DAVERIO, Pietro Antonio
Da una notizia del 1610 (Besta, 1933), desunta da uno Stato d'anime della parrocchia di S. Babila in Milano, lo si direbbe nato intorno al 1564.
Scultore e stuccatore (Thieme-Becker) attivo nella Fabbrica del duomo di Milano dal 1588, mancano notizie sul suo apprendistato, anche se si può presumere che si sia formato proprio nello stesso cantiere in cui fu poi sempre attivo, nel rinnovato fervore dei lavori della seconda metà del Cinquecento.
Alla difficile identificazione delle opere del D., nell'ambito del lunghissimo e tormentato cantiere - molte statue furono rimosse e sostituite nell'800 - hanno provveduto gli studi di Valsecchi (1969), Marelli (1969) e Bossaglia (1973), basandosi sulle indicazioni, in gran parte precise, desumibili dagli Annali e sullo stile unitario dell'artista che si svolge per ampi piani di superficie, pieghe gonfie e mosse e volti larghi, di evidente resa psicologica, come appare, ad esempio, nella S. Natalia, sicuramente del D., eseguita nel 1591, per l'altare di S. Tecia (Bossaglia, 1973, p. 111). Essendosi gran parte della sua formazione e attività svolta sotto la guida e su modelli di Francesco Brambilla il Giovane, il D. si conservo sostanzialmente fedele ai canoni tardomaniestici di matrice toscana, impressi dal maestro, senza mostrare le inquietudini stilistiche del più giovane Giannandrea Biffi. La sua presenza è costantemente documentata (Annali..., IV e V): viene riconfermato ancora nel 1619 (ibid., V, p. 108), anche se non assume mai incarichi di grande rilevanza.
Come comprimario del Biffi eseguì, nel 1598, una statua sul tema L'Eternità (ibid., IV, p. 328; Hiersche, 1911, p. 17) da porsi sul sepolcro del defunto architetto Pellegrino Tibaldi e, nel 1602, sempre col Biffi, i modelli delle Virtù cardinali da porsi al sepolcro di s. Carlo Borromeo, che la Bossaglia (1973, pp. 114, 158) identifica in quelle oggi attorno all'altare.
L'incarico manifesta la fiducia che la committenza gli riconosceva, essendo quest'ultimo il lavoro di maggior impegno intrapreso in duomo in questi anni, dopo l'intensa attività dispiegatasi in precedenza attorno agli altari laterali, per i quali il D. eseguì un gran numero di statue.
Le ultime commissioni affidategli, prima della morte, sono una S. Cancianilla ed una S. Pelagia.
Morì a Milano tra la fine del 1621 e il 1622, periodo nel quale risulta che il figlio ed crede Carlo ricevette il saldo per la S. Pelagia (Annali..., V, p. 124).
Fonti e Bibl.: Annali della Fabbrica dei duomo..., IV, Milano 1881, pp. 239, 242, 258, 262, 274, 280, 291 297, 302, 304, 314. 322, 325, 327 s., 333 ss., 338; V, ibid. 1883, pp. 27, 31, 53, 64, 66 s., 80 ss., 87, 92 s., 97, 101, 103, 107 s., 111 ss., 123 s.; W. Hiersche, Pellegrino de' Pellegrini, Parchim 1913, p. 17; B. Besta, Alcune notizie Per una storia d. artisti milanesi nel Seicento, in Arch. stor. lomb., LX (1933), p. 471; G. C. Bascapè, in Storia di Milano, VIII, Milano 1957, p. 414; G. Nicodemi, ibid., X, Milano 1957, p. 825: M. Valsecchi, C. Procaccini e l'altare di S. Agnese..., in Paragone, XIX (1968), 225, pp. 51 s.; Id., Schede lombarde, ibid., XX (1969), 133, p. 60; G. Marelli, in Il Duomo di Milano..., 1, Milano 1969, ad Ind.; R. Bossaglia, ibid., 11, Milano 1973, pp. 109 ss., 114, 158; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 447 (con bibl.).