ACETO CATTANI, Pietro
Figlio di Francesco e fratello di Giovanni, nacque a Nicosia nella seconda metà del sec. XVIII. Erede del titolo comitale della famiglia, fu, nel 1812, membro della Camera dei Pari, e, come il fratello, appoggiò la riforma costituzionale siciliana in senso liberale, sul modello di quella inglese. Propose anzi che venisse inviata una commissione parlamentare presso il governo inglese per ringraziarlo dell'aiuto prestato e, nello stesso tempo, per impegnarlo ancora di più a favore della Costituzione siciliana. S'attirò così l'avversione soprattutto di E. Rossi, capo del partito democratico, che nella Camera dei Comuni si oppose alla sua proposta, la quale peraltro non ebbe seguito. Partecipò pure agli avvenimenti del 1820, ancora come membro della Camera dei Pari. Nel momento culminante della rivolta a Palermo, quando il popolo chiese la consegna del forte di Castellammare e l'uscita da esso della guarnigione militare, l'A. si curò di informarne il luogotenente del re, Diego Naselli, proponendo, fra l'altro, che "per lusingare l'insolente plebe" ed evitare maggiori disordini, sessanta artigiani venissero ammessi alla difesa del forte insieme con i militari. Dopo la reazione, fu esule in Toscana da cui, però, nel marzo del 1825 ebbe ordine dal governo granducale di allontanarsi, onde passò a Lucca. Alla morte, avvenuta a Palermo nel 1838, nominò suo erede universale il nipote Giovanni Pietro.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Palermo, R. Segreteria di Stato presso il luogotenente generale del Re, Polizia, filza 58, doc. 316; Biblioteca comunale di Palermo, Fondo M. Amari, F. 1, n. 24: Stampa autobiografica di Giovanni Pietro Cattani conte di Aceto; F. Paternò Castello, Saggio storico-politico sulla Sicilia dal cominciamento del secolo XIX sino al 1830, I, Catania 1848, p. 121.