CAPANNA, Pietro
Nato a Roma, in Trastevere, il 9 apr. 1865 da Luigi e da Maria Rezzonico, fu l'ultimo e più famoso dei cantastorie romani. E a Roma, in una corsia del policlinico, morì il 22 ottobre 1921.
Un'affezione alla vista costringeva "il sor Capanna", come veniva soprannominato, a portare enormi occhiali affumicati. Indossando le vesti di un approssimativo Rugantino (del conte di Tacchia, secondo altri), andava per le vie e le piazze di Roma, e negli immediati dintorni, in periodo di carnevale, su un carretto tirato da un ronzino, rudimentale carro di Tespi, in compagnia di Teresa e Cesare Palombini, scherzosamente presentati come "Tetrazzini" e "Caruso", e di Francesca Pappagallo, la "Bellincioni". "Pasquino ìn veste di Rugantino"; ma "tanto poco aveva bisogno di quel costume che finì, negli ultimi anni suoi, col recitare in borghese. Per lui bastava che Rugantino rugasse" (Bragaglia). Di preferenza sceglieva un angolo di strada - di proposito si appostava dinanzi ad una osteria, ad una bottega, verso le quali sarebbero state dirette le sue pepate "botte". Accompagnandosi con l'inseparabile chitarra, con la voce caratteristica, sulla musica "composta per me - si divertita a commentare - da un celebre maestro cacofonico e da altri musicisti di tutti i colori, meno che... verdi e rossini", cantava in versi espressivi e psicologicamente semplici, facilmente "adottabili" dagli astanti, minuti fatti di cronaca o avvenimenti mondiali, ridicolizzando gli indirizzi della moda, o i successi e gli insuccessi della politica.
"Sentite che ve dice er sor Capanna", preludiava (la frase sarebbe diventata proverbiale), ed erano stornelli, canzonette, tiritere, parodie sull'aria di canzoni in voga, che stampate su foglietti volanti, su cartoline andavano a ruba. "Vent'anni fa, mannaggia la paletta - li muratori annaveno in carozza. - Adesso ch'è finita la paghetta, - nun je ce scappa più manco la stozza": il periodo d'oro della speculazione edilizia per la capitale da costruire. Il tentativo di Delagrange di volare in piazza d'Armi: "Chi cor tranve chi cor legno, - pe' vedè volà sto fregno... - Co' tanta boria - s'arzò quanto 'na pianta de cicoria". Spesso si rifaceva sul mondo femminile: "'Na notte m'insognai che stavo ar mare - facevo er bagno co 'na signorina. - Era na regazzetta assai carina - notava assieme a me nell'onne chiare"; ancora: la essenziale risposta data dal frate alla ragazza che aveva creduto di potergli dar la "guazza": "Si 'sta toneca de pezza - fusse bronzo, oh che bellezza!"... Sull'aria di "Addio mia bella, addio!" aveva salutato carciofi e bistecche, patate e spaghetti, incettati negli anni della prima guerra mondiale da borsari neri e negozianti poco scrupolosi: "Certo questi sventurati - annerebbero aiutati. - A 'sta maniera: - l'ergastolo o trent'anni de galera". Il conflitto offrì rinnovati pretesti alla sua satira; ma come attaccò il Kaiser, e Cecco Beppe, anche stigmatizzò certe nostre incertezze: "Er general Cadorna - ha scritto a la reggina: - Si vòi vedé Trieste - compra 'na cartolina".
Oltre ai Palombini e alla Pappagallo, "al treppio" ebbe come spalla, di volta in volta, certo "Pommidoro", o Giovanni Giovannini detto "Er Comparetto", Lorenzo Peppi detto "Pepparello", e soprattutto Gallo Galli, "Galletto", e Ottavio Poreca, che dopo la morte del C. continuò a dire i suoi stornelli per le strade. E si conquistò una popolarità enorme, sia che rallegrasse i nobili all'appuntamento della campagna romana per la "cacciarella", la caccia alla volpe, sia che recitasse in periferia e nella provincia, o alle corse, nei caffè concerto, nei teatri, nelle trattorie, sulle vetture ferroviarie della Roma-Frascati. Bragaglia ricorda di avere assistito ad alcune scenette comiche recitate dal "Capanna-Rugantino" all'Alcazar, teatro e caffè concerto di infimo ordine in via dei Coronari, e di averlo pure ascoltato dialogare, in un baraccone a S. Giovanni, con un caratterista comico romanesco noto come "Ciancaribella".
Sul palcoscenico della Sala Umberto, in via della Mercede, una sera del giugno 1913, fu portato da E. Petrolini, che lo chiamava "Il mio maestro" e ne aveva ripreso arte e carattere in una riuscitissima macchietta-imitazione. Petrolini incise poi un disco con parte di quel "numero": "Er sor Capanna. Imitazione di un cantante ambulante romano. Dal vero. Musica di Petrolini; parole di Ettore; cantata da lui. L'autore assiste alla rappresentazione".
Il C. non fu una macchietta, come si potrebbe credere sul tipo del "generale Mannaggia la Rocca", travestimento carnevalesco, né un semplice carattere da accostare al "conte Tacchia", nobile autentico (Adriano Bennicelli), che sembrano aver ereditato il gusto di scherzi crudeli dal leggendario marchese del Grillo. Fu un personaggio vivo, pungente "cantore di strada": per un venticinquennio la sua freschezza di vena e l'immediatezza delle trovate fu vivacemente disponibile a umori e reazioni popolari, se a volte qualunquiste, altre raggiungendo autentica forza poetica.
Fonti e Bibl.: Quasi tutto il materiale lasciato dal C. alla famiglia è andato perduto nel prestito fatto dal figlio Alberto a un giornalista che desiderava documentarsi per una pubblicazione che non vide mai la luce. Perdita tanto più grave trattandosi di documenti difficilmente reperibili (opuscoli, fogli volanti, locandine, ecc.). Perciò, nella ricostruzione degli stornelli del C., rintracciabili in appendice ad alcuni dei saggi che seguono, si dovrà tener conto della tradizione orale.
G. Corvetto, Il sor C. nell'intimità, in Il Tempo, 26 ottobre 1921; E. Veo, I poeti romaneschi, Roma 1927, pp. 248 s.; G. Petrai, Roma sparita - Figure e figurine, Milano 1939, pp. 170-173; A. Baldini, Rugantino, Milano 1944, pp. 191, 250, 317; N. Salvaggio, Il "sor C." morì piangendo, in Il Tempo, 15 settembre 1946; A. G. Bragaglia, Le maschere romane, Roma 1947, pp. 368-382 (con veri testi di composizione del C.; nell'ediz. accresciuta, col titolo Storia del teatro popol. romano, Roma 1958, pp. 397, 409, 416, 419 s., 424-429, i testi sono soppressi); Rapide note biografiche del sor C., a cura di P. Nunzi, Roma 1952; L. Jannattoni, Er sor C., in Il Travaso, 3 febbraio 1958 (poi in Bocca romana, Roma 1968, pp. 26-29); R. Mariani, La tragica vita del sor C. - Una caratteristica e indimenticabile figura della vecchia Roma, in Il Tempo, 27 luglio-9 ag. 1958 (12 puntate; rist. in parte in Roma in bianco e nero - Cento anni di vita romana, Roma 1971, I, pp. 179 s., 184-186, 196 s., 204-207, 217-221, 231-234, 262 s., 273 s., 284-299; II, pp. 16-23, 27-37, 42-47, 63-66, 70, 254-257); Cento anni di poesia romanesca, a cura di F. Possenti, Roma 1966, I, pp. XXIII, 281-285.