BRACCI, Pietro
Figlio dell'intagliatore Bartolomeo Cesare (1652-1739) e di Anna Francesca Lorenzoni, nacque a Roma il 16 giugno 1700. La tradizione vuole che prima di praticare la scultura abbia studiato filosofia e lettere presso i gesuiti: certo egli era più colto degli scultori contemporanei, tanto che nel 1724 fu ammesso in Arcadia con il nome di Gilisio Niddanio. Secondo il Gaburri (1739), suo primo biografo, studiò "il Disegno nella scuola di Giuseppe Chiari per lo spazio di 6 anni e tempo medesimo studiò la scultura dal celebre Camillo Rusconi". Nel 1724 sposò Faustina Mancini e l'anno dopo aprì uno studio in piazza Trinità dei Monti.
Sembra si debba ritenere prima sua opera indipendente il busto di Benedetto XIII, collocato nell'anno giubilare 1725 in S. Maria Maggiore e poi sistemato ivi nella cappella del Battesimo (bozzetto a Roma, pal. Venezia; cfr. Hermanin, 1929-30); nello stesso anno vinse il primo premio "alla prima classe di scultura" presso l'Accademia di S. Luca (il secondo premio fu accordato a Filippo della Valle) con un rilievo in terracotta rappresentante Giosia re di Giuda consegna il denaro per il tempio. L'opera, tuttora conservata all'Accademia, rivela che sotto l'influsso di Chiari e di Rusconi il B. si era già formato con quell'elegante stile tardo barocco - quasi rococò - che doveva essergli particolare per tutta la sua carriera di scultore.
Sempre nel 1725 il B. cominciò a tenere in un Diario (pubbl. in Gradara, 1920, pp. 97-108) un elenco delle sue sculture che ci permette di conoscere e datare con esattezza le sue opere.
Primi menzionati sono i busti marmorei del Cardinal Fabrizio Paolucci e di papa Innocenzo XII, collocati nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo nel 1725 (due anni dopo il B. eseguì un altro busto del Paolucci, oggi perduto). Secondo il Bottari (in Titi, p. 77), avrebbe anche eseguito, nella stessa chiesa, di cui il Paolucci era titolare, due angeli in stucco sulla tribuna. Per lo stesso cardinale eseguì il "deposito" nella chiesa di S. Marcello, con una Fama alata che regge un ritratto in bassorilievo: nel suo diario afferma che questo bel monumento fu "tutto ideato architettato e scolpito da me medesimo", ma il Ratti (1769) sostiene che il disegno era del pittore genovese Pietro Bianchi; in ogni modo, in varie altre occasioni il B. ripeterà il motivo della Fama che regge un ritratto.
Per la chiesa di S. Agostino, che veniva restaurata dal Vanvitelli, il B. scolpì (1730) due Putti marmorei per la "porticella del Coro"; nello stesso anno, come a numerosi altri scultori italiani, gli venivano commissionate statue per la basilica di Mafra in Portogallo. Il S. Pietro Nolasco e il S. Felice di Valois, da lui eseguiti, sono di qualità eccezionale: come il monumento Paolucci rivelano la disgregazione della monumentalità e della linea fiammeggiante del barocco; nonostante le enormi proporzioni, hanno la delicatezza e l'apparente fragilità della porcellana rococò. Il B. prese anche parte al più importante lavoro collettivo di scultura di Roma, la cappella Corsini in S. Giovanni in Laterano: per essa eseguì nel 1732 un bassorilievo con S. Andrea Corsini che lava i piedi a un povero.
Nel 1732 fu affidato al B. il restauro dell'arco di Costantino, al quale aggiunse la statua di Barbaro alla destra del fornice maggiore verso S. Gregorio e le teste di tutti gli altri sette barbari. Secondo il suo Diario (Gradara, 1920, p. 98), eseguì anche "otto Teste dell'Imperatore Costantino e 4 altre testa di Soldati e donne mancanti alli 8 Bassirilievi grandi" (sono i bassorilievi con fatti della vita di Marc'Aurelio nei quali l'imperatore era stato trasformato in Costantino: cfr. A. Giuliano, Arco di Costantino, Milano 1955, ill. 17-20); per le teste dell'imperatore si serviva di monete che copiava con grande fedeltà. Due anni dopo il cardinale Albani lo incaricò del restauro del famoso Antinoo, capitolino, al quale furono aggiunti due dita della mano destra, l'intero braccio sinistro, il piede destro, la gamba sinistra, il tronco d'albero e lo zoccolo. A un torso marmoreo della collezione Albani il B. aggiunse nel 1742 "testa, braccie, coscie e gambe, con cascate di panni e base con tronco", facendolo diventare un Apollo (Roma, villa Albani): anche se un occhio moderno non resterebbe facilmente ingannato, questo è un saggio eccellente di "maniera ellenistica" eppure la pratica del restauro di antichità non indusse minimamente l'artista a uno stile più classicheggiante nelle sue opere.
Piuttosto confusa è la storia della statua in marmo di Clemente XII, oggi nel cortile del Museo di Ravenna. Forse era destinata alla tomba del papa nella cappella Corsini in S. Giovanni in Laterano (dove più tardi fu posto il bronzo del Maini); certo è che il B. scrive nel Diario che fu da lui cominciata nel 1733 e che fu mandata a Ravenna nel 1738; ma già nel 1736 egli aveva preso a modellare un'altra statua dello stesso papa destinata a essere fusa in bronzo e collocata nel salone del Campidoglio. Secondo il Valesio, il primo tentativo di fusione (ottobre 1738) fu un fallimento, mentre il 15 ag. 1739 Fr. Giardoni eseguì una fusione perfetta che, però, ci è nota solo attraverso le incisioni, essendo stata distrutta nel 1798.
Negli stessi anni il B. era occupato anche al "deposito" di Benedetto XIII in S. Maria sopra Minerva, che era stato iniziato nel 1734; il 2 ag. 1736 veniva esposto un modello in stucco, ed esattamente un anno dopo l'opera era terminata. Il disegno era di C. Marchionni, che scolpì il rilievo sul sarcofago; al B. si deve la statua della Religione e quella assai significativa del Papa genuflesso, forse la statua più "religiosa" di questo periodo; la terza statua del monumento, l'Umiltà, fu scolpita da B. Pincellotti.
Nel 1734 il B. eseguì un bassorilievo ovale con Cristo, posto sopra la porta di una casa presso S. Girolamo della Carità, e uno con il Battesimo di Cristo, per la facciata di S. Giovanni dei Fiorentini. Nello stesso anno gli fu commissionato il rilievo con Il Battista che rimprovera Erode dell'adulterio con Erodiade per il portico di S. Giovanni in Laterano, che egli iniziò a scolpire l'anno dopo. Nel 1736 cominciò, su disegno dell'architetto F. Barigioni, il monumento al cardinal InnigoCaracciolo per la cattedrale di Aversa (finito il 26 luglio 1738; cfr. Cracas) con la Fama in marmo seduta su un sarcofago accanto a un Leone in bronzo (quest'ultimo, modellato dal B., fu fuso dal napoletano A. Spinali). Lo stesso architetto aveva disegnato il monumento di Maria Clementina Sobieski in S. Pietro in Vaticano, per il quale il B. scolpì l'elegantissima Carità verso Dio e il Putto che sostiene il ritratto (ilmonumento fu finito nel 1742). Nel 1739 cominciò a lavorare a una Assunta in marmo, che nel 1744 egli stesso collocò sopra l'altar maggiore della cattedrale di Napoli, circondandola con una Gloria di Angeli in stucco.
Il pontificato di Clemente XII (1730-40) segnò un'epoca aurea per gli artisti attivi a Roma, anche se alcune opere, come per esempio la facciata di S. Maria Maggiore disegnata da F. Fuga, furono completate molto tempo dopo la sua morte: alla decorazione scultorea di questa facciata il B. contribuì con una Umiltà (1741) e con il rilievo rappresentante S. Flavio papa al concilio (1742). Certo che il B. non ebbe più, in seguito, un periodo di così intensa attività. Secondo il suo Diario, nel 1741 cominciò il "deposito" del cardinale Renato Imperiali per la chiesa di S. Agostino, dove ripeté il motivo della Fama alata che regge il ritratto, e la accompagnò con le statue della Carità e della Fortezza; poi, a parte un lavoro di restauro, il B. non ricorda altre opere sino al 1748, anno in cui eseguì il monumento a Carlo Leopoldo Calcagnini, in S. Andrea delle Fratte (la Fama che scrive il nome del morto su una piramide con il suo ritratto). Il fatto che il B. abbia firmato ("Pet. Bracci Romanus inve. et fe.") e che nel Diario abbia insistito che questo monumento è "ideato, architettato e scolpito da me med.o", fa supporre che non fosse usuale per lui attendere sia al disegno sia all'esecuzione delle sue opere. Sempre nel 1748 il B. completò un bassorilievo con la Presentazione della Vergine, che il 23 marzo venne esposto al Pantheon (Waga) prima di venire inviato a Siena per la cappella Chigi nella cattedrale (il modello in terracotta è nel pal. Chigi all'Ariccia).
L'anno dopo il B. scolpì due Angeli per la balaustra e due Virtù per l'altare marmoreo di Filippo della Valle nella cappella della SS. Annunziata in S. Ignazio. Sempre nel 1749 eseguì il busto, piuttosto pesante, dell'Abate Marucelli per la Biblioteca Marucelliana di Firenze e quattro Angeli, in marmo con drappeggi in metallo, per il baldacchino dell'altar maggiore di S. Maria Maggiore (oggi nel loggiato). Deve aver iniziato poco dopo la pala d'altare per la cappella della Vergine del Sudore nella chiesa metropolitana di Ravenna, terminata e collocata nel 1752.Eseguì poi il busto di Benedetto XIV per il refettorio della chiesa della Trinità dei Pellegrini a Roma.
Nel 1754 il B. cominciò la prima delle tre colossali statue per la serie dedicata ai fondatori di Ordini religiosi nell'interno di S. Pietro: S. Vincenzo de' Paoli, opera assai elegante, ma che non mostra diversità stilistiche rispetto alle statue, eseguite vent'anni prima, per la basilica di Mafra; il Beato Girolamo Emiliani indicato nel Diario al 1756 e S. Norberto al 1758 (probabilmente però queste date si riferiscono alle rispettive commissioni: infatti il Titi nel 1763 ricorda il S. Vincenzo come appena collocato e nella nicchia per S. Norberto registra un modello di "Francesco Giansè Fiamingo" - probabilmente François Janssens da non confondersi con il più noto François - Joseph Janssens - che evidentemente fu sostituito più tardi con la statua del Bracci).
L'opera più nota e forse la più riuscita del B. è il gruppo di Nettuno e i Tritoni della fontana di Trevi su disegno di N. Salvi (dopo quattro mesi di lavoro sui modelli e due anni e dieci mesi sul marmo, l'opera era completata nel 1762): deliziosa creazione nella quale trova espressione perfetta il senso di eleganza e frivolezza proprio del Bracci. L'elenco delle opere minori degli ultimi suoi anni comprende i bassorilievi con S.Rosa da Lima e S. Agnese da Montepulciano in S. Caterina a Magnanapoli a Roma (1755) e un busto fortemente caratterizzato del Cardinale Giorgio Spinola nella casa dei missionari a Spoleto (1757).
Ultima opera importante fu il "deposito" di Benedetto XIV in S. Pietro; il papa era morto nel 1758 ma l'opera venne iniziata solo nel 1763 e fu completata dopo il 1769 (modellino a Bologna, Accademia di Belle Arti). Il B. eseguì la statua del Papa e quella allegorica della Sapienza (dove appose la sua firma: cfr. Zamboni, 1964, p. 217 n. 17), probabilmente con l'aiuto dei figli. L'altra statua allegorica (il Disinteresse) fu scolpita da Gaspare Sibilla che, nonostante quanto ha dichiarato nell'iscrizione ("invenit et sculpsit"), probabilmente seguì un disegno generale del B. stesso; questi riprese qui lo stile tardo barocco della sua giovinezza, non contaminato da influssi neoclassici. Le ultime opere registrate nel Diario sono due busti di Clemente XIII, sinora non rintracciati.
Varie opere sono state attribuite al B. oltre a quelle che egli stesso ricorda nel suo Diario:nell'edizione del 1750 della Roma antica e moderna gli sono assegnati il restauro di un quadro d'altare in S. Lorenzo in Damaso e la cornice della pala d'altare della, seconda cappella a destra in S. Girolamo degli Schiavoni (che, nell'ediz. del Titi del 1763 [p. 396] diventa "ornato" di tutta la cappella). Poco accettabile sul piano stilistico l'attribuzione, fatta dalla stessa fonte, di due monumenti Sampayo in S. Antonio dei Portoghesi; e ancora meno quella, fatta dal Nibby (p. 194), del deposito del Card. Millo in S. Crisogono. Le più recenti ricerche hanno definitivamente attribuito a Fr. Gesuelli i bassorilievi nella chiesa della Maddalena (cfr. L. Mortari, S. Maria Maddalena, Roma 1969, pp. 57, 121). Numerosi busti di Benedetto XIII, e Benedetto XIV, pur derivando da opere del B., non sembrano appartenere alla sua produzione.Il B. si definisce "architetto e scultore", e disegni nell'archivio Bracci (attualmente irreperibile) testimoniano questo interesse per l'architettura, ma solo un'opera minore gli è stata attribuita: la Porta degli Orfanelli in piazza delle Terme. Membro dell'Accademia di S. Luca dal 1740, fu eletto principe il 21 dic. 1755 e uno dei suoi primi atti fu di conferire il grado di accademico d'onore al suo compagno d'Arcadia, Metastasio. Vari anni più tardi il Missirini dichiarava che egli era stato fatto principe "più per l'intero suo costume e la gentilezza e nobiltà delle maniere che per l'eccellenza dell'arte". Ma non ci sono ragioni per ritenere che il B. non fosse tenuto in grande considerazione come scultore dai contemporanei: insieme con Filippo della Valle fu senza dubbio il migliore esponente della scultura tardo barocca nella Roma settecentesca e tra i più esperti di tutta Europa.
Il B. morì a Roma il 13 febbr. 1773. Il suo busto, commissionato nel 1794 a V. Pacetti da suo figlio Virginio, fu posto nel Pantheon nel 1796 (oggi nella Protomoteca capitolina).
Dei suoi figli, oltre Virginio, anche Alessandro (Filippo Giulio) fu scultore, ma pochissimo sappiamo di lui: nacque il 18 sett. 1730 ed ebbe come padrino di battesimo il pittore genovese P. Bianchi; morì prima del 1794. Un busto di G. B. Morgagni nella Bibl. comunale di Forlì è firmato "Alexand. Bracci, Romanus F. MDCCLXVII"; gli è attribuito (Pietrangeli, 1958) anche il restauro (1779) di un busto classico di divinità femminile nella collezione Albani (oggi in Vaticano).
Un altro figlio, Filippo, che nella anonima vita di Virginio (in Gradara, p. 120) è detto "pittore", potrebbe essere Gregorio Filippo, nato il 29 ott. 1727 (p. 113), che nel 1746 avrebbe finito l'affresco con la Gloria di s. Francesco Saverio in S. Andrea al Quirinale sopra l'altare dedicato al santo; nella stessa chiesa è suo anche l'affresco con la Partecipazione dell'Eterno Padre alla Passione sulla volta della cappella dell'Addolorata (v. G. Giachi-G. Matthiae, S. Andrea al Quirinale, Roma 1969, pp. 53, 54). La stessa fonte ci informa che una figlia Francesca (nata il 16 sett. 1739) si dedicò alla miniatura (v. anche Thieme-Becker, IV, pp. 499 s.).
Fonti eBibl.: Firenze, Bibl. Naz., cod. Pal. E. B. 9. 5: F. M.: N. Gaburri, Vite... (1739), f. 2136; Roma, Archivio Capitolino, cred. XV: F. Valesio, Diarii di Roma dall'anno 1737 al 1742, ff. 110v, 152v; Cracas, Diario ordinario, Roma 1738, 1739, 1742, 1769, passim; Roma antica e moderna, Roma 1750, II, pp. 44, III; J. J. Winckelmann, Briefe, a cura di H. Diepolder e W. Rehm, Berlin 1952, I, p. 390; F. Titi, Descrizione delle pitture,sculture e architetture...di Roma, Roma 1763, ad Indicem;R. Soprani C. G. Ratti, Delle vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1769, p. 304; [P. A. Orlandi], Abecedario pittorico, Firenze 1776, p. 1409; M. Missirini, Mem. per servire alla storia della romana accademia di S. Luca, Roma 1823, pp. 237 s.; A. Nibby, Roma nell'anno MDCCCXXXVIII, Roma 1839, parte prima moderna, pp. 194, 328, 535; M. Azzarelli, P. B., in Album, V (1840), pp. 173-176; A. de Montaiglon-J. Guiffrey, Correspondance des directeurs de l'Académie de France à Rome, Paris 1901 XI, p. 463; C. Gradara, P. B., Milano 1920 (con documenti); J. Breck, A bronze bust of Pope Benedict XIV, in Art in America, I (1913), pp. 275 s.; K. von Domarus, P. B., Strassburg 1915; A. E. Brinckmann, Barock Bozzetti, Frankfurt 1923-24, I, p. 160; II, p. 118; W. Hager, Die Ehrenstatuen der Päpste, Leipzig 1929, pp. 72, 74; F. Hermanin, Due busti di P. B., in Dedalo, X (1929-30), pp. 254-62; C. Gradara Pesci, Due opere dello scultore P. B. in Portogallo, in Roma, XVI (1938), pp. 234-236; A. Riccoboni, Roma nell'arte, Roma 1942, pp. 291-99; A. de Carvalho, A escultura em Mafra, Mafra 1956, p. 20; A. Schiavo, La fontana di Trevi..., Roma 1956, pp. 126-129, 144; C. Pietrangeli, Scavi e scoperte di antichità sotto il pont. di Pio VI, Roma 1958, p. 42 (per Alessandro); Il Settecento a Roma (Catal.), Roma 1959, pp. 68 s.; C. Vermeule, European art and the classical past, Cambridge, Mass. 1964, p. 10; S. Zamboni, P. B.,il modello per il monumento di Benedetto XIV, in Arte antica e moderna, 1964, pp. 211-218; R. Wittkower, Art and Architecture in Italy 1600-1750, Harmondsworth 1965, pp. 291 s., 294 s., 370, 391 s.; H. Waga, Vita nota e ignota dei Virtuosi al Pantheon, in L'Urbe, XXX (1967), n. 6, pp. 4, 8 nota 86; S. Zamboni, in Mostra di sculture e disegni scenografici ... dell'Accad. di Belle Arti ... (catal.), Bologna 1968, p. 19.