MANCA, Pietro Antonio
Nacque a Sorso, presso Sassari, l'11 genn. 1892 da Alessandro e da Giovannina Piredda, proprietari terrieri. Terzo di dieci figli, il M. fu avviato agli studi classici, che frequentò presso il seminario tridentino di Sassari; nel 1911 il M. interruppe gli studi per arruolarsi volontario nella campagna di Libia, durante la quale raggiunse il grado di sergente.
L'arido paesaggio desertico e le abitudini delle genti nordafricane riaffioreranno molti anni dopo in alcuni dipinti - a pastello e a olio - che riflettono sul rapporto tra natura e umana condizione esistenziale, tema che sarà spesso al centro del suo lavoro sulla vita sarda.
Nel 1915 partecipò al conflitto mondiale, restando ferito a Redipuglia: convalescente in Sardegna, nel 1916 collaborò con Paolo Maninchedda alla realizzazione di un ciclo di pannelli decorativi per il Circolo dei commercianti di Sassari.
I pannelli (Sassari, collezione della Confcommercio), che descrivono scene di vita lavorativa, traggono ispirazione dall'opera di Giuseppe Biasi - il più noto pittore sardo dell'epoca - riecheggiando un gusto vicino alla Secessione, con grandi figure racchiuse da netti contorni a disegno.
Tornato al fronte, il M. fece parte della brigata "Sassari", corpo nel quale militarono alcuni tra i più illuminati intellettuali isolani - tra i quali Emilio Lussu - e che divenne una fucina di pensiero autonomista, corrente politica cui il M. aderì con convinzione. La lunga esperienza bellica segnò profondamente la vita del M., uomo schivo e difficile, e lo convinse della natura originale e altera della cultura sarda, idea che, insieme con una profonda religiosità, nutrì la sua pittura sino alla fine. Dopo il ritorno a Sorso, cessata la guerra, conseguì nel 1922 la licenza liceale e decise, pur se autodidatta, di dedicarsi stabilmente alla pittura: riprese le collaborazioni con il più affermato Maninchedda e intraprese, tra il 1925 e il 1927, alcuni viaggi di studio nella penisola, a Roma, Firenze e Milano, per visitare i grandi musei e allacciare relazioni culturali e professionali. Il Caravaggio soprattutto colpì il M. - per il luminismo più che per l'attenzione al dato naturale - tanto che alcuni anni dopo l'artista si ritrasse su uno sfondo di figure caravaggesche (Autoritratto in camice bianco: Frongia, 2006, ill. n. 28); per il tramite del poeta Arturo Onofri, incontrato a Roma, conobbe il pensiero antroposofico di Rudolph Steiner, che costituì la base spirituale - come per altri artisti dell'epoca - del suo operato.
Dalla fine degli anni Venti il M. fu presente in numerose esposizioni collettive di rilievo regionale e nazionale: nel 1928 presentò alla I Biennale d'arte sarda di Sassari alcuni autoritratti (soggetto molto amato dall'artista), quindi, nel 1931, propose alla I Quadriennale di Roma il dipinto Marcia trionfale (ibid., 2006, ill. n. 53), riscuotendo un sincero interesse di critica.
L'opera raffigura l'ingresso di Cristo a Gerusalemme come una processione religiosa sarda, un movimento di popolo che circonda e abbraccia Gesù, che ha i tratti del viso somiglianti a quelli del pittore, in una dichiarata identificazione con la figura salvifica. Il M., che giunge qui a una compiutezza espressiva e tecnica, esercita una pittura di puro colore, priva di disegno sottostante e contrastata negli accordi: ne risulta un'immagine intensamente luminosa che riflette lo studio dell'antica pittura veneta, aggiornata ai modi dell'impressionismo nel tentativo di presa diretta della visione e memore, nel tema, dell'umanità dolente di J. Ensor.
Nei primi anni Trenta il M. aveva dunque già focalizzato il suo interesse intorno ad alcune tematiche, quali l'autoritratto, la natura morta, le scene di vita sarda e le marine, che costituirono i soggetti prediletti di tutta la sua lunga carriera. È del 1933 il dipinto I miserabili (Nuoro, Museo d'arte della provincia di Nuoro), che il M. presentò alla IV Mostra sindacale di Cagliari: due mendicanti sono rappresentati seduti, in primo piano, su uno sfondo bruno.
La citazione dalla pittura secentesca spagnola è diretta, ma la pennellata sfrangiata intrisa di luce infonde una distanza e un'umana simpatia per le figure derelitte che è propria del Manca. È in una modalità cromatica "fuori moda" (Oppo, p. 8), fatta di guizzi e frustate di colore l'originalità del M.: un cromatismo eminentemente lirico che egli definiva "pittura immaginativa" e ammantava di valori simbolici (Concezione immaginativa della pittura italiana in Sardegna, in Oppo, pp. 23-29).
Nel febbraio 1936, il M. sposò a Sassari Evelina Paroli, e nello stesso anno la coppia ebbe l'unica figlia Vanna.
Intanto, anche grazie alla stima che C.E. Oppo nutriva per il suo lavoro, si succedevano le presenze del M. in manifestazioni importanti: nel 1935 espose alla II Quadriennale; l'anno dopo fu selezionato alla XX Biennale di Venezia; e fu presente anche alle edizioni successive delle due grandi rassegne.
Il sostegno culturale del regime fascista alle identità regionali favoriva l'affermazione degli artisti sardi in genere e del M. in particolare, essendo egli tenace propugnatore del dovere per gli artisti isolani di rappresentare la propria terra e i suoi antichi costumi, nella convinzione che nel particolare si rispecchi l'universale dell'umana condizione.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale il M. fu richiamato alle armi, destinato dapprima a Roma, quindi, dal 1941, a Nuoro. Rientrato a Sassari nel 1943, il M. prese a svolgere, e lo fece per molti anni, un ruolo di animatore culturale della città e di trait d'union tra gli artisti: fu nominato commissario del Sindacato degli artisti (1943) e organizzò la I Triennale d'arte a Tempio Pausania. Nel 1949 partecipò a una collettiva sarda presso l'Opera Bevilacqua La Masa di Venezia; l'anno dopo si tenne a Roma, nei locali dell'INA di via Veneto, una sua mostra antologica, con oltre ottanta opere, inaugurata dal ministro Antonio Segni. Dopo tale successo il pittore espose con regolarità in Sardegna e nella penisola (si ricorda, nel 1956, la mostra all'Accademia di Firenze), proseguendo con coerenza il proprio discorso pittorico e culturale sull'identità sarda. Tali argomenti trattò, con spiccata vis polemica e penna appuntita, anche dalle colonne della Nuova Sardegna, quotidiano di Sassari, per il quale commentò per oltre quindici anni i fatti dell'arte, in Sardegna e non solo.
Più spesso critico d'arte che cronachista, fu infaticabile nell'indicare le novità dell'arte sarda, dando spazio ai giovani artisti; non di rado peraltro si attestò su posizioni storicamente anacronistiche, attaccando il concetto di avanguardia, ritenuto cerebrale e poeticamente insignificante, così come l'arte astratta.
Nel 1957 partecipò alla I Biennale nazionale di Nuoro; ma, in contrasto con la commissione giudicante, chiese la restituzione delle sue due opere al presidente Marco Valsecchi: l'assegnazione del grosso premio in denaro a Mauro Manca, per un quadro astratto, lo indusse a scrivere parole infuocate; ma l'orientamento artistico nazionale lo rivelava ormai come artista attardato e sostanzialmente isolato. Aperta a Sassari nel 1958 la nuova galleria Il cancello - con la direzione del letterato Nicola Tanda e degli artisti Aldo Contini e Piero Pulina - il M. ne fu ospite frequente, come un riconosciuto maestro locale; nel 1962 vi espose una serie di dipinti di tema floreale, memori di M. Mafai e di altissima qualità esecutiva. Dopo essere stato insignito già nel 1960 del titolo di commendatore della Repubblica italiana per meriti artistici, nel 1972 a Sassari vinse il premio di pittura Mario Sironi.
Il M. morì a Sassari il 19 ott. 1975.
Fonti e Bibl.: Mostra personale del pittore P.A. M. (catal.), Roma 1950; C.E. Oppo, Il pittore P.A. M. , Milano 1955; S.A. Demuro, P.A. M., Firenze 1979; M.L. Frongia, Il mondo immaginario di P.A. M. (1892-1975) e la sua concezione dell'arte, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Cagliari, XL (1980-81), 3, pp. 321-337; P.A. M. (catal.), a cura di N. Tanda, Sassari 1983 (con un'antologia di testi critici e un'ampia bibl. precedente); M.L. Frongia, P.A. M., Nuoro 2006.