Laval, Pierre
Politico francese (Châteldon, Puy-de-Dôme, 1883-Parigi 1945). Avvocato, membro del Partito socialista dal 1903, fu eletto deputato nel 1914. Lasciato il Partito socialista dopo la mancata rielezione del 1919, tornò alla Camera nel 1924 come indipendente; l’anno successivo ebbe il portafoglio dei Lavori pubblici in un breve ministero Painlevé; successivamente fu ministro della Giustizia con A. Briand (1925-26) e del Lavoro nel secondo gabinetto Tardieu (1930). Nel genn. 1931 formò un ministero, con cui, rinunciando ai programmi della sinistra, riuscì a ottenere dal centro e dalle destre l’appoggio parlamentare che gli consentì di rimanere al potere sino al febbraio dell’anno successivo. Ministro delle Colonie nel gabinetto di G. Doumergue del febbr. 1934, dopo la tragica morte di L. Barthou passò (14 ott.) agli Esteri, di cui rimase titolare anche nel successivo ministero di P. Flandin (dal novembre). Gli accordi su questioni coloniali siglati da L. e Mussolini (Roma, genn. 1935) furono seguiti in aprile dalla Conferenza e dal «fronte» di Stresa tra Francia, Gran Bretagna e Italia, costituito con l’espresso proposito di difendere l’indipendenza austriaca e di opporsi al riarmo tedesco voluto da Hitler. La ricerca di una maggiore solidarietà fra le tre nazioni fallì ben presto dinanzi all’azione italiana contro l’Etiopia. Divenuto presidente del Consiglio il 7 giugno 1935 (conservando il portafoglio degli Esteri), L. cercò ancora di giungere a una soluzione di compromesso con il fascismo (gli accordi con il ministro degli Esteri inglese S. Hoare, del 7 dic., miravano a comporre il conflitto italo-etiopico a spese dell’Etiopia); ma l’ostilità, specie delle sinistre, alla sua politica filofascista e antisocietaria lo costrinse alle dimissioni (22 genn. 1936). Tornò al potere in seguito alla disfatta francese nella fase iniziale della Seconda guerra mondiale. Il 23 giugno 1940 entrò nel gabinetto Pétain come vicepresidente del Consiglio (ma i suoi poteri divennero predominanti nel nuovo ministero Pétain del 9 sett.); un suo colloquio con Hitler a Parigi, il 22 ott., costituì la premessa di quell’incontro di Montoire (24 ott.), fra Pétain e il dittatore tedesco, che inaugurò la politica di collaborazione tra la Francia di Vichy e la Germania hitleriana. A Parigi, dove si era trasferito per l’opposizione del governo e dell’assemblea alle sue aperte velleità dittatoriali, fu costantemente in contatto coi nazisti; il 18 apr. 1942, rientrando a Vichy, divenne capo del governo. Come tale, L. diede nuovo impulso alla collaborazione, giungendo sino all’obbligo della coscrizione militare a favore dell’Asse e a quello del lavoro in Germania; e quando Hitler occupò militarmente la Francia, dopo le dimissioni di Pétain (17 nov. 1942), assunse tutti i poteri. Dopo lo sbarco alleato in Normandia tentò invano, nell’ag. 1944, di salvarsi con la convocazione di un’assemblea nazionale; ma fu costretto alla fuga in Germania (17 ag.). Passato in Spagna nel maggio 1945, si vide rifiutato da Franco il permesso di asilo e si consegnò allora alle autorità francesi (1° ag.); condannato a morte per collaborazionismo, fallito un tentativo di suicidio, il 15 ott. fu fucilato.