Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Tra i più grandi pittori e intellettuali del Seicento europeo, amante della cultura classica e della pittura italiana, collezionista informato e disegnatore abilissimo, Rubens sa elaborare un linguaggio di grande forza retorica. I suoi dipinti e i suoi cicli pittorici rappresentarono l’esperienza più all’avanguardia nel panorama della pittura dei primi decenni del Seicento, anticipando gli esiti della cultura barocca. La creatività e la capacità inventiva, unite a una grande sicurezza di gesto, lo portano a elaborare un linguaggio figurativo magniloquente in grado di fondere il colorismo veneziano con la tradizione pittorica fiamminga e a creare grandi macchine compositive; famose sono le serie di notevoli dimensioni, intrise di significati allegorici, che egli inventa per le diverse dinastie d’Europa. Abile diplomatico, attraverso la pittura tratta la pace tra Spagna e Inghilterra stipulata nel 1630. Il suo linguaggio si diffonde in tutta Europa grazie alla produzione della sua attivissima bottega e alla divulgazione di stampe tratte dalle sue opere. L’opera di Rubens, ovvero il trionfo del colore contrapposto all’idea e al disegno organizzato di Poussin, genera un dibattito interno all’Accademia Reale di Belle Arti di Parigi che pervade il Seicento e dilaga in tutta Europa.
Pur nelle alterne vicende della fortuna, Rubens incontra sempre l’affetto dei contemporanei, che stupiscono per la creatività e la complessità delle sue composizioni. Una grande inventiva, sorretta da una conoscenza iconografica eccezionale e una notevole rapidità di esecuzione, lo porta a dipingere più di mille opere. “Furia del pennello” è la definizione che il teorico di Giovanni Pietro Bellori nel 1672 darà della sua sicurezza di gesto.
La formazione ad Anversa presso la cerchia dell’umanista Rombaut Verlonck, il viaggio in Italia nel 1600 e lo stretto rapporto con il fratello Philipp, allievo del filosofo Justus Lipsius, le missioni diplomatiche in Spagna e Inghilterra nel terzo decennio del Seicento e la grande casa-atelier allestita ad Anversa, scandiscono i tempi di una carriera molto intensa. Tiziano, Tintoretto, Michelangelo, Caravaggio, Annibale Carracci e Barocci in Italia, Velázquez in Spagna, Ter Brugghen nelle Fiandre sono i pittori che determinano più da vicino lo stile colto e magniloquente di Rubens, a tratti eclettico, sempre di grande forza espressiva. Per oltre trent’anni, dalla giovinezza alla piena maturità, Rubens utilizzò il disegno come strumento fondamentale di conoscenza. Nell’atelier di Anversa conservò numerosi studi tratti da sculture classiche ed ellenistiche, dai dipinti di Michelangelo e di Leonardo, di Raffaello e di Correggio, realizzati nel corso della sua permanenza in Italia. Il suo obiettivo era cercare di fondere le due tradizioni antagoniste del disegno fiorentino e del colore veneziano. Rubens si rivelò un grandissimo impresario, in grado di coordinare un gran numero di assistenti e di allievi. Al ritorno da Roma, nel 1608, scrive di essere stato costretto a respingere ben cento apprendisti. Tra i collaboratori più fedeli si possono ricordare Antoon van Dyck e Jacob Jordaens.
Entrato giovanissimo nella bottega del pittore fiammingo Tobias Verhaecht, specialista nel genere del paesaggio, Rubens studia quindi presso Otto van Veen, grande amante dell’Italia, che lo introdurrà allo studio della pittura veneziana e dell’antichità classica. È grazie a questi stimoli che nel maggio del 1600 Rubens decide di partire alla volta dell’Italia. Nel luglio dello stesso anno, Rubens incontrò a Venezia Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova, che lo assume con funzioni più vicine a quelle di un agente al suo servizio che di un pittore di corte. Grazie alle relazioni di parentela e di amicizia del duca, Rubens entra in contatto con il cardinale Montalto e con Scipione Borghese a Roma, con Maria de’ Medici a Firenze, con l’arciduca Alberto d’Asburgo e Filippo IV di Spagna. A Mantova Rubens ha la possibilità di studiare a fondo la quadreria dei Gonzaga, gli affreschi di Mantegna e di Giulio Romano, la collezione di antichità romane raccolte da Isabella d’Este. Per il duca Vincenzo acquista nel 1607 il Transito della Vergine di Caravaggio, rifiutata dai Carmelitani di Santa Maria della Scala a Roma. A Venezia l’incontro con le opere di Tiziano è folgorante: Rubens ne viene a tal punto conquistato da realizzare di lì a poco due luminose e libere interpretazioni dell’Offerta a Venere e del Baccanale degli Andrii di Tiziano (Stoccolma, Nationalmuseum). Si tratta di opere ispirate ai dipinti che Tiziano esegue nel 1519 su commissione di Alfonso d’Este. Rubens vede gli originali a Roma nella collezione del cardinale Pietro Aldobrandini e decide di trarne una copia liberamente interpretata: inizia così la conquista dello stile e delle tecniche di Tiziano attraverso la ripetizione, aggiornata, dei suoi gesti. Una pratica riproposta durante il suo soggiorno spagnolo alla corte di Filippo IV. Non è casuale che, alla morte del pittore, le due tele siano acquistate dallo stesso monarca. La pittura tenebrosa e di gesto di Tintoretto, invece, trova un’eco immediata nell’Adorazione della Trinità di Mantova (Mantova, Museo di Palazzo Ducale). Inaugurata il 5 giugno 1605, la tela di sette metri di larghezza e quattro di altezza viene commissionata da Vincenzo I Gonzaga per la chiesa della Santissima Trinità. La cappella maggiore della chiesa comprendeva altre due tele di Rubens, il Battesimo e la Trinità, andate perdute. La pala centrale è stata tagliata in più parti durante l’occupazione francese del 1797 e oggi ne sopravvivono dieci frammenti. Il ciclo celebrava le dottrine fondamentali dell’ordine dei Gesuiti. L’attrazione di Rubens per Tintoretto si rispecchia anche nel modo di dipingere i bozzetti direttamente, senza la mediazione del disegno. L’interesse per Veronese si manifesta nella pala dei Gesuiti d’Anversa e negli Effetti del buon governo di Giacomo I, dipinto nel 1634 per Carlo I d’Inghilterra. Nel 1603 Rubens è impegnato nella sua prima missione diplomatica in Spagna. Tale ambasceria gli offre l’occasione di conoscere le collezioni reali, conservate a Madrid e all’Escorial, con più di 70 opere di Tiziano. Il Ritratto equestre del duca di Lerma (Madrid, Museo del Prado) del 1603, a grandezza naturale e ispirato al Ritratto di Carlo I di Tiziano, si pone come uno dei grandi modelli barocchi. Si tratta di una commissione d’importanza cruciale: con tale opera il pittore si fa conoscere e apprezzare alla corte di Filippo III di Spagna ottenendo un grande successo. Rubens torna improvvisamente nelle Fiandre nel 1608. In Italia era riuscito a trasformarsi da ritrattista di corte a grande creatore di pale d’altare: nello spazio di otto anni aveva collocato a Mantova le tele della Trinità, a Genova la Circoncisione, a Roma i tre dipinti su lavagna per la Chiesa Nuova, a Fermo l’Adorazione dei pastori. Sono commissioni importanti realizzate con una concezione dello spazio basata sul coinvolgimento dello spettatore.
Al suo rientro dall’Italia, in pochi anni, Rubens e il suo stile conquistarono la scuola di Anversa. Gli anni Venti coincidono con i cicli decorativi su tela. L’adozione di questa tecnica gli permetterà di sostituire l’affresco, difficile da realizzare nel Nord Europa a causa delle temperature troppo rigide. Invece della superficie continua della parete, una sequenza di grandi tele, inserite in cornici di stucco o legno, garantisce la continuità del racconto. Rubens opera in area cattolica; tale circostanza gli permette di ottenere commissioni religiose e aristocratiche di importanti cicli decorativi. Per la propria città concepisce e coordina l’esecuzione dei 39 dipinti del soffitto della chiesa dei Gesuiti (1620-23), distrutti nell’incendio del 17 luglio 1718, di cui rimangono numerosi bozzetti. La sua capacità di progettare serie complesse su grande scala porta Rubens alla corte di Francia nel 1625. Per Maria de’ Medici, moglie di Enrico IV, dipinge 21 grandissime tele per due gallerie nel Palazzo del Lussemburgo. Consegnerà le prime sette nell’agosto del 1622, le altre tra il 1623 e il 1625: si tratta dell’impresa pittorica più ambiziosa e complessa della sua carriera.
Per Carlo I d’Inghilterra intraprende invece la decorazione del soffitto della White Hall nel palazzo di Banqueting House a Londra (1631-34). I bozzetti vengono dipinti ad Anversa, mentre le nove grandi tele, eseguite con Jordaens e altri allievi, sono portate a termine nel 1634. Nell’impaginazione compositiva si avverte l’influenza dei soffitti di Veronese, in particolare della sala del Consiglio dei Dieci (Venezia, Palazzo Ducale).
L’ultimo importante ciclo di tele realizzato sotto la direzione di Rubens è quello per il padiglione di caccia di Torre de la Parada, vicino a Madrid, eseguito su commissione di Filippo IV. Il pittore realizza 63 bozzetti e, personalmente, solo 15 quadri rappresentanti scene tratte dalle Metamorfosi di Ovidio; gli altri vengono finiti dai suoi collaboratori. Le tele arrivano a Madrid nel 1638.
Nella cattolica Anversa Rubens trova le condizioni per sviluppare il tema della pala d’altare iniziato a Roma. Nel 1624 gli viene pagata la somma di 1500 fiorini per una Adorazione dei Magi di quattro metri di altezza per San Michele, per la quale il pittore progetta anche il tabernacolo in marmo e la statue del coronamento, realizzate dallo scultore Hans von Mildert. Il ritratto del committente, Matthaeus Yrsselius, a grandezza naturale, era appeso a un pilastro della navata della stessa chiesa: si trovava così in rapporto devozionale e spaziale con il dipinto. La grande tela è un esempio della libertà compositiva di Rubens.
Ad Anversa Rubens si fa costruire una grande casa all’italiana pensando di proporla come modello ai suoi concittadini. La sua raffinata bellezza suscita infatti l’ammirazione dei visitatori, tra cui gli arciduchi delle Fiandre Alberto d’Asburgo e Isabella di Spagna, Maria de’ Medici, il duca di Buckingham e Ambrogio Spinola. Le implicazioni teoriche connesse alla tipologia dell’edificio sono descritte nel trattato sui Palazzi di Genova (1622), illustrato dall’artista. Nella sua abitazione, divenuta ben presto famosa, Rubens esibisce una raccolta di dipinti, disegni, statue, cammei, monete, gioielli e antichità. Di fronte alle offerte sempre più pressanti di Carlo I d’Inghilterra, che ama particolarmente la collezione di Rubens tanto da volerle aquistare, il pittore finirà per cedere. I rapporti politici e artistici con la corte britannica culminano con la laurea ad honorem conferitagli all’università di Cambridge.
Personaggio chiave degli anni Trenta del Seicento, il pittore olandese Balthasar Gerbier è consigliere e diplomatico al servizio di Carlo I d’Inghilterra. Gerbier frequenta Rubens durante i suoi viaggi in Inghilterra, Francia e Paesi Bassi e dal sodalizio tra i due nasce il dipinto La guerra e la pace che celebra la pace di Madrid tra Spagna e Inghilterra (Londra, National Gallery). Il dipinto viene offerto da Rubens a Carlo I d’Inghilterra come dono di congedo prima di lasciare Londra per Anversa. Rappresenta l’allegoria dei proponimenti di pace che Rubens si promette di far mantenere in qualità di segretario del consiglio privato delle Fiandre. Il pittore impiega come modelle le figlie di Balthasar Gerbier, Susan e Elisabeth.
Divenuto un artista molto richiesto, Rubens potenzia l’attività della propria bottega. Numerosi dipinti di grandi dimensioni con parziali interventi autografi sono licenziati dal suo atelier; tra questi, si può ricordare il Giudizio di Salomone. Secondo la prassi seicentesca, alcune opere di Rubens sono eseguite in collaborazione con pittori specialisti. Nel Riposo di Diana dopo la caccia, per esempio, Jan Bruegel esegue i fiori, il paesaggio e gli animali, mentre Rubens dipinge le figure. Nella Caccia all’orso, invece, a Paul de Vos spettano gli animali, a Rubens il resto della composizione. Rubens inoltre attribuisce grande importanza alle stampe, utilizzandole come mezzo di difesa contro i plagi. Si serve di incisori di fiducia come Vosterman o, dopo il 1620, Pontius. La serie migliore uscita dal suo atelier è quella dei Busti di imperatori e filosofi del 1638.