BUSENELLO, Pietro
Nacque da Alessandro e Maria Arrigoni nel 1650. Il 21 ag. 1665 il padre chiedeva al Consiglio dei dieci di accoglierlo nella cancelleria ducale; il 27 agosto i Dieci accoglievano la richiesta disponendo l'assunzione del B. "nel primo luogo d'estraordinario". Dalla fine di giugno 1666 sino al settembre 1669 il B. fu a Milano, al seguito del padre ivi rappresentante la Serenissima; quando questi, nel gennaio-febbraio 1668, cadde ammalato, lo sostituì coll'assistenza del coadiutore Ercole Tagliapietra. "Gradimo che il figlio degnamente s'avezzi a supplire et avvanzar con merito la propria habilità" scrivevano i Pregadi ad Alessandro.
Segretario del Senato il 4 nov. 1679, il B. ritornò a Milano, in qualità di residente per un periodo assai lungo - dalla fine di ottobre 1691 al dicembre 1698 -, malgrado le continue insistenze per la sostituzione, che addirittura iniziano nel giugno 1692, quando "dolori renali acutissimi" gli rendevano estremamente gravoso l'espletamento dell'incarico. Ma erano soprattutto le spese eccessive a questo connesse a farglielo apparire sgradito, sì da lagnarsi sovente del "pesantissimo impiego". Ché su di lui pesava effettivamente una famiglia numerosa: 13 figli gli nascevano tra il 1673 e il 1697 dalla moglie Antonia di Gianmaria Viscardi, la cui dote tuttavia era ragguardevole; si aggiungeva inoltre l'obbligo del mantenimento della madre e della suocera. Di un qualche sollievo gli furono comunque le elargizioni straordinarie di 500 ducati nel 1694, 600 nel 1695, 500 nel 1696, 500 nel 1698.
Marginale la rilevanza delle questioni direttamente attinenti al rapporti veneto-milanesi: il Senato si raccomanda perché provveda all'acquisto di "4 mila rubbi di polvere da moschetto", insista per il rilascio "del pastore et animali fermati" in seguito alle "insorgenze del comune di Valtorta, territorio bergamasco, e gl'habitanti di Baiedo" sottoposti a Milano, protesti per le "insolvenze commesse al confine dentro il nostro stato", presso Crema, "da una truppa de' soldati alemanni", procuri la liberazione di "due soldati ritenuti in Lodi", faccia arrestare due "rei di colpe enormi ed assassini di strada". Ma soprattutto il B. doveva impegnarsi a sostenere le "pubbliche ragioni sopra il fiume Oglio"; erano sempre vive le controversie tra gli abitanti di Pumenengo, sudditi spagnoli, e quelli di Rudiano, sudditi veneti, alimentate da non infrequenti episodi di violenza. Purtroppo, osserva il B., "le ragioni incontrastabili della città di Brescia sopra ambedue le rive del fiume" costituivano una "propositione che qui", a Milano, "non si vuol ammettere".
Il B., cui giungevano notizie di prima mano da Lione, Torino, Mantova, Modena, Parma, Firenze, Genova, Coira e dal campo dei collegati in Piemonte, dedicava la maggior parte delle sue fatiche alla raccolta di informazioni sulla guerra in corso: "doverai star particolarmente attento - gli ordinavano per esempio, il 28 luglio 1696, i Pregadi - ai maneggi del duca di Savoia, all'intentioni de' Francesi e collegati et ai ripieghi che nel sistema presente fossero" per farsi "dall'una e l'altra delle parti". Il conflitto e i riflessi di questo costituiscono così l'oggetto del grosso dei dispacci del B., specchio fedele - oltre che delle vicende belliche (specie dell'assedio di Casale, sino alla sua "rasata" per cui, "con universale conspiratione d'amici e nemici, degli habitanti e degli esteri, resta incenerita una piazza che per il corso d'un secolo intiero ha nutrito le fiamme nelle viscere d'Italia") - delle tensioni tra Spagnoli e Imperiali, e fonte importantissima per analizzare nei suoi più minuti dettagli la politica di Vittorio Amedeo II, apparentemente contraddittoria, ma non priva di una sua intima sistematica coerenza. Contro di lui, "che, per i suoi bizari azardosi consigli - scriveva il B. il 7 ott. 1693 - si vuol qui auttore di tante miserie, s'inalzano, universalmente le strida notandolo, non solo di poca attentione, ma fors'anche di dubia fede verso gl'interessi della Lega e di casa d'Austria". È, quella del duca di Savoia, figura campeggiante nelle lettere del B., il quale ne segue, tra preoccupato ed affascinato, il dinamico agitarsi, così dissimile dalla linea di secolare cautela cui s'atteneva Venezia: "munito di denaro e di forze, medita forse di dilattare lo Stato ed alterar di nuovo la quiete di questa provincia. Le pretese ch'egli tiene sopra Savona, l'avidità di impadronirsi dei feudi amplissimi delle Langhe, il desiderio di possedere intiero il Monferrato ed i titoli spetiosi che vanta sopra di questo medesimo stato [di Milano] sono l'idee che ingombrano la mente dell'Altezza Sua, per non dir i fantasmi che offuscano lo splendore e così commentava, non senza penetrazione, il 12 giugno 1697 il Busenello.
Segretario del Consiglio dei dieci nel maggio 1698, il 2 novembre dello stesso anno il Maggior Consiglio - a premio del prolungato soggiorno milanese e in omaggio all'illustre tradizione familiare - lo eleggeva cancellier grande, carica che il B. assunse ufficialmente il 3 febbr. 1699.
Morì il 7 ag. 1713.
Dei suoi figli si ricordano: Marcantonio entrato nella cancelleria ducale nel 1691 e divenuto, in seguito, segretario del Senato; Giovan Francesco, segretario del Senato nel 1711 e del Consiglio dei dieci nel 1722, dal cui matrimonio con Elisabetta Lion nacque Pietro, segretario dei Pregadi nel 1743 ed abile diplomatico; Alessandro ascritto alla cancelleria ducale il 1º apr. 1693; Giacomo, eletto nel 1704 decano della Scuola grande della Misericordia, segretario del Senato nel 1711 e del Consiglio dei dieci nel 1729.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Senato,Corti, regg. 44, pp. 289v-290r; 68 da c. 170v; 69-75 sino a c. 206r, passim;Ibid., Consiglio dei dieci. Parti comuni, filza 647, parte del 27 ag. 1665 e reg. 162, c. 168r; Venezia, Civico Museo Correr, Mss. P. D. C 1075/20, 1078/511 e 512, 1079/27 e 60, lettere del B. da Milano a Giovanni Michiel Podestà di Padova e ai rettori di Padova, del 31 ott. 1691, 9 nov. e 2 dic. 1693, 27 genn. e 14 apr. 1694; Ibid., Mss. Correr 983, copia delle lettere scritte dal B. al Senato, nel corso della sua residenza, dal 27 ott. 1691 al 13 genn. 1694; Ibid., Mss. P. D. C 2234/2, Carte concernenti alcuni conti tra sig. P. B. e Cà Corner di prò sopra capital di ducati mille;Ibid., cod. Cicogna 1179, cc. 183r-186v (copia della dichiarazione del B. il giorno dell'ingresso come cancellier grande e di due lettere di ringraziamento per la nomina scritte da Milano); Ibid., cod. Cicogna 1701, estratto e copia di E. A. Cicogna di P. Gradenigo, Pregi e fregi de' veneti gran cancellieri, pp. 213-217; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, mss. It., cl. VII, 341 (= 8623): Storia delle famiglie cittadinesche di Venezia, c. 82v; Dispacci degli ambasc. veneti al Senato,Indice, Roma 1959, pp. 171, 173-74; G. D. Petricelli, Oratio in funere... Petri Busenelli equitis et... magni cancellarii..., Venetiis 1713; A. Livingston, La vita venez. nelle opere di Gian Francesco Busenello, Venezia 1913, pp. 11 n. 1, 36, 89; C. Morandi, Lo Stato di Milano e la politica di Vittorio Amedeo II,Note e docum., in Annuario del R. Ist. storico it. per l'età moderna e cont., IV (1938), pp. 22-28, 38 s., 49, passim.