PIETRA FILOSOFALE
. La fabbricazione o la scoperta della pietra filosofale era lo scopo supremo dell'alchimia, come indica l'etimo stesso di questa parola (v. alchimia). Che cosa propriamente fosse, è arduo dire, soprattutto perché l'interpretazione del linguaggio alchemico segue vie divergenti: per gli uni, i più, la pietra filosofale è una fantasiosa composizione chimica, invano cercata dagli alchimisti, la quale avrebbe dovuto possedere straordinarie virtù, come quella di trasformare qualsiasi metallo vile in oro. Altri, però, non sono di questo parere, e notano come in molti testi alchemici si affermi esplicitamente che l'"opus magnum" non è opera materiale. Da essi il detto di Basilio Valentino "Visita interiora terra", rectificando invenies occultum lapidem" è interpretato nel senso che la "terra" indichi l'individuo corporeo, e che il "trovare la pietra nascosta", al pari del diventare "immobile come se fussi una pianta o una pietra naturale", di cui parla un testo attribuito al Campanella, corrisponda simbolicamente a un'esperienza interiore, cercata e vissuta per fini di sviluppo spirituale. La "pietra dei filosofi" così intesa (e conferme di questa interpretazione vengono arrecate in base ai più diversi testi, dal Geber al Cosmopolita ad Agrippa al Della Riviera) non è però la "pietra filosofale", a cui essa sta come la materia prima all'opera perfetta: per giungere a questa, occorre una lunga serie di operazioni, che, secondo la tesi qui esposta, vengono parimenti descritte sotto il velame del simbolismo alchemico.