BASADONNA, Pietro
Secondogenito dei cinque figli di Alvise e di Maria Trevisan, nacque a Venezia il 17 sett. 1617. Amante degli studi, si formò un'ampia cultura classica: i contemporanei ne apprezzavano l'elegante e dotta conversazione e la buona conoscenza della lingua e della letteratura greca.
Adolescente, si recò a Costantinopoli e vi rimase tre anni presso il bailo Girolamo Soranzo; fu poi savio di Terraferma. La prima funzione di rilievo da lui esercitata fu la rappresentanza della Repubblica a Madrid, che tenne dall'autunno del 1648 a quello del 1652; di essa è stata edita la relazione conclusiva del 26 maggio 1653 (in N., Barozzi-G. Berchet, Relazioni degli stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo, s. 1, II, Venezia 1860, pp. 191-226).
L'ambasceria del B. segna un miglioramento delle spesso tese relazioni ispano-venete, che rimasero comunque ben lontane dal carattere amichevole di quelle che la Signoria intratteneva con la Francia; questo miglioramento fu reso possibile dal pericolo turco, che preoccupava anche la Spagna, timorosa per i suoi domini nell'Italia meridionale. Interessante appare soprattutto l'attività dell'ambasciatore veneto di fronte al delinearsi di pacifici rapporti tra il re cattolico e la Porta e al porsi della Spagna stessa quale mediatrice tra la Serenissima e l'impero ottomano: il B., esorbitando dal compito puramente ostruzionistico affidatotogli dal Senato, mostrò di nutrire fiducia nella buona fede spagnola e di considerare non del tutto negativamente questa eventualità, peraltro non realizzatasi; a Venezia lo si ritenne un po' troppo credulo. Ma soprattutto parve non tenesse sufficientemente presente come un avvicinamento alla Spagna potesse provocare, di riflesso, gravi conseguenze: prima fra tutte il raffreddarsi delle simpatie del Mazzarino per la Repubblica. Ciò non esclude tuttavia che, nel complesso, la permanenza del B. a Madrid sia stata fruttuosa. Creato cavaliere da Filippo IV, del quale s'era saputo accattivare la stima, fece infatti ritorno a Venezia avendone ottenuto anche il non lieve contributo di 180 mila ducati alla guerra antiturca che allora tanto pesava su Venezia, pur non essendo riuscito a indurre il sovrano a una esplicita dichiarazione contro la Porta.
Il B. fu poi, tra il maggio del 1655 e l'inizio del 1656, capitano di Brescia (Arch. di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei X. Lettere di rettori..., 32) e, tra il 1657 e il 1660, consigliere. Tra il maggio del 1661 e il novembre del 1663, durante il pontificato di Alessandro VII, fu ambasciatore a Roma ove si adoperò per diminuire la tensione tra la curia e Parigi, e per mitigare la reciproca insofferenza del papa e dell'ambasciatore francese de Créqui. Di quest'ambasciata è stata edita la relazione al Senato del 18 maggio 1664 assieme a una sua evidente contraffazione (in N. Barozzi-G. Berchet, Relazioni..., s. 3, II, Venezia 1878, pp. 257-312).
Il B. era da poco tornato a Venezia quando, nel gennaio del 1664, il Senato lo nominò procuratore di S. Marco, della procuratia de ultra. Esecutore contro la bestemmia nel 1666, l'anno dopo fu eletto, con Andrea Contarini, Nicolò Sagredo e Battista Nani, ambasciatore straordinario a Roma, per complimentarsi con Giulio Rospigliosi, salito al soglio pontificio col nome di Clemente IX, col quale il B. aveva stretto amicizia quando il Rospigliosi era a Madrid come nunzio apostolico. I quattro dovevano anche far presente a Clemente IX come il peso della lotta contro i Turchi gravasse essenzialmente sulla Serenissima: quanto mai opportuno sarebbe stato quindi l'interessamento del pontefice per procurarle nuovi e maggiori aiuti.
Nel 1671 il B. fu creato riformatore allo Studio di Padova; fece parte inoltre, con Marcantonio Giustinian e Luigi Sagredo, della magistratura sopra l'affrancazione della Zecca, che la Repubblica si era vista costretta a istituire per fronteggiare la paurosa situazione finanziaria provocata dal rapidissimo accrescimento del debito pubblico. I creditori dello Stato erano stati allettati dagli altissimi interessi promessi allo scopo di avere l'ampia disponibilità di capitali imposta dalla guerra di Candia; ma i pagamenti erano continuamente differiti. E i tre preposti alla regolazione di un debito tanto difficilmente sanabile proposero radicali diminuzioni degli interessi e rigoroso rispetto delle scadenze di pagamento; ma l'attuazione di tali indicazioni fu ulteriormente differita per il costante bisogno di danaro da cui era afflitta la Repubblica.
La posizione del B. era ormai d'una certa preminenza e autorità fra il patriziato veneziano quando, il 12 giugno 1673, Clemente X lo creò cardinale diacono assente di S. Maria in Domnica. Solenne fu la imposizione del berretto cardinalizio da parte del vicedoge Nicolò Morosini, il più vecchio dei consiglieri - essendo il doge Domenico Contarini indisposto -, avvenuta in S. Marco, a Venezia, il 29 giugno, festività dei SS. Pietro e Paolo. Una volta a Roma, il papa volle assegnargli, dal momento che il B. disponeva di rendite piuttosto esigue, il contributo proprio dei cardinali poveri; ma egli, rifiutò e al suo decoroso mantenimento provvide la Signoria. Il B. fece parte delle congregazioni dei vescovi, dei regolari, dell'Indice, dell'immunità, della consulta de statu ecclesiastico. Partecipò anche, nel settembre del 1676, all'elezione di Innocenzo XI.
Morì il 26 sett. 1684 e fu sepolto a Roma nella chiesa di S. Marco.
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