MANALE, PIETRA
. Nella lingua latina l'aggettivo manalis è propriamente qualificativo di una fonte che getta acqua copiosa e perenne. Si adoperò anche per indicare vasi da versare acqua. Tuttavia per manalis lapis s'intende propriamente una pietra sacra che ha virtù di provocare la pioggia. Con tale denominazione fu anche designata la pietra che chiudeva la porta dell'Orco, nel mondo degl'Inferi, rimossa la quale le anime, ossia i Mani, potevano liberamente uscire dall'Ade, per risalire presso i viventi. Anche la pietra che chiudeva il mundus, ossia quella vasta fossa scavata al centro dell'abitato nei primitivi villaggi, aveva lo stesso epiteto di manalis. Da ciò si dovrebbe dedurre che tale voce derivi piuttosto dai Manes, che dalla voce verbale marare.
Nella disciplina augurale degli Etruschi, che i Romani seguirono in gran parte, vi era un rito consistente nel far ruzzolare (verrere) una o più pietre (petrae manales), in tempo di siccità, per ottenere la pioggia. Questa pratica, dapprima di carattere privato, entrò nella religione dello stato, sotto forma di una processione (pompa), presieduta dai pontefici. L'atto più importante di tale cerimonia, che si diceva aquaelicium, era il trasporto della pietra sacra, di forma cilindrica, ordinariamente deposta nel tempio di Marte, rappresentante le forze vegetative della terra. Nel giorno prefisso la pietra sacra veniva recata solennemente in città, fino al tempio di Giove Capitolino. La matronae, che prendevano parte alla pompa, giunte al clivo Capitolino, scioglievano le loro chiome e si denudavano i piedi (onde il nome della processione: nudipedalia) e così scalze ascendevano l'erta del colle, recitando preghiere a Giove, perché concedesse la pioggia. La cerimonia assumeva un carattere funebre; i magistrati che vi prendevavo parte deponevano la toga listata di porpora, e i littori portavano i fasci capovolti. Termine della cerimonia era l'immolazione cruenta di una vittima.
Bibl.: J. A. Hild, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, III, p. 1562 seg.; G. Wissowa, Religion u. Kultus d. Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 368.