GINGUENE, Pierre-Louis
Letterato francese, nato a Rennes il 25 agosto 1748, morto a Parigi l'11 novembre 1816. Di nobile famiglia, fu educato nella scuola dei gesuiti; ma molto imparò dal padre, specialmente le letterature moderne, inglese e italiana, e il gusto per le arti e la musica. Con un suo scritto giovanile, fece sì che l'opinione comune, favorevole a C. W. Gluck, si convertisse all'ammirazione di N. Piccinni. I primi saggi furono poesie, che circolarono anonime. Acceso di entusiasmo salutò con un'Ode la convocazione degli Stati Generali, e ne profittò per pubblicare le Lettres sur les Confessions de J-J. Rousseau (1791), del quale era fervido ammiratore, contro i suoi detrattori. Si mantenne sempre fedele alle idee repubblicane: dal Direttorio ebbe la nomina di direttore generale della Commissione esecutiva per la riorganizzazione della pubblica istruzione, e quella di membro dell'Institut de France alla sua fondazione (1796), e poi di ministro plenipotenziario presso il re di Sardegna; ma a Torino rimase sette mesi soltanto (1798). Da Bonaparte fu eletto al tribunato; ma ne fu rimosso nel 1802 per la sua opposizione all'istituzione dei tribunali speciali. Da allora attese al suo insegnamento nell'ateneo, e collaborò alla continuazione dell'Histoire littéraire de la France. Ebbe parte principale nella redazione della Décade philosophique, soppressa da Napoleone nel 1807, mandò molti articoli al Mercure de France (fra gli altri sul Géie du Christianisme di Chateaubriand), alla Biographie universelle, specialmente su scrittori italiani contemporanei, come Carlo e Gaspare Gozzi, Goldoni, Parini, ecc. Fu amico di Lebrun-Pindare, di cui pubblicò le poesie (1811), ed ebbe la familiarità di Claudio Fauriel: in generale il G. godette la stima dei migliori uomini - in Italia dell'Alfieri, del Foscolo e del Manzoni - per il suo carattere diritto e leale, sebbene alquanto rigido. Molte le sue composizioni poetiche, sparse in riviste e almanacchi (altre opere: Notice sur la vie et les ouvrages de Piccinni; Notice sur Ossian; Tableaux de la Révolution française, in collaborazione con Chamfort, della cui opera diede un'edizione), che però non gli hanno dato fama: e questa rimane tutta affidata all'Histoire littéraire d'Italie, cominciata nel 1808 e continuata sino al 1815.
Fu pubblicata fra il 1811 e il 1819, in 9 volumi, di cui gli ultimi tre postumi. Ma egli non riuscì a esaurire tutta la materia del sec. XVI; anzi dei due ultimi scrisse appena la metà, e l'altra fu composta da un suo amico italiano Francesco Salfi di S. Demetrio Corone, e riveduta dal Daunou. Le edizioni si moltiplicarono in Francia e in Italia, dove se ne fecero una traduzione a Milano da B. Perotti (cattiva), una a Venezia e una a Napoli; l'edizione migliore è quella di Parigi, 1823-35, dove la continuazione del Salfi comincia col vol. X. Fu meritato il successo di quest'opera, che non è destinata a perire: il G. conobbe con la stessa compiutezza e profondità tanto i nostri monumenti letterarî - nel senso vastissimo che dava alla letteratura, la quale era per lui filosofia e comprendeva anche le scienze, - quanto le opere critiche scritte in Italia e fuori: anzi il suo piano era molto più vasto, cioè di una letteratura universale, la quale cominciava appunto con la italiana, che aveva restituito la gloriosa civiltà greca e romana, e poi s'era sparsa per tutta l'Europa dando origine alle letterature nazionali: per lui il Medioevo non contava niente, e veramente egli ne aveva idee molto confuse, secondo gli studî dei tempi suoi. Era pieno di entusiasmo per l'Italia, nonostante il suo orgoglio patriottico, e corresse ingiusti apprezzamenti, anche di Voltaire, per il quale professava ammirazione devota. Il G. non era un esploratore della storia letteraria, ma un giudice accorto, e mirava con la sua critica ai pregi essenziali della poesia, principalmente il sentimento, l'invenzione, la fantasia, la grandiosità dei concetti, l'umanità: onde le bellissime analisi, che riescono spesso a sceverare queste qualità. Egli non avrebbe fatto nulla senza le opere di Tiraboschi, Muratori, Denina, Baldelli, Giraldi, Borghini, Quadrio, Crescimbeni e altri; ma nondimeno procede liberamente e originalmente, perché ha dato una forma storica letteraria, che poi si ritrova in quelle scritte dopo.
Bibl.: Mémoires de l'Institut, VII (elogio scritto da B.-J. Dacier); D. J. Garat, Notice sur la vie et les ouvrages de P.-L. G., Parigi 1817; P.-C.-F. Daunou, Discours, premesso alla 2ª ediz. dell'Hist. littéraire d'Italie, Parigi 1820; J.-B. Galley, Claude Fauriel, Parigi 1909, per i rapporti col Fauriel; Carteggio di A. Manzoni, a cura di G. Sforza e G. Gallavresi, I, Milano 1912, p. 160, per l'Alfieri.