BELTRAMI, Pietro
Nato a Bagnacavallo (Ravenna) il 3 giugno 1812 dal conte Vincenzo e da Santa Mascagni, partecipò giovanissimo ai moti del 1831 e fu tra i principali protagonisti di quelli del 1845.
Dopo riunioni e trattative tra il B., scelto come capo per Ravenna e dintorni, R. Pasi e P. Renzi per stabilire le opportune misure e scegliere la data definitiva dell'insurrezione, sembrava che il segnale della rivolta sarebbe dovuto venire da Rimini il 17 settembre. Il B., insieme con O. Biancoli e con R. Andreini, raccolse una banda a Bagnacavallo, mentre a Rimini si riunivano il Renzi, A. Celli e altri. Continuando la discussione circa la data dell'insurrezione, qualcosa trapelò e la polizia operò degli arresti. Finalmente, il 23 settembre Rimini insorse, e fu affisso un "Manifesto ai principi e ai popoli d'Europa" (già preparato in precedenza da L. C. Farini e rivisto a Pisa dal Montanelli). Nessuna delle bande, tranne quella del B., rispose all'appello: dato convegno ai suoi seguaci all'osteria della Colombina, il B. aveva disarmato la forza pubblica di Bagnacavallo e aveva marciato verso Castel Bolognese, dove pensava di riunirsi con gli altri insorti. Avendo trovato solo un inviato del Pasi, la colonna si gettò sui monti verso Riolo, e presso Modigliana si ricongiunse con la colonna del Pasi; si divisero in due compagnie, una di Bagnacavallesi guidati dal B., una di Faentini guidati dal Pasi. Insieme le due colonne si diressero verso le Balze, le cui guardie doganali erano già state disarmate dal Pasi, ma là furono assalite (28 settembre) da truppe pontificie. Riuscite a sfuggire all'accerchiamento, si rifugiarono, tra il 28 e il 29, in territorio toscano, dove il Facdouelle, aiutante di campo del granduca, offrì loro passaporti e imbarco per la Francia, se avessero deposto le armi. Il B. e il Pasi rifiutarono e si diressero prima verso Rocca San Casciano, poi verso Borgo San Pietro, ma ancor prima di giungervi seppero del fallimento del moto di Rimini. Dal Facdouelle i rivoltosi ottennero un foglio di via per Livorno e la promessa di un imbarco per la Francia, ad eccezione del B., del Pasi e di alcuni altri, che furono incarcerati per un mese. Infine, condotti a Livorno, vennero imbarcati sul battello "Sesostri" diretto in Francia.
Qui il B. si occupò di bonifiche nella zona del delta del Rodano, per le quali venne vivamente elogiato; in quel periodo, su iniziativa dello stesso Mazzini, che aveva per lui grande stima, entrò in contatto con la Giovine Italia, ma non risulta che sia mai entrato a farne parte.
Tornato negli Stati della Chiesa in seguito all'amnistia concessa da Pio IX, il B. si arruolò, durante la campagna del 1848, tra i volontari pontifici comandati dal gen. Durando, al cui Stato maggiore appartenne. Prese parte alla difesa di Vicenza e fu tra coloro che, nella notte tra il 10 e l'11 giugno, trattarono la resa con l'austriaco maresciallo d'Aspre.
Tornato a Roma, il B. fu eletto rappresentante del popolo per Forlì e Ferrara e il 9 febbr. 1849 fu tra coloro che votarono la decadenza del potere temporale dei papi; tre giorni dopo (12 febbraio) il Comitato esecutivo della Repubblica romana lo nominava, insieme con F. Pescantini, suo rappresentante diplomatico in missione presso il governo della Repubblica francese per ottenere il riconoscimento di quella romana, propiziarsi l'amicizia francese e procurare armi.
L'operato del B. e del Pescantini a Parigi sollevò molte critiche: essi attesero infatti sino al 28 marzo per presentare le proprie credenziali preferendo prendere precedentemente contatti con gli uomini dell'opposizione, cosa che ancor più alienò loro le già scarse simpatie del governo francese, e chiedendo infine a tale governo la mediazione con il pontefice invece del riconoscimento della Repubblica. Questa sconfessò allora l'opera del B. e del Pescantini, dichiarandoli decaduti dal mandato e sostituendoli con L. Frapolli. Il B. rimase tuttavia in Francia, per tentare di sbloccare un carico di armi comprate per conto della Repubblica romana e che il governo francese aveva fermato a Marsiglia, e per assoldare un comandante per le truppe romane: aveva preso accordi con il col. J.-B.-A. Charras, ma questi, data la crescente ostilità da parte della Francia, finì col non accettare l'incarico che gli venne offerto.
Il B. tornò a Roma ai primi di luglio, e, caduta la Repubblica, si rifugiò a Torino, dove si dedicò a vaste imprese commerciali. Nel 1856 era direttore e proprietario di una importante industria di legname a Macomer in Sardegna, e le sue speculazioni industriali attirarono anche l'attenzione del Cavour, che, in occasione di un viaggio del B. in Inghilterra, fatto per prendere accordi con case commerciali inglesi, scriveva all'inviato sardo in Gran Bretagna E. d'Azeglio di dargli tutto il suo appoggio ufficiale.
Nel 1859 il B. fece parte a Torino di un Comitato per l'arruolamento degli emigrati dello Stato pontificio; liberate le Romagne, su indicazione del Farini fu eletto deputato alla VII legislatura per il collegio di Bagnacavallo e all'VIII per il 2° collegio di Ravenna. Prese scarsa parte ai lavori parlamentari e nel luglio del 1864, in seguito all'inchiesta sulle Ferrovie meridionali, del cui Consiglio era membro, dette le sue dimissioni dalla Camera. Tornò a dedicarsi ad imprese commerciali, ma alcune speculazioni sbagliate negli ultimi anni pregiudicarono le sue condizioni economiche.
Morì a Villa Ginori (Firenze) il 20 dic. 1872.
Bibl.: C. A. Vecchi, L'Italia. Storia di due anni 1848-49, Torino 1851, pp. 9-14; L. C. Farini, Lo Stato romano dal 1815 al 1850, Torino, I, p. 128; A. Vannucci, I martiri della libertà italiana, Firenze 1877, III, pp. 242, 245; C. Ravioli, La campagna del Veneto del 1848, Roma 1883, p. 99; F. Comandini, Cospirazioni di Romagna e Bologna, Bologna 1899, pp. 51, 54-57, 59-63, 65, 101, 104, 118, 577, 610; Protocollo della Giovine Italia (Congrega di Francia), v. Indici; Ediz. naz. degli scritti... di G. Mazzini, Epistol., XXXVII, p. 282; XL, pp. 45, 210; XLII, p. 75; L. C. Farini, Epistol., Bologna 1911-1935, I, pp. 248, 317, 339, 343; II, 269 ss., 298; III, 589, 596, 599; IV, 28, 58 s., 65, 71 s., 204 ss., 234, 258, 266, 344; M. Menghini, R. Andreini e i moti di Romagna del 1845, Città di Castello 1916, pp. 33 ss., 43, 46, 51, 59 ss.; G. Leti, Carboneria e Massoneria, Genova 1925, pp. 220 s.; G. Santini, Ancona nel 1848-49, Macerata 1927, p. 25; M. Menghini, L. Frapolli e le sue missioni diplomatiche a Parigi, Firenze 1930, pp. 22, 39, 45-48, 55, 66 s., 83 ss., 91, 96 ss., 100, 108, 111, 139, 144; C. Spellanzon, Storia del Risorg. e dell'Unità d'Italia, II, Milano 1934, pp. 879-883; G. Finali, Memorie, a cura di G. Maioli, Faenza 1955, pp. VIII, 93, 100, 107, 114, 119, 168, 419, 655, 661; Carteggio di C. Cavour, Indice generale dei primi quindici volumi (1826-54), Bologna 1951, ad vocem; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Roma 1890, pp. 101 s.