BOMPIETRO, Pietro
Figlio di Gerardo, nacque a Bologna forse agli inizi del sec. XIV e non può, perciò, essere identificato con l'omonimo giurista attivo alla fine del sec. XIII. Conseguì il dottorato in legge presso lo Studio bolognese probabilmente poco prima del 1328, anno in cui gli fu affidato nella stessa università l'incarico di leggere il Volumen parvum.
La sua attività non si limitò all'insegnamento universitario: infatti, insieme con altri giuristi, svolse intensa opera di consulenza giuridica al servizio dei Pepoli, signori di Bologna. Uno degli aspetti preminenti della cultura bolognese del Trecento, e soprattutto di quella giuridico-accademica, è, infatti costituito dalla crescente subordinazione al potere politico dei maestri di diritto dello Studio, i quali venivano utilizzati e valorizzati per la loro competenza temico-professionale, ma nel contempo finivano per essere irretiti nel gioco degli interessi politici dei signori di Bologna. Tale diminuzione di libertà, unita ai continui contrasti fra i Pepoli e la S. Sede, provocava ripetuti esodi di professori e discepoli verso centri di studio più tranquilli. Ciò spiega perché, quando iniziò il suo insegnamento, il B. dovette impegnarsi, insieme con altri professori, verso i Pepoli a non lasciare lo Studio bolognese.
La sua permanenza nella città natale dovette procurargli in breve una posizione di prestigio negli ambienti accademici: non è al riguardo senza significato che già nel 1334 entrasse a far parte della commissione esaminatrice che conferì la laurea a Bartolo da Sassoferrato.
Maggiori meriti dovettero inoltre assicurargli i numerosi incarichi affidatigli ora dalla signoria ora dalla cittadinanza di Bologna; già nel 1332 infatti entrò a far parte della commissione di sapientes addetti alla compilazione degli Statuti nuovi di Bologna; pochi anni dopo procedette, assieme con altri sette esperti di diritto, alla riforma degli statuti cittadini, per designazione del Senato bolognese.
Il B. fu pure attivamente presente nella vita giudiziaria cittadina, in qualità di arbitro di controversie di particolare rilievo, in cui fossero coinvolti interessi e diritti della comunità bolognese.
Tutta questa multiforme attività di maestro, giurisperito e giudice passa in secondo piano se confrontata con l'opera assai più impegnativa ed appassionante di politico e diplomatico che il B. svolse in rappresentanza della comunità bolognese in una fase cruciale delle relazioni fra la signoria pepolesca e la Curia pontificia: dal 1336 si può dire che non venisse decisa da Taddeo Pepoli alcuna ambasciata per la S. Sede di cui il B. non facesse parte. Dapprima fu inviato ad Avignone presso Benedetto XII, da poco eletto, per una presa di contatto esplorativa circa le disposizioni sue e della Curia avignonese nei riguardi dei Bolognesi e dei loro signori; nel 1338 ritornò alla corte pontificia col mandato di trattare un'intesa fra signoria pepolesca e S. Sede, circa il problema della limitazione e legittimazione del potere dei Pepoli. Ma l'accordo non fu raggiunto, anzi la situazione precipitò e Bologna fu persino sottoposta ad interdetto. Al B. fu affidato nel 1339 il difficile compito di chiederne la revoca e di riprendere su nuove basi le trattative con la Curia papale. Pur tra difficoltà sorte per una presunta inadempienza da parte papale degli accordi preliminari di pace, il B. con atteggiamento fermo e dignitoso riuscì a condurre a termine felicemente la sua missione: nell'aprile 1344 la ripresa di normali relazioni fra Papato e Pepoli suggellava una intensa attività diplomatica che aveva avuto costantemente il B. come protagonista. Essa peraltro fu preparata e perfezionata da altre ambasciate che, per i Pepoli, il B. compì a Roma (1341), Firenze (1343) e Verona (1345).
Il B. morì di peste a Bologna nel 1347: a lui furono attribuiti vari scritti di carattere soprattutto giuridico, andati poi dispersi e mai più rintracciati.
Fonti e Bibl.: M. de Griffonibus, Memoriale historicum derebus Bononiensium, in Rerum Italic. Scriptores, 2 ediz., XVIII, 2, a cura di L. Frati-A. Sorbelli, pp. 54-55; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 120, 136, 138, 150, 154, 173; M. Sarti-M. Fattorini, De claris ArchigymnasiiBononiensisprofessoribus..., I, Bononiae 1888, pp. 277, 311 s.; II, ibid. 1896, pp. 98 ss.; A. Theiner, Codex dipl.dominii temporalis S. Sedis, II, Romae 1862, pp. 69-82; Chartularium Studii Bononiensis, I, Bologna 1909, p. 67, n. LXVIII; G. N. Pasquali Alidosi, Li dottori Bolognesi…, Bologna 1620, p. 191, app. 49; P. A. Orlandi, Not. degli scrittoribolognesi..., Bologna 1715, p. 231; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1513; S. Mazzetti, Rep. di tutti iprofessori antichi e modernidellafamosa Univ. e del celebre Ist. delle Scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 62, n. 540; N. Rodolico, Dal Comune alla Signoria..., Bologna 1898, pp. 120-23, 128, 136-40, 173, 194, 234 s., 242-44, 288; A. Sorbelli, Storia dell'Università di Bologna, I, Bologna 1940, pp. 74, 97, 100; Calcaterra, Alma Mater Studiorum..., Bologna 1948, pp. 107, 112; G. Orlandelli, La supplica a Taddeo Pepoli, Bologna 1962, p. 89, n. 1.