CALZETTA, Pietro
Figlio di un "maestro" Benedetto, nacque forse a Padova probabilmente tra il 1430 e il 1440. "Poteva dirsi il pittore del Santo": e di fatto "anno non iscorreva, né forse alcun mese, che chiamato non fosse il Calzetta o per nuovi lavori, o per ristorare vecchie cadenti pitture" (Gonzati). Numerosissimi documenti testimoniano l'attività del C. nella basilica di S. Antonio a Padova; e ad essa l'artista dedicò quasi esclusivamente la sua attività.
Una denuncia del 22 sett. 1455, fatta dal C. dinanzi al tribunale criminale contro certo Giorgio, cambiavalute (Lazzarini-Moschetti, 1908, p. 1051, ci fa sapere che egli abitava in quel tempo in casa del pittore Pietro de' Mazi da Milano, del quale era scolaro. Negli altri documenti che lo riguardano (ibid.) si dice che il C. ebbe un fratello, Battista, cimatore di panni, ed un altro, Giovanni, prete. Risulta, inoltre, che un Francesco Calzetta, loro parente, era rigattiere e che il pittore Iacopo da Montagnana era cognato del Calzetta.
Al 16 nov. 1464 risale una sua quietanza di legato (ibid.), quando il C. abitava nella "contrata Volti Nigrorum ossia Servorum". Il 17 ott. 1466 ebbe l'incarico da Bernardo de Lazara di decorare a fresco il soffitto della cappella sepolcrale CorpusChristi nella basilica del Santo e di dipingere la pala per l'altare, seguendo il disegno di N. Pizolo, allora posseduto dallo Squarcione; una copia del sec. XVII o XVIII dal progetto del C. per questo altare (conservata a Padova, Bibl. pubbl., ms. 71: vedi Hahnloser, p. 379, fig. 1) è l'unico ricordo rimasto dell'opera, che doveva essere particolarmente interessante dal punto di vista iconografico ("Hostienmühlaltar", "Heiligblutaltar") in quanto, variando il disegno del Pizolo, creava una nuova composizione. La cappella fu demolita nel 1532, e in quell'occasione andò perduta anche la pala.
Il 29 marzo 1468 il C. assunse l'impegno verso il nobile Nicolò dei Vitaliani di dipingergli due cofani di stile antico e un'ancona con intagli dello stesso stile, identica a quella che egli già aveva dipinto per la figlia di Galeazzo Mussato; il 27 maggio 1469 il lavoro, compiuto, era già consegnato. Il 16 giugno 1469 Antonfrancesco de' Dotti sceglieva il C. per dipingere una metà della cappella del Gattamelata al Santo. L'11 sett. 1469 Galeazzo Mussato nel suo testamento esprimeva la volontà, qualora i frati della chiesa degli Eremitani gli cedessero la "cappella grande", che in essa venisse costruita la sua sepoltura e ornata secondo il disegno preparato dal C. (il 20 dic. 1469 il capitolo aderì a questo desiderio). Il 28 nov. 1469 la decorazione della cappella Gattamelata nella basilica del Santo venne affidata al C. ed a Matteo del Pozzo (più tardi fu aggiunto ai due un terzo compagno di lavoro, Iacopo da Montagnana). Nel 1470 il C. restaurò le pitture di Stefano da Ferrara nella cappella di S. Antonio nella basilica del Santo. Nel novembre dello stesso anno ebbe una lite con Giovanni Alvise Pasini, speziale alla Berlina, per il quale aveva dipinto una cappella nella chiesa di S. Maria dei Servi, dedicata a s. Giovanni. Il 7 gennaio e il 31 maggio 1471 e ancora nel 1472 si susseguono i pagamenti per i lavori alla cappella del Gattamelata, cui il 24 luglio 1472 fu associato Angelo Zoppo in sostituzione di Matteo del Pozzo (morto nel settembre 1471); i pagamenti finirono nel 1476 (le pitture della cappella, che doveva essere terminata per il 30 nov. 1474, andarono perdute durante le opere di rifacimento del 1651). Intorno al 12 sett., 1477 è da porsi (secondo il Fiocco, 1961) la ricevuta del C. per cinquecento fogli d'oro "per terminare l'altar grande" di Donatello nel Santo: con essi dovevano essere lumeggiate non solo le statue ma addirittura le teste e le mani "inargentate". Il 23 maggio 1480 il C. figura come testimone in favore di A. Mantegna; e il 7 apr. 1481 si accorda con l'orefice maestro Fioravante, guardiano della Confraternita di S. Giacomo, per dipingere un gonfalone, uguale da entrambi i lati, con nel mezzo due grandi figure di S. Giacomo e di S. Cristoforo, in alto un tondo con la Vergine e il Bambino, in basso una Pietà, e ai lati di questa i quattro Santi protettori di Padova (ildisegno del C. allegato al documento era già disperso nel 1910: Medin). Un documento di pagamento per questo lavoro è del 31 luglio 1481. Il 27 dic. 1481 il C. accetta di indorare nuovamente la cappella di S. Antonio nel Santo. Una supplica del C. è portata in discussione al Consiglio comunale il 4 genn. 1482, e un documento di affitto reca la data del 6 nov. 1484- Il 17 dic. 1485 il C. venne pagato per la decorazione della pergamena con le espressioni di giubilo dei Padovani per la elezione di Marco Barbarigo a doge. Prima del 1486 il C. eseguì (probabilmente si trattò del suo ultimo lavoro) un dipinto che occupava tutta la parete esterna di una stanza della casa del suo creditore Pizzacomino de' Pizzacomini in via dei Servi (esso non è identificabile con il Miracolo di s. Alò che era sulla facciata di una delle case in via S. Egidio e che ora si conserva nel Museo civico: v. Medin).
Poco prima dimorire il C. dispose dei suoi averi (19 marzo 1486), e nominò suo erede universale il pittore Iacopo da Montagnana, suo cognato; durante la settimana santa dello stesso anno il C. morì di peste, carico di debiti; dal 5 maggio al 2 giugno 1486 si procedette all'inventario dei beni mobili.
Oltre alle opere citate, di cui non resta traccia, il Michiel menziona un affresco con S. Pietro nel primo pilastro a destra nel Santo (non a sinistra come per errore scrisse lo stesso Michiel), perduto nel secolo XVII, e una "palletta del Corpo de Christo appresso l'arca", nella stessa basilica; resta oggi, a destra dell'arco d'ingresso della cappella della Madonna Mora, un frammento di affresco con Ecce Homo. Punto di partenza per ulteriori attribuzioni potrebbe essere una tavola con Madonna e Bambino, firmata "Opus P. Petri" (già a Londra, collezione Lee of Fareham), dipinta sicuramente a Padova verso il 1460e attribuita plausibilmente al C. dal Longhi (1967). È invece infondata l'attribuzione al C. della Madonna a Procida (Al-parone, 1969).
Il Pepi (1970)ricorda che "Simone da Pavia fece dipingere dal Calzetta nelle lunette dell'attiguo chiostro" di S. Giustina a Padova le scene della Vita di s. Prosdocimo, senza però menzionare la fonte di questa notizia; ma è possibile che si tratti di un'opera di Francesco Calzetta, piuttosto che di Pietro, il cui nome figura nell'indice del libro.
Fonti e Bibl.: [M. A. Michiel], Notizia d'opere del disegno, a cura di Th. von Frimmel, Wien 1888, pp. 4, 8, 10; G. B. Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, Padova 1776, p. 213 nota a (ricorda dei documenti sul C., di proprietà di un abate Giuseppe Gennari, ma non sappiamo se sono tra quelli a noi pervenuti); G. A. Moschini, Guida per la città di Padova all'amico delle belle arti, Venezia 1817, p. 20; Id., Della origine e delle vicende della pittura in Padova..., Padova 1826, pp. 66-68 nota 1; B. Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova, Padova 1852, I, pp. 56-58, 252, 257, XLI (doc. XXXV), XLII (doc. XXXVI), XLIII (doc. XXXVII); N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 60 s.; J. A. Crowe G. B. Cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, II, London 1912, pp. 71 s. n. 3; F. Portheim, Mantegna als Küpferstecher, in Jahrbuch der königl. preussischen Kunstsammlungen, VII (1886), p. 215; P. Kristeller, A. Mantegna, Berlin-Leipzig 1902, pp. 30, 53, 538; S. De Kunert, Una cappella distrutta nella basilica di S. Antonio in Padova, in L'Arte, IX (1906), pp. 52-56; V. Lazzarini-A. Moschetti, Docc. di pittura padovana, in Nuovo Archivio veneto, n.s., XVI (1908), pp. 68-102; Id., Docc. relativi alla pittura padovana, Venezia 1908, pp. 97, 104-108, 110, 208-216; A. Medin, Nuovi documenti sul pittore P. C., in Boll. del Museo civico di Padova, XIII (1910), pp. 11-35; G. Fiocco, L'arte di A. Mantegna, Bologna 1927, p. 124 e passim;O. Ronchi, Nuovi docc. intorno al pittore P. C., Padova 1939; E. Rigoni, Il pittore N. Pizolo, in Arte veneta, II (1948), pp. 141-147; G. Fiocco, L'arte di A. Mantegna, Venezia 1959, p. 72, fig. 99 (attribuisce la copia del progetto del C. per la pala del 1466 a uno sconosciuto L. Brida); Id., L'altare grande di Donatello al Santo, in Il Santo, n.s., I (1961), pp. 21-36; H. R. Hahnloser, P. C.s Heiligblutaltar im Santo zu Padua, Niccolò Pizzolo und das Berner Hostienmühlefenster, in Scritti di storia dell'arte in onore di M. Salini, Roma 1962, II, pp. 377-393; R. Longhi, Lettera pittorica a G. Fiocco (1926), in Saggi e ricerche, Firenze 1967, I, p. 87; II, fig. 79; G. Alparone, Una Madonna di P. C. a Procida?, in F. Cicino ed altri appunti storico-artistici, Napoli 1969, p. 27, fig. 20; R. Pepi, Cenni storici sulla basilica e sulla badia di Santa Giustina, in La basilica di Santa Giustina, a cura di G. Fiocco, Castelfranco Veneto 1970, p. 371; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 421 s.