BALLANCHE, Pierre-Simon
Filosofo francese nato a Lione nel 1776, morto a Parigi nel 1847. Figlio di un tipografo editore che stampò la seconda e terza edizione del Génie du Christianisme, nel 1808 promosse col padre la Société Littéraire di Lione, che, raggruppando i maggiori uomini della città, quali l'Ampère e Camille Jordan, rappresentava un centro di cultura relativamente indipendente dal governo imperiale. Era allora già noto nel mondo intellettuale, oltreché per i sei Fragments (1808), malinconica rassegnata effusione del cuore amareggiato da una disillusione amorosa, per un ampio saggio: Du sentiment dans ses rapports avec la littérature et les arts (1801), in cui il vivo sentimento religioso e l'esaltazione del "genio del Cristianesimo" e talune vaghe risonanze della nuova filosofia tedesca già preludono al nascente Romanticismo. Nell'estate del 1812 fece la conoscenza di Madame Récamier, confinata a Lione dalla polizia imperiale, e da allora incominciò quel legame di devozione affettuosa che riempì tutta la sua vita. Anche nell'Antigone, filosofico poema in prosa, della cui prima parte diede lettura nel luglio di quell'anno in una seduta della Societé littéraire, ebbe a modello assai più la sua "dolce amica" che non la duchessa d'Angoulême, come si pretese poi dai legittimisti durante la Restaurazione. Raggiunse a Roma Madame Récamier, per breve tempo, l'anno seguente, e v'ebbe a guida fra le opere d'arte e le antichità romane il Canova; parlava correntemente l'italiano e cercò d'invogliare anche Madame Récamier a studiarlo, incitandola a tradutre in francese il Petrarca. All'inizio della Restaurazione, venduta la tipografia, si trasferì a Parigi. Nel 1814 pubblicò l'Antigone; e rapidamente seguirono nel 1818 l'Essai sur les institutions sociales dans leur rapport avec les idées nouvelles, nel 1819 il dialogo filosofico Le vieillard et le jeune homme, nel 1820 il racconto-apologo L'homme sans nom. Venne poi in Italia una seconda volta, insieme con Madame Récamier nell'autunno del 1823, e s'incontrò a Roma con la regina Ortensia che vi si trovava con i suoi due figli; nell'inverno del 1825 passò da Roma a Firenze, poi, nella primavera, a Bologna, a Venezia, a Trieste, a Milano, rientrando in Francia solo alla fine di maggio, dopo un anno e mezzo di assenza. Intanto era venuto maturando la sua opera maggiore, Paligénésie sociale (nel 1827 uscirono i Prolégomènes, seguiti poi dal poema Orphée, da La formule générale de l'histoire de l'humanité, e infine, nel 1831, da La vision d'Hébal, chef d'un clan écossais, episodio dell'immaginata e non più compiuta Ville des expiations); vasta composizione, che, movendo dall'idea della "palingenesi sociale", si propone di rappresentare la storia intera dell'umanità e che non fu senza profonda influenza sui poeti di quel tempo, dal Lamartine all'Hugo. Attraverso continue "cadute ed espiazioni, morti e risurrezioni", l'umanità procede per le dolorose vie della storia, guidata dalle grandi forze che sono la rivelazione dello spirito di Dio nel mondo umano: l'istinto sociale, la lingua che è una cosa sola con il pensiero, la religione. In mezzo alle oscurità del pensiero che spesso rimane vago, indeterminato, balenano a tratti intuizioni geniali, che, a leggerle oggi, dànno qualche volta impressione come di una divinazione; ma il fascino maggiore della sua opera è nel candore di fede con cui la presenza operante dello spirito di Dio nella storia è affermata e descritta, nella sincerità del sentimento che vi si accompagna. Ne nasce ma spiritualità di tono che ne fa dimenticare la monotonia; anche lo stile raggiunge: spesso una fluidità tutta speciale, molle, armoniosa, che rispecchia fedelmente la sua dolce natura trasognata, senza grandi lotte interne e senza contrasti. Fu uno degli uomini che "fanno strada" senza far rumore. Dopo la rivoluzione di luglio il Guizot, diventato ministro, gli assegnò una pensione statale; nel 1842 fu accolto nell'Accademia; ebbe la soddisfazione di vedere ampiamente riconosciuta la sua opera. Narra il maligno Sainte-Beuve, che un giorno il Ballanche gli domandò: "Ne croyez-vous pas, monsieur, que le règne de la phrase est passé?" Ma se l'episodio è vero, non era soltanto una rivalità letteraria, probabilmente, quella che affiorava nelle sue parole, inducendolo a vagheggiare una "così esagerata; regale successione": amò infatti sempre restarsene appartato, con semplicità, al suo posto. La salute sempre più cagionevole, e complicazioni economiche provocate dal suo interessamento a invenzioni meccaniche che appassionavano il suo animo ingenuo, gli resero infine difficile la vita; ma sopportò tutto serenamente; Madame Récamier confortò i suoi ultimi giorni.
Opere: Øuvres, Parigi 1830 (ne uscirono soltanto i primi 4 volumi); Øuvres, voll. 6, Parigi 1833; da completarsi con Øuvres inédites, Ines de Castro, ed. G. Frainnet, Parigi 1904; e Pensées et fragments (in parte da mss. inediti), ed. P. Vulliand, Parigi 1907.
Bibl.: J. J. Ampère, Ballanche, Parigi 1848; Sainte-Beuve, Portraits contemporains, I, Parigi 1844, e Portraits littéraires, I, Parigi 1846; E. Faguet, Politiques et moralistes du XIX siècle, Parigi 1891; G. Frainnet, Essai sur la philosophie de B., Parigi 1903; C. Huit, La vie et les øuvres de B., Parigi 1904; E. Herriot, Madame Récamier et ses amis, Parigi 1904; A. Marquiset, Ballanche et Madame d'Hautefeuilles, Lettere inedite, Parigi 1911; A. Viatte, Les sources occultes du Romantisme, Parigi 1918.