprietà privata è un furto e che da essa hanno origine tutti i mali sociali. In realtà P. non mirava ad abolire la proprietà privata, bensì a renderla universale. Nella Philosophie de la misère (a cui Marx rispose con il polemico scritto Miseria della filosofia, 1847) e poi nella Théorie de la propriété (1866) egli proponeva, infatti, di trasformare la proprietà-furto in proprietà quale fondamento dell’autonomia e libertà individuale. La concezione storico-politica di P. è dunque assai originale e significativa, perché, partito dal pensiero degli economisti classici e da una critica intransigente della società borghese, egli arriva a una posizione politica assai distante da quella di Marx, e sostanzialmente ispirata alle classi medie preborghesi. E infatti i numerosi seguaci che P. ebbe in Francia si contrapposero, spesso con successo, nel seno dell’Internazionale, ai rappresentanti del socialismo marxista.