BARSANTI, Pietro
Nacque a Gioviano (Lucca) il 30 luglio 1849, da Vincenzo e da Teresa Barsanti. A Lucca, ove il padre si era trasferito con la famiglia aprendo un piccolo commercio, il B. frequentò le scuole di S. Maria Nera, tenute dai chierici regolari della Madre di Dio passò quindi a Firenze, nel collegio Militare detto delle "Poverine", e da qui nell'esercito, in cui ebbe il grado di caporale. Durante il servizio militare, a Reggio di Calabria si affiliò alla zimana "Alleanza repubblicana universale", che intomo al 1870 andava raccogliendo proseliti nei gradi minori dell'esercito.
Il nome del B. è legato a uno dei tentativi insurrezionali zmiani che si verificarono in varie località della penisola nel 1870, dopo il ritiro delle truppe francesi da Roma, nel clima di speranze per la riunione di Roma all'Italia.
Di questi tentativi fa parte un colpo di mano contro due caserme di Pavia nel marzo 1870, da parte di elementi repubblicani, appoggiati all'intemo da alcuni sottufficiali e militari (l'azione fu sconfessata da Mazzini, il quale rivendicò invece la responsabilità di un'altra svoltasi nello stesso tempo a Piacenza). All'alba del giorno 24, contemporaneamente ad un analogo tentativo alla caserma di S. Francesco, alcuni insorti assalirono la caserma detta del "Lino", dov'era di stanza il 20 battaglione del 420 fanteria. Il tentativo fallì sul nascere senza che venisse fatto uso delle armi, per il contegno risoluto dell'ufficiale di picchetto. In caserma, quattro sergenti ed il B. si armarono e fecero armare i soldati della 7a compagnia incitandoli ad unirsi alla rivolta, mentre il B. teneva prigionieri alcuni sottufficiali e militari.
Fallito il tentativo, tutti i compromessi fuggirono all'estero, tranne il B. ed il sergente Nicola Pernice, che durante l'assalto alla caserma di S. Francesco si era ritirato nel corpo di guardia. Il tribunale militare di Milano, con sentenza del 27 maggio 1870, condannò il Pernice a venti armi di reclusione militare e alla degradazione, per abbandono di posto di fronte al nemico e mancata difesa, e gli altri nove imputati - il B. e gli otto contumaci - alla pena di morte, previa degradazione, per tradimento. La sentenza fu confermata dal tribunale supremo militare il 16 agosto.
La condanna del B. suscitò enorme scalpore e da più parti venne chiesta la grazia, sembrando sproporzionata la pena al reato anche per i motivi ideologici che lo avevano ispirato. Il rifiuto della grazia fu deciso dal Consiglio dei ministri il 18 ag. 1870 solo a maggioranza e a scrutinio segreto, "tenute presenti le informazioni ricevute sulle conseguenze per la disciplina dell'esercito * (nel frattempo si erano verificati i nuovi tentativi di insurrezione repubblicana delle bande di Calabria, capeggiate da Ricciotti Garibaldi, e di Lucchesia, e la spedizione organizzata dai Nathan nel Canton Ticino).
Il B. venne fucilato nel Castello Sforzesco di Milano il 27 agosto, mentre la marchesa Anna Pallavicino Trivulzio, che aveva raccolto 40.000 firme di donne italiane, veniva ricevuta, insieme con Pasquale Stanislao Mancini - uno dei difensori del B. nel processo - dal presidente del consiglio, Lanza, cui chiedeva nuovamente la grazia.
A seguito della fucilazione del B., Giorgio Pallavicino restituì al re il collare dell'Annunziata. Un'epigrafe funebre fu dettata da F. D. Guerrazzi.
Nei decenni seguenti al nome del B. furono intitolati un gran numero di circoli e di associazioni repubblicane e la figura di lui divenne - al di là dell'episodio del quale fu protagonista - simbolo di ideali repubblicani e mazziniani.
Fonti e Bibl.: Arch. Centrale dello Stato, Verbali del Consiglio dei Ministri, VoI. 2, p. 67; Ibid., Tribunale supremo militare, Armata di Terra, sentenze, 1870, vol. unico, n. 165; Ibid., Tribunale militare di Milano, sentenze, 1870, 11, n. 303; Lucca, archivio privato dell'ing. Giorgio Di Ricco, Edizione naz. degli scritti... di G., Mazzini, specialmente voll. LXXXIX, Epistolario, XC, Epistolario, XCI, Epistolario, XCII, Politica, v. Indici dei nomi; A. Mancini, Dalla patria di P. B., in La Ragione, 28 ag. 1909, - T. Alati, Note storiche di un mazziniano dal 1860-1882..., Reggio Calabria 1911, p. 34; Le carte di Giovanni Lanza, a cura di C. M. de Vecchi di Val Cismon, V, Torino 1937, p. 196; VI, ibid. 1938, pp. 403, 419, 423; X, ibid. 1941, pp. 108, 109, 110; F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, I, Le premesse, Bari 1951, pp. 37SS.,392S.; C. Pavone, Le bande insurrezionali della primavera del 1870, in Movimento operaio, VIII (1956), nn, 1-3, pp. 42-107; Diz. del Risorgimento naz., II, pp. 188 S.