CALVI, Pietro
Nacque a Sanremo il 29 febbr. 1839 da Angelo e da Angela Modena. Quando aveva nove anni la sua famiglia si stabilì a Roma, e qui lo zio materno don V. Modena, prefetto della Biblioteca Casanatense, seppe infondergli un vivo amore per gli studi classici. Laureatosi in legge a 25 anni, scoprì la sua vocazione letteraria scrivendo poesie, articoli di storia, letteratura e arte su vari periodici. Non dissimulò le sue idee liberali durante il governo pontificio e socialiste dopo il trapasso a quello italiano, conservando, peraltro, una visione serena degli avvenimenti. Un suo Inno a Dio, dedicato ad A. Aleardi nel 1873, piacque al poeta che ebbe il C. in dimestichezza e intrattenne con lui una lunga corrispondenza epistolare. Da quell'attestazione di stima ebbe incremento la sua carriera letteraria, tutta svoltasi nella capitale, che egli amò come città di adozione e dalla quale non seppe più distaccarsi. Qui, nel 1874, fu pubblicato il suo primo lavoro drammatico, Caligola o Una farsa imperiale in 5 atti in versi, con dedica ai lettori colti cui lo offriva come saggio delle proprie capacità e chiedeva consiglio sulle sue future possibilità di drammaturgo. Il 4 dic. 1878 fu rappresentata al teatro Argentina, su libretto suo, l'opera in un prologo e 4 atti Lorhelia di S. Falchi; il primo generoso consenso di pubblico gli venne, comunque, il 14 luglio 1879, al teatro Corea, con il dramma Arminio in 5 atti in versi (non vi mancano scene d'effetto, come il monologo di Varo, il verso è spesso vigoroso e talvolta suggestivo).
Nel 1881 fu tra i fondatori, con P. Bettoli, G. Costetti e altri, della Società dei giovani autori, prefiggentesi finalità assistenziali oltre che letterarie. Il lavoro che lo rivelò fu Maria di Magdala, in 4 atti e un epilogo in versi, rappresentato il 18 luglio 1882 al teatro Costanzi dalla compagnia Morelli, protagonista C. Ruta. Il ministro degli Affari Esteri P. S. Mancini, estitnatore del capocomico, revocò all'ultimo momento il decreto prefettizio di sospensione dello spettacolo che, al solo annuncio attraverso i manifesti del teatro, la stampa clericale aveva condannato come profanatore della religione, ma che in effetti fu avversato in odium auctoris.
Il successo, al quale non furono estranei l'avvenenza dell'interprete, le tirate anticlericali e le belle scene di A. Bazzani, fu buono la prima sera e crebbe oltre il previsto nelle repliche che si succedettero a intervalli fino al 28agosto. Il Nazareno non vi compare mai, ma il dialogo ne fa sentire la presenza incessante (primo esempio, nel C., di quella tecnica "dei riflessi" dalla quale egli sapeva ricavare effetti che, purnella loro elementarità, avevano grande presa sul pubblico). Il lavoro andò dimenticato dopo la morte dell'autoree, dopo il Costetti, fu ricordato solo da B. Croce, il quale osservò che esso, immeritamente applaudito, riprendeva il motivo ormai trito de La signora delle camelie, cioè della cortigiana di alto sentire che aspira alla redenzione nell'amore.
Il 2 febbr. 1884 la Compagnia nazionale diretta da P. Ferrari, protagonista V. Marini, gli rappresentò al teatro Valle Bianca Cappello in un prologo e 5 atti in versi, in cui sono falsati, rispetto alla storia, taluni personaggi, come quello di Pietro Buonaventuri (esecuzione accurata, belle le scene del Bazzani). Seguirono Parigi e la Vandea in 5 atti in versi ( teatro Manzoni, 3 febbr. 1885), in cui furono abilmente evocati i tumulti della Convenzione, e Ferdinando Lassalle, in 4 atti e un epilogo (teatro Nazionale, 28 agosto 1886), dove egli espose con simpatia le teorie politiche del protagonista. Anche in questo dramma si raggiungono effetti di drammaticità indiretta, ad es. quando in un salotto principesco si sente giungere, passare e allontanarsi la marcia funebre che accompagna, fuori di scena, la bara del protagonista. Nel 1888 fu nominato membro della Commissione permanente per l'arte drammatica riunita in giuria per i concorsi teatrali banditi a Roma, in luogo del dimissionario A. Torelli. Successivamente, al teatro Manzoni, furono rappresentati Il figliuol prodigo in 5 atti, scritto in collaborazione con Calvino (1º marzo 1888), Tribunale rivoluzionario in 5 atti (8 dic. 1889), Napoleone Bonaparte in un atto (24 dic. 1889) e Giulia figlia di Augusto in 3 atti in versi (25 ott. 1897), in cui fu notata la felice caratterizzazione dei personaggi di Augusto e di Ovidio (ma l'esecuzione fu insoddisfacente). Dopo una lunga e dolorosa malattia il C. si spense a Roma l'11 ott. 1900, lasciando un dramma già compiuto, Il dottor Andrea.
Di ingegno fervido, ma non profondo, non conobbe insuccessi perché seppe soltanto sfiorare, come nel Ferdinando Lassalle, iproblemipolitici e civili del momento. Uomo generoso, non volle o non poté combattere una battaglia che parve avere un inizio promettente con la rappresentazione di Maria di Magdala;i contemporanei, che lo collocarono, per enfasi drammatica, subito dopo P. Cossa, lo rimpiansero per la modestia, il senso del sacrificio, lo spirito d'indipendenza.
Fonti e Bibl.: La Capitale (Roma), 6 dic. 1878, 16 luglio 1879, 19-20 luglio, 29-30 ag. 1882, 3-4 febbr. 1884, 2-3 marzo 1888; Nuova antologia, 1º ag. 1882, pp. 553-557; Il Messaggero, 26 ott. 1897; Commemorazione dell'autore drammatico P. C. nel primo anniversario della sua morte, Roma, 11 ott. 1901;P. C., Caligola o Una farsa imperiale, Roma 11874, pp. 5-7; G. Costetti, Il teatro italiano nel 1800, Rocca San Casciano 1901, pp. 367, 372 s., 382, 486; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, V, Bari 1939, p. 103; Enc. Ital., VIII, p. 469, Enc. d. Spett., II, coll. 1529-1530.